Ricettazione e tenuità del fatto: Inammissibile il Ricorso per 205 Capi Contraffatti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sul reato di ricettazione e tenuità del fatto, specialmente in contesti legati alla merce contraffatta. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione, confermando che il possesso di un numero cospicuo di articoli illegali non può beneficiare della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme la decisione.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso presentato da un soggetto condannato in Corte d’Appello per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di ben 205 capi contraffatti. La difesa ha deciso di impugnare la sentenza di condanna dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due motivi principali.
I Motivi del Ricorso
L’imputato ha contestato la sentenza di secondo grado lamentando due presunte violazioni di legge:
1. Errata affermazione di responsabilità penale: Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere provato il dolo (cioè l’intenzione colpevole) dell’imputato, elemento necessario per la configurabilità del reato di ricettazione.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Nonostante la richiesta esplicita nelle conclusioni del processo d’appello, i giudici non avrebbero concesso la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, che si applica ai reati di lieve entità.
La Decisione della Corte sulla Ricettazione e Tenuità del Fatto
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello immune da vizi logici. La prova del dolo era stata correttamente desunta da due elementi chiave: l’assenza di qualsiasi documentazione che attestasse la legittima provenienza della merce e la mancanza di una spiegazione credibile da parte dell’imputato riguardo al possesso di tali beni.
Ancora più significativo è il ragionamento sul secondo motivo. La Corte ha definito generica la doglianza relativa alla ricettazione e tenuità del fatto. Sebbene la Corte d’Appello non avesse risposto esplicitamente alla richiesta, la sua reiezione era implicita nella motivazione della sentenza. I giudici di merito, infatti, avevano valorizzato il numero elevato di capi contraffatti (205) per affermare la rilevanza penale della condotta, rendendo di fatto impossibile qualificare il reato come di ‘particolare tenuità’.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione si fonda su principi consolidati. Nel reato di ricettazione, l’assenza di una spiegazione attendibile da parte di chi viene trovato in possesso di beni di provenienza illecita è un elemento sufficiente a dimostrare la sua consapevolezza e, quindi, il suo dolo. Non è necessario che l’accusa fornisca una prova diretta e inconfutabile della conoscenza dell’origine delittuosa della merce.
Sul punto della particolare tenuità del fatto, la Corte ribadisce che tale istituto è pensato per condotte che presentano un’offensività minima. Il possesso di 205 articoli contraffatti, tuttavia, indica un’operazione non occasionale e una lesione significativa degli interessi tutelati (in questo caso, la fede pubblica e il patrimonio). La quantità della merce è un indice fondamentale per valutare la gravità del reato, e un numero così elevato esclude a priori la possibilità di considerare il fatto come ‘tenue’. La reiezione implicita della richiesta è pertanto legittima, poiché la motivazione della sentenza era intrinsecamente incompatibile con il suo accoglimento.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma due importanti principi. In primo luogo, nel contesto della ricettazione e tenuità del fatto, la prova del dolo può essere desunta da elementi indiziari, come la mancanza di giustificazioni plausibili sul possesso della merce. In secondo luogo, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile quando la quantità di merce illecita è considerevole, poiché ciò indica un’offensività non trascurabile. La decisione serve da monito: il commercio di beni contraffatti, anche su piccola scala apparente, viene trattato con rigore quando le quantità indicano una certa organizzazione e un danno concreto.
Quando il possesso di merce di provenienza illecita configura il dolo di ricettazione?
Secondo la Corte, la mancanza di documentazione sulla provenienza della merce e l’assenza di una spiegazione attendibile sul suo possesso sono circostanze sufficienti a desumere la prova del dolo, ovvero l’intenzione colpevole.
La detenzione di un gran numero di prodotti contraffatti può essere considerata un fatto di ‘particolare tenuità’?
No. La Corte ha stabilito che un numero rilevante di capi contraffatti (in questo caso 205) rende la condotta penalmente significativa e, pertanto, non è possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
Cosa succede se un giudice non risponde esplicitamente a una richiesta della difesa nel processo?
In questo caso, la Corte ha ritenuto che la richiesta di applicare la ‘particolare tenuità del fatto’ fosse stata implicitamente respinta. La motivazione della sentenza, valorizzando il numero elevato di capi, era logicamente incompatibile con l’accoglimento della richiesta, rendendo superflua una risposta esplicita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30919 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30919 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si censura la violazione di legge in relazione all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il delitto di ricettazione contestato, è manifestamente infondato poiché la Corte di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato (si veda, in particolare, pag. 6 sull’assenza di documentazione relativa alla provenienza della merce e sulla mancanza di un’attendibile spiegazione del possesso della stessa da parte del prevenuto quali circostanze da cui può desumersi la prova del dolo del reato contestato);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge e il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante lo stesso fosse stato invocato in sede di conclusioni dinanzi alla Corte di appello, è generico poiché non si confronta con il rilevante numero di capi contraffatti rinvenuti nella disponibilità dell’imputato ( n.205 ) e valorizzati in sentenza che inducono a ritenere implicitamente respinta la istanza ex art. 131 bis cod.pen. e la condotta penalmente rilevante alla luce del principio di offensività;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 giugno 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente