Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1188 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1188 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Asti il 19/10/1993
avverso la sentenza del 10/05/2024 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, relativamente al trattamento sanzionaturio e per la inammissibilità del ricorso nel resto;
udito il difensore della parte civile Avv. NOME COGNOME che ha cor cluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore dell’imputato ricorrente Avv. NOME COGNOME in sostitLzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 maggio 2024 la Corte di appello di Terino confermava la decisione con la quale il Tribunale di Asti, ad esito del giulizio ordinario, aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole dei reati di ricettazior e di una somma di denaro provento di una rapina e di una pistola provento di lurto nonché del porto in luogo pubblico della medesima pistola.
In parziale riforma della sentenza del primo giudice, la Corte territoriale, ritenuto il reato di detenzione dell’arma assorbito in quella di porto ed elimi lato il relativo aumento di pena, rideterminava la stessa in due anni e quattro mesi di reclusione.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per violazione di legge e vizio motivazionale, in relazione a quattro diversi capi e punti della sentenza, esaminati in altrel:anti motivi, riguardanti:
l’affermazione di responsabilità per i reati di porto in luogo pubblico e ricettazione della pistola provento di furto (capi 2 e 3);
l’affermazione di responsabilità per la ricettazione della somma di denaro provento di una rapina (capo 1);
l’omesso riconoscimento della circostanza attenuante ex art. 114 cod. )en. per il delitto di cui al capo 2), ritenuto reato più grave dai giudici di merito;
la mancata sostituzione della pena detentiva con una delle pene pre n iste dall’art. 20-bis del codice penale.
2.1. La sentenza impugnata, adagiandosi sulle argomentazioni del plimo Giudice, ha omesso di confrontarsi con i motivi di appello con i quali si era evidenziato che il dato costituito dal rinvenimento della pistola COGNOME e a parte del denaro dell’imputato, all’interno della sua autovettura (sulla quale era trasportato il cognato COGNOME), era “molto dubbio, se non addirittura non corrispondente al vero”: ciò alla luce soprattutto delle risultanze del verbal di perquisizione e sequestro, da privilegiare rispetto alle dichiarazioni rese dal vicebrigadiere COGNOME a distanza di quattro anni e mezzo dai fatti.
Il dato non era neppure univoco e gli stessi militari intervenuti, per il porto e la ricettazione dell’arma procedettero all’arresto del solo COGNOME poi condannato quale unico responsabile dei suddetti delitti con sentenza dalla quale risulta che la pistola era nella sua esclusiva disponibilità, come dallo stesso dichia -ato nell’interrogatorio reso all’udienza di convalida.
La Corte d’appello non ha spiegato le ragioni per le quali sarEpbe inverosimile la versione dei fatti dell’imputato circa il proprio intervento presso
l’abitazione della sorella, per sedare una lite fra la stessa e COGNOME poi usci:o di casa con la pistola senza essere visto da Lo Porto.
In ogni caso, anche se il ricorrente avesse notato il cognato detenere e nascondere l’arma, non per questo sarebbe dimostrata la conoscenza della sua provenienza delittuosa.
2.2. La sentenza impugnata ha omesso del tutto di valutare una se – e di considerazioni (riguardanti, ad esempio, il numero delle banconote da 500 ?.uro circolanti nel periodo di interesse e il possesso da parte del ricorrente di un numero cospicuo di banconote di diverso taglio, in parte messe in circolazior e in epoca successiva e in parte neppure analizzate dagli inquirenti) che avret»ero reso insufficiente per una condanna il mero indizio rappresentato dalla cata, antecedente all’anno 2007, di messa in circolazione delle banconote da 500 ri.iro rinvenute nell’autovettura di Lo Porto.
Si tratta di un dato “equivoco, flebile ed irrilevante in ordine alla diretta provenienza del denaro in questione dalla rapina subita” in data 8 maggio 2018 da NOME COGNOME che il 7 novembre 2008 non solo aveva prelevato dal proprio conto corrente 100.000 euro in contanti ma aveva anche emesso un assegno di 250.000 euro, circostanza indicativa del fatto che in tale occasione la persona offesa acquistò un bene per il prezzo di 350.000 euro, pagando in nero 100.000 euro. Non è credibile che COGNOME abbia tenuto nascosta in casa questa ultima rilevante somma, lasciandola intonsa per dieci anni.
Inoltre, i giudici di merito, richiamando un controllo effettuato nell’agosto del 2018 a Lo Porto in compagnia di COGNOME (uno degli autori della rapina a FrE nco Cotto) e due contatti telefonici fra il ricorrente e l’utenza intestata al figlio c ell compagna dello stesso COGNOME, hanno valorizzato circostanze irrilevé nti, inconferenti e inidonee a dimostrare che Lo Porto, il 13 maggio 2018, stE sse trasportando con sé parte del denaro provento della rapina commessa cinlue giorni prima ai danni di NOME COGNOME.
