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Ricettazione e tenuità del fatto: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per ricettazione, confermando la condanna per il possesso di 205 capi contraffatti. La Corte ha ritenuto infondata la censura sul dolo e ha escluso l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto data la quantità della merce.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione e tenuità del fatto: Inammissibile il Ricorso per 205 Capi Contraffatti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sul reato di ricettazione e tenuità del fatto, specialmente in contesti legati alla merce contraffatta. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione, confermando che il possesso di un numero cospicuo di articoli illegali non può beneficiare della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un soggetto condannato in Corte d’Appello per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di ben 205 capi contraffatti. La difesa ha deciso di impugnare la sentenza di condanna dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha contestato la sentenza di secondo grado lamentando due presunte violazioni di legge:

1. Errata affermazione di responsabilità penale: Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere provato il dolo (cioè l’intenzione colpevole) dell’imputato, elemento necessario per la configurabilità del reato di ricettazione.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Nonostante la richiesta esplicita nelle conclusioni del processo d’appello, i giudici non avrebbero concesso la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, che si applica ai reati di lieve entità.

La Decisione della Corte sulla Ricettazione e Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello immune da vizi logici. La prova del dolo era stata correttamente desunta da due elementi chiave: l’assenza di qualsiasi documentazione che attestasse la legittima provenienza della merce e la mancanza di una spiegazione credibile da parte dell’imputato riguardo al possesso di tali beni.

Ancora più significativo è il ragionamento sul secondo motivo. La Corte ha definito generica la doglianza relativa alla ricettazione e tenuità del fatto. Sebbene la Corte d’Appello non avesse risposto esplicitamente alla richiesta, la sua reiezione era implicita nella motivazione della sentenza. I giudici di merito, infatti, avevano valorizzato il numero elevato di capi contraffatti (205) per affermare la rilevanza penale della condotta, rendendo di fatto impossibile qualificare il reato come di ‘particolare tenuità’.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su principi consolidati. Nel reato di ricettazione, l’assenza di una spiegazione attendibile da parte di chi viene trovato in possesso di beni di provenienza illecita è un elemento sufficiente a dimostrare la sua consapevolezza e, quindi, il suo dolo. Non è necessario che l’accusa fornisca una prova diretta e inconfutabile della conoscenza dell’origine delittuosa della merce.

Sul punto della particolare tenuità del fatto, la Corte ribadisce che tale istituto è pensato per condotte che presentano un’offensività minima. Il possesso di 205 articoli contraffatti, tuttavia, indica un’operazione non occasionale e una lesione significativa degli interessi tutelati (in questo caso, la fede pubblica e il patrimonio). La quantità della merce è un indice fondamentale per valutare la gravità del reato, e un numero così elevato esclude a priori la possibilità di considerare il fatto come ‘tenue’. La reiezione implicita della richiesta è pertanto legittima, poiché la motivazione della sentenza era intrinsecamente incompatibile con il suo accoglimento.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma due importanti principi. In primo luogo, nel contesto della ricettazione e tenuità del fatto, la prova del dolo può essere desunta da elementi indiziari, come la mancanza di giustificazioni plausibili sul possesso della merce. In secondo luogo, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile quando la quantità di merce illecita è considerevole, poiché ciò indica un’offensività non trascurabile. La decisione serve da monito: il commercio di beni contraffatti, anche su piccola scala apparente, viene trattato con rigore quando le quantità indicano una certa organizzazione e un danno concreto.

Quando il possesso di merce di provenienza illecita configura il dolo di ricettazione?
Secondo la Corte, la mancanza di documentazione sulla provenienza della merce e l’assenza di una spiegazione attendibile sul suo possesso sono circostanze sufficienti a desumere la prova del dolo, ovvero l’intenzione colpevole.

La detenzione di un gran numero di prodotti contraffatti può essere considerata un fatto di ‘particolare tenuità’?
No. La Corte ha stabilito che un numero rilevante di capi contraffatti (in questo caso 205) rende la condotta penalmente significativa e, pertanto, non è possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Cosa succede se un giudice non risponde esplicitamente a una richiesta della difesa nel processo?
In questo caso, la Corte ha ritenuto che la richiesta di applicare la ‘particolare tenuità del fatto’ fosse stata implicitamente respinta. La motivazione della sentenza, valorizzando il numero elevato di capi, era logicamente incompatibile con l’accoglimento della richiesta, rendendo superflua una risposta esplicita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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