Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23438 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23438 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOMECOGNOME nato a Catanzaro il 27/12/1982
avverso la sentenza del 12/09/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 13 dicembre 2021 dal Tribunale di Catanzaro nei confronti, per quanto qui rileva, di NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110-648 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, con cui lamenta, sotto il profilo della carenza o manifesta illogicità della motivazione, la ribadita
affermazione di responsabilità, contestando la capacità esplicativa delle circostanze poste dai giudici di merito a fondamento della decisione.
Si assume come il ricorrente fosse un mero trasportato e nessun atto istruttorio lasciasse desumere un suo ausilio nel caricare la minimoto nel bagagliaio dell’auto del coimputato NOME. La prossimità cronologica al la sottrazione , d’altronde, supporterebbe , al più, secondo la costante giurisprudenza, solo la conclusione di commissione del furto presupposto e non della conseguente ricettazione. In ogni caso, la mera presenza fisica a bordo della vettura, non essendo emerso alcun contributo concorsuale, neppure in termini di rafforzamento del proposito criminoso, non avrebbe altro valore che quello di una mera connivenza.
3 . Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto con motivi generici, in quanto privi di un effettivo confronto con il concreto apparato motivazionale della sentenza impugnata.
Invero, il discorso giustificativo della doppia conforme decisione di condanna è significativamente diverso da come riportato nell’atto di impugnazione e, siccome privo di vizi logico-giuridici, si sottrae allo scrutinio di legittimità.
Infatti, il ragionamento della Corte di merito (e prima ancora del Tribunale) prende le mosse dalla posizione del coimputato NOME, proprietario dell ‘autovettura Fiat Panda su cui la polizia giudiziaria, procedendo a controllo in orario notturno, rinvenne il motoveicolo provento di un furto, denunciato la mattina seguente. NOME non seppe offrire alcuna attendibile giustificazione in ordine al possesso del mezzo (se non quella della riconducibilità al proprio figlio, circostanza seccamente smentita all’ indomani, quando la persona offesa esibì chiavi in grado di avviarne il motore).
Ferma restando l’efficacia dimostrativa dell’impossibilità di dar conto plausibilmente del possesso (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 27012001; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713-01), così adeguatamente contestualizzata l’intera vicenda, è stata poi estesa alla posizione di COGNOME la medesima riflessione, specificando come costui non abbia «fornito alcuna spiegazione né sulle ragioni della propria presenza in macchina, né su tempi, modi e le ragioni del trasporto del veicolo rubato».
In difetto di elementi processualmente spendibili su cui basare una conclusione di estraneità alla ricezione della res furtiva e di inconsapevolezza della sua origine delittuosa, è stato valorizzato il dato ulteriore del peso e dell’ingombro della minimoto, che necessitava di almeno due persone per essere riposto all’interno dell’automobile.
Come è noto, n ell’impugnazione di legittimità, sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento.
Invero, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di cassazione -a cui è normativamente preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, senza opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica (Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260-01; Sez. 4, n. 34385 del 27/06/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 32065 del 11/06/2024, Tasso, non mass.).
L’apparato argomentativo dei giudici di merito, come sopra compiutamente riassunto, non risulta inciso da aporie logiche o incoerenze rispetto alla provvista indiziaria e supera adeguatamente le deduzioni in tema di mera passiva presenza sul mezzo di trasporto.
Peraltro, il dato cronologico tenuto in considerazione dal Tribunale e dalla Corte catanzarese è solo quello relativo al ridotto arco temporale tra la perquisizione e la denuncia del furto (non la sua perpetrazione, come affermato dal ricorrente).
In difetto di elementi che consentano di collocare cronologicamente la sottrazione del bene poi ricettato, nonché di indicazioni circostanziate, anche provenienti dall’imputato, dimostrative della riconducibilità del possesso del bene alla precedente commissione del furto (cfr., Sez. 2, n. 43849 del 29/09/2023,
COGNOME, Rv. 285313-01), risultano, dunque, del tutto avulse dalle concrete risultanze processuali anche le censure inerenti al possibile dubbio in ordine alla partecipazione al reato presupposto.
5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di col pa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025.