Il ricorrente, peraltro, ha spiegato dette circostanze nonché la provenienza del denaro in suo possesso, producendo anche documentazione a suppori:J; i giudici di merito, però, hanno ritenuto inattendibili le affermazioni dell’imputai o e per ciò solo lo hanno condannato, operando un vero e proprio stravolgimento dell’onere della prova che grava sulla pubblica accusa.
2.3. La motivazione sul diniego dell’attenuante ex art. 114 cod. pen. è del tutto mancante e comunque priva di significato. Laddove si volesse escludere una connivenza passiva di Lo Porto e affermarne il concorso dovrebbe essere riconosciuta detta circostanza, essendo emerso che l’opera prestata da Lo RAGIONE_SOCIALE rto nella vicenda della detenzione e del porto dell’arma ebbe minima importa lza nella preparazione e nella esecuzione del reato.
2.4. Erroneamente la Corte d’appello ha affermato che vi sarebbe :tata rinuncia alla richiesta di sostituzione della pena detentiva, considerato che come si legge nella sentenza impugnata (a pagina 4) – il difensore, in sec e di discussione, chiese l’accoglimento dei motivi di appello, fra i quali era compreso quello relativo all’applicazione della pena sostituiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato perché proposto con motivi non consentiti, infor dati o manifestamente infondati.
In punto di responsabilità va premesso che il ricorrente ha denunciato cumulativamente il vizio motivazionale, in contrasto con il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale i vizi della motivazione si pongono «in rapporto di alternatività, ovvero di reciproca esclusione, posto che all’evidenza – la motivazione, se manca, non può essere, al tempo stesso né contraddittoria, né manifestamente illogica e, per converso, la motivaz Dne viziata non è motivazione mancante» (così Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2(19, COGNOME, Rv. 277518 – 01; nello stesso senso v. Sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015, COGNOME, Rv. 264535 – 01; Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, COGNOME, Rv. 26:3541 – 01; Sez. 6, n. 800 del 06/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251528 – 01),
Anche le Sezioni Unite (Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME non miss. sul punto) hanno ribadito che «il ricorrente che intenda denunc are contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisigne impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sonsi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ha l’onere – sanzionato a p ?.na di aspecificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimilci la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacc-vo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i mc tivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa prevision , di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrappors e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione» (in SelSO conforme, da ultimo, cfr. Sez. 4, n. 8294 del 01/02/2024, COGNOME, Rv. 285870 – 01).
In realtà la difesa, pur avendo formalmente espresso censure riconduc bili alle categorie del vizio di motivazione, non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea,
perché su una valutazione delle prove asseritamente contrastante con quanto emerso in dibattimento, tant’è che il ricorso ha denunciato un “travisamento dei fatti e delle risultanze istruttorie” e non il travisamento della prova, lizio quest’ultimo che peraltro vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica di conformità delle rappresentazioni dell’elemento probatorio nella motivazione e, rispettivamente, nel relativo atto del processo per evidenzi rne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quas di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “signific:élto”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (vds. Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 7., n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217 – 01).
Avuto riguardo al primo motivo di ricorso, relativo ai reati di ricettazione e porto in luogo pubblico della pistola, non sussiste alcuno dei vizi cella motivazione (cumulativamente) lamentati dalla difesa.
Entrambi i giudici di merito, per ritenere dimostrato il concorso di Lo Porto in detti reati in ragione della pregressa ricezione e disponibilità dell’arma, provento di furto, in capo allo stesso e a COGNOME, hanno rimarcato un dato fondamentale, che non si presta a censure, costituito dal rinvenimento della pistola sot:1D il sedile del passeggero dell’autovettura condotta dal ricorrente, unitament a parte del denaro (una mazzetta di banconote) di cui quest’ultimo ha rivendic ato il possesso.
Il risultato probatorio, emerso chiaramente a seguito della deposizione del brigadiere COGNOME (v. pag. 3 sentenza di primo grado), è stato contestato dalla difesa evocando il dato contrario desumibile dal verbale di perquisizio -e e sequestro, verbale che tuttavia non è stato né allegato al ricorso né indicatc ex art. 165, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., secondo il quale copia degli atti «specificamente indicati da chi ha proposto l’impugnazione ai sensi dell’art. (06 comma 1 lett. e) del codice» è inserita a cura della cancelleria del giudice chE ha emesso il provvedimento impugnato in separato fascicolo da allegare al ricci so. Sebbene la materiale allegazione con la formazione di un separato fascicolo sia devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnzito, resta in capo al ricorrente l’onere di indicare gli atti da inserire nel fascicolo :he ne consenta la pronta individuazione da parte della cancelleria, alla quale ron può essere delegato il compito di identificazione degli atti attraverso la lettura e l’interpretazione del ricorso.
