Ricettazione e Uso Indebito: La Cassazione Conferma il Concorso di Reati
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: la relazione tra ricettazione e uso indebito di carte di credito. La decisione chiarisce che chi riceve una carta di provenienza illecita e poi la utilizza per effettuare acquisti commette due reati distinti, che non si assorbono a vicenda. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso: Due Appelli Distinti
Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due individui condannati dalla Corte d’Appello di Palermo.
Il primo ricorrente contestava la sua condanna sotto due profili: in primo luogo, lamentava un’errata valutazione delle prove e un vizio di motivazione riguardo alla sua responsabilità penale. In secondo luogo, si doleva della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.
Il secondo ricorrente, invece, sollevava una questione prettamente giuridica. Sosteneva che la sua condanna per ricettazione (art. 648 c.p.) avrebbe dovuto essere assorbita dal reato di indebito utilizzo di carte di credito (previsto dall’art. 55 del D.Lgs. 231/2007, oggi art. 493-ter c.p.). In pratica, secondo la sua tesi, l’uso della carta era il fine ultimo dell’azione, e quindi la ricettazione ne costituiva solo un antefatto non punibile autonomamente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Per ciascun ricorso, i giudici hanno fornito motivazioni specifiche che meritano di essere approfondite, in particolare per quanto riguarda la coesistenza dei due reati.
Le Motivazioni della Sentenza: Analisi su Ricettazione e Uso Indebito
La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con un ragionamento logico e fondato su principi giuridici consolidati.
L’Inammissibilità del Primo Ricorso
Per quanto riguarda il primo imputato, la Cassazione ha ritenuto il suo ricorso aspecifico e reiterativo. Le critiche alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione delle prove erano le stesse già presentate e respinte in modo esauriente dai giudici di appello. La Corte ha ricordato che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti, ma serve a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Anche il motivo sulla mancata concessione delle attenuanti generiche è stato respinto. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente basato il diniego sulla “significativa capacità a delinquere” dell’imputato, desumibile dai suoi numerosi precedenti specifici, sulla gravità della condotta e sull’assenza di elementi positivi. È stato ribadito il principio secondo cui il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che motivi la sua decisione basandosi sugli aspetti ritenuti decisivi.
La Questione Cruciale: il Concorso tra Ricettazione e Uso Indebito
Il punto centrale della pronuncia riguarda il ricorso del secondo imputato e la tesi dell’assorbimento. La Corte ha definito il motivo “manifestamente infondato”, richiamando un orientamento consolidato, inaugurato dalle Sezioni Unite con la celebre sentenza “Tiezzi” del 2001.
Il principio di diritto è chiaro: i delitti di ricettazione e uso indebito di carte di credito concorrono tra loro. Questo perché le due norme penali descrivono condotte diverse sia dal punto di vista strutturale che cronologico:
1. Profilo Strutturale: La ricettazione consiste nel ricevere o acquistare una cosa di provenienza illecita. L’uso indebito, invece, consiste nell’utilizzare la carta per trarne profitto. Sono due azioni materialmente distinte.
2. Profilo Cronologico: La ricettazione è un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui si riceve la carta. L’uso indebito è una condotta successiva, che può anche non verificarsi mai.
Tra le due fattispecie, quindi, non esiste un rapporto di specialità che possa giustificare l’assorbimento di un reato nell’altro. Si tratta di due distinti attacchi a beni giuridici diversi: il patrimonio (nella ricettazione) e la sicurezza delle transazioni commerciali e la fede pubblica (nell’uso indebito).
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza, pur non introducendo principi nuovi, ha il merito di ribadire con fermezza alcuni punti fondamentali del diritto penale sostanziale e processuale.
In primo luogo, consolida l’idea che chi entra in possesso di una carta rubata e la usa risponderà di due reati, con un conseguente aumento della pena complessiva. Questo rafforza la tutela contro un fenomeno criminale sempre più diffuso.
In secondo luogo, serve da monito sulla corretta redazione dei ricorsi per Cassazione: è inutile riproporre le medesime censure già vagliate nei gradi di merito senza individuare specifici vizi di legittimità. Infine, ricorda che la concessione delle attenuanti generiche è una valutazione discrezionale del giudice di merito, difficilmente sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata.
Chi commette ricettazione di una carta di credito e poi la usa commette uno o due reati?
Commette due reati distinti. Secondo la Corte, la ricettazione (ricevere la carta di illecita provenienza) e l’uso indebito (utilizzarla per pagamenti) sono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, che quindi concorrono tra loro.
È possibile ottenere le attenuanti generiche anche se si hanno precedenti penali?
L’ordinanza chiarisce che la concessione delle attenuanti è una valutazione discrezionale del giudice. In questo caso, sono state negate a causa dei numerosi precedenti specifici dell’imputato, della gravità della condotta e dell’assenza di elementi positivi, una decisione che la Cassazione ha ritenuto correttamente motivata.
Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone le stesse argomentazioni dell’appello?
Sì. La Corte ha ritenuto inammissibile uno dei ricorsi proprio perché era “reiterativo di medesime doglianze” già esaminate e respinte in modo preciso e concludente dalla Corte d’Appello, risultando quindi aspecifico per la sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12880 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12880 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a MAZARA DEL VALLO il 10/04/1996
NOME COGNOME nato a MAZARA DEL VALLO il 29/04/1990
avverso la sentenza del 28/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ritenuto che il primo motivo di impugnazione, con cui COGNOME NOME COGNOME lamenta erronea applicazione degli artt. 648 cod. pen. e 55 d.l.gs. 231/2007 nonché vizio di motivazione in ordine alla responsabilità concorsuale dell’imputato, è aspecifico in quanto reiterativo medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del material probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dall Corte territoriale;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del Gharrad in ordine ai reati contestati (vedi pagg. da 5 a 8 della sentenza impugnata); tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termin contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
considerato il secondo motivo dell’impugnazione proposta dal COGNOME, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 62-bis cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità. I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuant la significativa capacità a delinquere del ricorrente desumibile dai plurimi precedenti specifici, gravità della condotta e l’assenza di elementi favorevoli ad una mitigazione della pena (vedi pagg. 9-10 della sentenza impugnata). Deve esser, in proposito, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che, come nel ca specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevan rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/20 Bianchi, Rv. 282693 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02-);
considerato che l’unico motivo di impugnazione, con cui NOME COGNOME eccepisce erronea applicazione degli artt. 648 cod. pen. e 55 d.l.gs. 231/2007 conseguente alla mancata assoluzione per il reato di ricettazione in quanto assorbito nel reato di indebito utilizzo di c di credito, è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha correttamente dato seguito al principio di diritto secondo cui il delitto di cui all’art. 648 cod. pen. e quello di cui all’art. 231/2007 (oggi prevista dall’art. 493-ter cod. pen.) concorrono tra loro, atteso che le predett fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, le quali non può configurarsi un rapporto di specialità (Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, COGNOME, Rv. 218872-01; Sez. 2, n. 46652 del 18/09/2019, COGNOME, in motivazione, Rv. 277777 – 01; Sez. 2, n. 1993 del 12/12/2023, COGNOME, non massimata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2025
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Il Presidente