Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8106 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8106 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 18/10/1991
avverso la sentenza del 12/09/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso dell’Avv. COGNOME;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 611, comma 1, c.p.p.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino (in data 12/09/2024) che ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di giustizia in ordine al delitto di ricettazione, ritenut l’ipotesi lieve in prevalenza sulla contestata recidiva.
La difesa affida il ricorso a quattro motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del dolo, da escludersi, a detta del ricorrente, in ragione delle modalità del fatto (era stato lo stesso imputato a portare all’incasso l’assegno di provenienza delittuosa, così rendendo manifesto il suo agire ed esponendosi ad una possibile denunzia; il titolo era di importo non elevato, pari ad euro 300,00).
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla mancata qualificazione del fatto nella contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio e, in particolare, all’entità della pena inflitta, al diniego di esclusione della recidiva e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
2.4. Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge in ordine alla mancata declaratoria di prescrizione del reato, dovendo aversi riguardo alla pena stabilita per l’ipotesi attenuata.
Il Pubblico ministero, con requisitoria del 9 gennaio 2025, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
; 2. I primt due motivi – che possono essere trattati congiuntamente in quanto aventi carattere dipendente – sono manifestamente infondati.
In fatto è stato accertato che l’imputato si presentò ad incassare l’assegno di
provenienza furtiva sostenendo di averlo ricevuto dalla derubata come corrispettivo per lavori eseguiti presso la sua abitazione, allontanandosi non appena l’operatore si era recato a contattare la p.o., titolare del c/c sul quale i titolo risultava emesso, per confermare la legittimità dell’assegno; è stato inoltre escluso che la p.o. avesse emesso il titolo in suo favore quale pagamento per lavori svolti. Si tratta di circostanze chiaramente evocative del dolo con cui il ricorrente omette del tutto di confrontarsi, incentrando la sua censura soltanto su una parte della condotta, ossia quella di avere posto il titolo all’incasso – comportamento che, a detta della difesa, dovrebbe di per sé dimostrare la buona fede in quanto l’imputato, così agendo, ha finito per “a porre la propria firma sul delitto” – senza considerare che anche quel frangente è rivelatore di mala fede per come comprovato dal repentino allontanamento allorché il cassiere della banca decise di operare delle verifiche sulla legittima provenienza dell’assegno.
Ciò esclude, al contempo, che la presentazione del titolo all’incasso sia dovuta a colpa e tanto a prescindere dall’esito dell’indagine, pure motivatamente svolta dai giudici di merito, sull’esclusione della credibilità della versione alternati offerta dall’imputato in ragione anche delle numerose incongruenze del narrato e dell’assenza di prove concrete di supporto (v. pag. 3 e 4 della sentenza di primo grado).
Manifestamente infondate ed anche del tutto generiche sono le censure mosse col terzo motivo in ordine al trattamento sanzionatorio, all’esclusione delle attenuanti generiche, alla recidiva, nonché all’attenuante comune d cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
3.1. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (ex multis, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 04/02/2014, COGNOME, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre avendo i giudici di merito fatto riferimento a puntuali indici di disvalore attinenti precedenti penali annoverati dall’imputato, alle ulteriori pendenze, all’assenza di resipiscenza desunta dall’assenza di qualsiasi risarcimento a favore della p.o.
3.2. Anche la mancata esclusione della recidiva rinviene adeguata motivazione essendosi dato conto del fatto che la condotta costituisce significativa
prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato, risultando il reato commesso espressione, per modalità e contesto e per i precedenti penali annoverati, di un giudizio di maggiore gravità in termini sia di maggiore intensità di colpevolezza che di pericolosità sociale, nell’ambito di un percorso criminale non definitivamente interrotto.
3.3. Manifestamente infondato è anche il motivo dedotto in ordine alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Sebbene sul punto la sentenza impugnata non abbia reso motivazione, la Corte di legittimità ha affermato che, pur essendo compatibile il riconoscimento dell’ipotesi attenuata con la concessione della circostanza attenuante della speciale tenuità del danno, deve però essere esclusa la riconoscibilità dell’attenuante comune nel caso in cui il valore della cosa ricettata assurga ad unico elemento di valutazione per il riconoscimento dell’ipotesi attenuata, onde evitare la duplicazione di circostanze favorevoli basate sulla considerazione del medesimo parametro (Sez. 2, n. 43394 del 17/10/2003, COGNOME, Rv. 227135 – 01).
Dalla lettura della sentenza di primo grado risulta, infatti, che l’attenuante speciale è stata fondata proprio sulla modesta ricaduta patrimoniale del danno, facendosi espresso richiamo alla somma di euro 300,00 portata dall’assegno.
4. L’ultimo motivo in tema di prescrizione è manifestamente infondato.
Errata in diritto è la stessa prospettazione difensiva che non tiene conto dell’orientamento consolidato della Corte di legittimità che esclude che l’ipotesi attenuata della ricettazione sia una fattispecie autonoma di reato, con la conseguenza che, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo, in ossequio al comma secondo dell’art. 157 cod. pen., alla pena stabilita dal primo comma dell’art. 648 cod. pen. (Sez. 2, n. 14767 del 21/03/2017, Aquaro, Rv. 269492 – 01; da ultimo, v. Sez. 7, ord. n. 240 del 3/12/2024, dep. 2025, Liotta, n.m.; Sez. 2, n. 30252 del 13/06/2024, Cimini, n.m.). Il reato, pertanto, consumato in epoca antecedente e prossima al 19 agosto 2016 (allorché l’imputato si presentò ad incassare il titolo presso la banca su cui l’assegno risultava tratto), si prescriverà, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157, comma 1 e 161, comma 2, cod. pen. in relaizone all’art. 648, comma 1, cod. pen., il 19 agosto 2026.
In conclusione, deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, l’Il febbraio 2025.