Pertanto, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165-bis, comma 2, disp att. cod. proc. pen., è necessario il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di una puntuale indicazione degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione delegata alla cancelleria (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276432 – 01).
Anche di recente questa Corte ha ribadito che, «pur nella vigenza del ‘art. 165 bis disp. att. cod. proc. pen. e pur nella permanenza dei doveri incombenti sull’ufficio giudiziario, resta in capo al difensore un autonomo onere di dilicrnza sia nel provvedere sua sponte alle allegazioni ritenute necessarie, sia nel verificare che quanto richiesto al tempo della proposizione del ricorso sia stato realmente trasmesso al giudice di legittimità» (Sez. 3, n. 32093 del 04/04/22)23, COGNOME, Rv. 284901 – 01).
Peraltro, non risulta né dalla sentenza di primo grado né dallo stesso ric)rso che, durante la deposizione del teste di polizia giudiziaria, la difesa avesse fatto rilevare la presunta difformità.
Solo in sede di spontanee dichiarazioni (pag. 4 della sentenza di primo grado) Lo Porto ha dichiarato che parte del denaro non sarebbe stato custodito sotto il sedile del passeggero, fornendo poi una versione dei fatti circa Vinco itro con COGNOME di quella notte che entrambi i giudici di merito, con motivaz one priva di illogicità, hanno ritenuto del tutto inverosimile, in ossequio al princ pio secondo il quale l’alto grado di credibilità razionale, necessario per attribuir e il fatto illecito all’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio, sussiste arche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano priv€ di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647 – 04; Sez. 5, n. 1282 del 12/11/2018, dep. 2C19, Segreto, Rv. 275299 – 01; Sez. 4, n. 48541 del 19/06/2018, Castelli, Rv. 274358 – 01; Sez. 6, n. 27434 del 14/02/2017, Albano, Rv. 270299 – 01).
Le conformi valutazioni e conclusioni dei giudici di merito non poss mo essere inficiate dal fatto che al momento del controllo i Carabinieri procedettero all’arresto in flagranza del solo COGNOME, poi condannato in separato e autonz -no giudizio senza che ivi fosse esaminata – nella stessa prospettazione difensiva la posizione di COGNOME.
Alla luce della ricostruzione del fatto da parte dei giudici di merito risulta manifestamente infondato il terzo motivo con il quale, in relazione al portc in luogo pubblico della pistola, si è lamentato l’omesso riconoscimento chlla circostanza attenuante ex art. 114 cod. pen., configurabile solo quando l’apperto del concorrente abbia assunto una importanza obiettivamente minima e
marginale ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risii tare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso (Sez. 4, n. 26525 del 07/06/2023, Malfarà, Rv. 284771 – 01; Sez. 4, n. 35950 del 25/11/2 ,)20, Indelicato, Rv. 280081 – 01; Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037 01; Sez. 3, n. 9844 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266461 – 01; 3ez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, COGNOME, Rv. 264455 – 01).
Sul punto è incensurabile la motivazione della sentenza impugnata (pag. 8).
4. Anche il secondo motivo di ricorso è privo di ogni fondamento.
La sentenza di primo grado (molto diffusamente, a pagg. 6-8) e quella di appello (con maggiore sintesi, a pagg. 6-7) hanno indicato una serie di elementi indiziari univocamente convergenti nel senso di attribuire con certezza la provenienza del denaro nascosto nell’autovettura del ricorrente alla ranina commessa appena cinque giorni prima nell’abitazione di NOME COGNOME.
Oltre al rilevante dato costituito dal taglio delle banconote, i giudici di ME rito hanno evidenziato i rapporti tra COGNOME e COGNOME, uno degli autori cella rapina: i due furono controllati insieme nel mese di agosto del 2018 ed ebt , ero due conversazioni telefoniche, risultanti dai tabulati, nel settembre successivo e soprattutto il 16 maggio 2018, vale a dire a distanza di soli otto giorni calla rapina e di tre giorni dall’intervento dei Carabinieri, la notte in cui fermarono COGNOME e COGNOME.
L’utenza con la quale conversò il ricorrente era intestata al figlio cella convivente di COGNOME ma era in uso a quest’ultimo, come riferito dall’ispettore COGNOME (pag. 4 sentenza di primo grado).
Per contestare il dato l’imputato ha dichiarato che invece le telefor ate sarebbero avvenute proprio con il figlio della convivente di COGNOME che :gli intendeva assumere, ipotesi ampiamente confutata già dal primo giudice (p ag. 7) con argomentazioni con le quali il ricorrente non si è confrontato.
Il ricorso ha altresì ignorato le specifiche valutazioni espresse dal Tribur ale (pagg. 7-8) atte a smentire radicalmente, sulla base degli accertamenti di polizia giudiziaria dei quali ha riferito il luogotenente COGNOME, la versione fornita da COGNOME circa la provenienza del denaro sequestratogli.
La difesa sul punto ha solo lamentato “un vero e proprio stravolgimento dell’onere della prova”, con una deduzione priva di fondamento.
I giudici, infatti, hanno ritenuto che il denaro fosse di provenienza d21Ia rapina subita dalla parte civile sulla base di una serie di dati univoci, fra i quali i contatti di Lo Porto con una utenza ritenuta nella disponibilità di uno dei rapinatori. Per contrastare dette risultanze l’imputato ha fornito spiegazior i e giustificazioni che si sono rivelate false, situazione in qualche misura assimilai )ile
a quella riguardante il falso alibi che, secondo la costante giurisprudem a di legittimità, deve essere considerato come un indizio a carico (Sez. 5, n. 3 .7 317 del 14/06/2019, COGNOME, Rv. 276647 – 01; Sez. 5, n. 42576 del 03/06/2015, COGNOME, Rv. 265148 – 01; Sez. 1, n. 17261 del 01/04/2008, COGNOME, Rv. 239624 – 01; Sez. 2, n. 5060 del 15/12/2005, dep. 2006, COGNOME, Rv. 233230 – 01; Sez. 2, n. 11840 del 04/02/2004, COGNOME, Rv. 228386 – 01).
Le considerazioni del ricorrente in ordine alla condotta della parte civile .;ono prive di rilievo, essendo pacifico che la stessa subì la rapina presso la propria abitazione con la sottrazione della somma di 115.00 euro in contanti.
Neppure l’ultimo motivo, inerente alla omessa sostituzione della pena detentiva con una delle pene previste dall’art. 20-bis cod. pen. può essere accolto, anche se la Corte territoriale – come lamentato dalla difesa – ha erroneamente ritenuto rinunciata la relativa richiesta avanzata con di appello proposto avverso la sentenza di primo grado, emessa il 16 marzo 2(23, quindi successivamente alla entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2002, n. 150 che detta norma ha inserito nel codice penale, modificando nel contempo alcune disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Nell’appello, infatti, dopo avere esaminato il significato della ncvità normativa introdotta dal d. Igs. 10 ottobre 2002, n. 150, la difesa si era limi:ata a sostenere che, nel caso di specie, la Corte di merito, ove avesse confermato la sentenza di condanna, avrebbe potuto “applicare in via principale la sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità ovvero della detenzione domiciliare” (pag. 28), formulando una richiesta priva della «indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto» che la sostenevano, carenza che ne determinava sul punto la originaria inammissibilità, ai sensi del combinato disposto degli z rtt. 581, comma 1, lett. d), e 591, comma 1, lett. c), del codice di rito.
Anche a seguito della modifiche operate dal citato decreto legislativo, che non hanno comunque alterato la natura sostanziale dell’istituto, deve riten ?.rsi valido il principio espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo il qua e il giudice di secondo grado non ha il potere di applicare d’ufficio le sanzioni (o(jgi: pene) sostitutive delle pene detentive brevi se nell’atto di appello non ris ilta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto dalla decisione, dal momento che l’ambito di tale potere è circoscritto alle ipo:esi tassativamente indicate dall’art. 597, comma 5, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello e :he segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pcma detentiva previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. U, n. 12872 del 19/10/2017, Punzo, Rv. 269125 – 01).
Inoltre, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa a una valutazione discrezionale del giudice, che deve essere condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., considerando la gravità del fatto e la personalità dell’imputato. Questo principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento alle sanzioni sostitutive disciplinate dall’originario art. 53 della legge 24 novembre 1981 (cfr., ad es., Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2319, COGNOME, Rv. 276716 – 01; Sez. 2, n. 13920 del 20/02/2015, NOME COGNOME Rv. 263300 – 01; Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558 – O .), è valido anche per le nuove pene sostitutive di cui all’art. 20-bis cod. pen., atteso che l’art. 58 della stessa legge prevede che, nell’esercizio del «pctere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive», si debba tenere «conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale» (:osi, da ultimo Sez. 3, n. 9708 del 16/02/2024, COGNOME, Rv. 286031 – 01; in senso conforme cfr. Sez. 2, n. 8794 del 14/02/2024, Pesce, Rv. 286006 – 01).
Alla luce di questi principi l’appellante aveva l’onere di supportare la richi2sta con specifiche deduzioni inerenti al caso di cui si tratta; il mancato assolvirrionto di tale onere, che comporta la inammissibilità originaria della richiesta, priva di ogni rilievo l’erronea risposta sul punto fornita dalla Corte territoriale.
Al rigetto dell’impugnazione proposta segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di quelle sostenute nel presente grado dalla parte civile.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME Franco che ligi ida in complessivi euro 3.685,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 22/11/2024.