Ricettazione e pirateria: la Cassazione chiarisce quando i reati concorrono
Il confine tra il reato di violazione del diritto d’autore e quello di ricettazione è spesso oggetto di dibattito nelle aule di tribunale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, offrendo un chiarimento fondamentale sulla possibilità di concorso tra ricettazione e pirateria. La decisione analizza il caso di un soggetto condannato per aver detenuto a scopo di vendita supporti audiovisivi abusivamente riprodotti, delineando i presupposti per la configurabilità di entrambi i delitti.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo, condannato nei precedenti gradi di giudizio per i reati di ricettazione (art. 648 c.p.) e di detenzione a fine di commercializzazione di supporti audiovisivi contraffatti (art. 171-ter della legge sul diritto d’autore). L’imputato, attraverso il suo difensore, ha contestato la decisione della Corte d’Appello, sostenendo principalmente due punti: l’errata applicazione della legge penale in merito al concorso tra i due reati e l’eccessività della pena inflitta.
Secondo la difesa, il delitto di detenzione di materiale piratato avrebbe dovuto ‘assorbire’ quello di ricettazione, escludendo una doppia condanna per la stessa condotta materiale. Il ricorso sollevava inoltre dubbi sulla congruità del trattamento sanzionatorio, ritenuto sproporzionato.
Il Concorso tra Ricettazione e Pirateria: La Decisione della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati e generici. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza, che la Corte ha voluto ribadire con forza. I giudici hanno chiarito che il concorso tra il reato di ricettazione e pirateria audiovisiva è pienamente configurabile in determinate circostanze.
La Distinzione tra Contraffazione e Acquisto Successivo
Il punto cruciale della motivazione risiede nella distinzione tra la condotta di chi produce il materiale contraffatto e quella di chi, successivamente, lo acquista per rivenderlo. La Corte ha spiegato che i due reati concorrono quando un soggetto, pur non avendo partecipato alla contraffazione originale, acquista videocassette o musicassette illecitamente riprodotte e le detiene con lo scopo preciso di commercializzarle.
In questo scenario, la condotta si sdoppia: l’acquisto di merce di provenienza delittuosa integra la ricettazione, mentre la successiva detenzione finalizzata alla vendita integra il reato previsto dalla legge sul diritto d’autore. Il concorso viene meno solo se vi è la prova che l’agente sia lo stesso autore della contraffazione, poiché in tal caso la ricettazione non sarebbe configurabile (non si può ‘ricettare’ da se stessi).
L’Inammissibilità della Censura sulla Pena
Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, relativo all’eccessività della pena, la Corte lo ha liquidato come inammissibile per due ragioni. In primo luogo, la doglianza era del tutto generica, limitandosi a un’affermazione di eccessività senza fornire argomentazioni specifiche sulla condotta o sulla personalità del ricorrente. In secondo luogo, la richiesta rappresentava un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha sottolineato che i giudici di merito avevano già correttamente motivato la pena, riconoscendo le attenuanti generiche e operandone un giudizio di prevalenza sulla recidiva contestata.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione logica e sistematica delle norme incriminatrici. La ratio è quella di colpire con sanzioni distinte due diversi momenti dell’attività illecita: il primo, l’inserimento nel proprio patrimonio di beni di provenienza delittuosa (ricettazione); il secondo, l’alimentazione del mercato illegale attraverso la messa in vendita di tali beni (violazione del diritto d’autore). Secondo la Cassazione, non vi è alcuna sovrapposizione tra le due fattispecie, in quanto tutelano beni giuridici differenti e puniscono condotte materialmente e cronologicamente distinte.
La Corte ha rafforzato la propria decisione richiamando precedenti conformi, dimostrando la stabilità di questo orientamento interpretativo. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, quantificata in tremila euro.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un principio importante in materia di ricettazione e pirateria. Chi acquista e rivende materiale audiovisivo contraffatto non risponde solo della violazione della legge sul diritto d’autore, ma anche del più grave delitto di ricettazione, a meno che non si dimostri che sia egli stesso l’autore della contraffazione. La decisione funge da monito per chi opera nella filiera della pirateria, evidenziando come il sistema penale sia orientato a punire ogni singolo anello della catena illecita, dalla produzione alla distribuzione finale, con strumenti sanzionatori distinti e cumulabili.
È possibile essere condannati sia per ricettazione che per detenzione a scopo di vendita di materiale piratato?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che i due reati possono concorrere. Ciò avviene quando un soggetto acquista da terzi materiale audiovisivo illecitamente riprodotto e lo detiene con il fine di commercializzarlo, e non vi è prova che sia egli stesso l’autore della contraffazione.
In quali circostanze i reati di ricettazione e violazione del diritto d’autore non concorrono?
I due reati non concorrono quando è provato che la persona che detiene i beni per la vendita è la stessa che li ha materialmente contraffatti. In questo caso, il reato di violazione del diritto d’autore assorbe l’intera condotta illecita, escludendo la configurabilità della ricettazione.
Perché il ricorso sulla presunta eccessività della pena è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi: era generico, in quanto si limitava a lamentare l’eccessività della sanzione senza argomentazioni specifiche sulla condotta o personalità dell’imputato; inoltre, rappresentava un tentativo di ottenere dalla Corte di Cassazione una nuova valutazione del merito della vicenda, cosa non consentita in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46364 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46364 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a POLLENA TROCCHIA il 22/05/1998
avverso la sentenza del 22/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME (dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 171-ter I. n. 633 del 1941 e 648, cp cod. pen.), mediante il quale è stata denunciata l’errata applicazione dell’art. 648 cod. pen.,in conseguenza della affermazione della configurabilità del concorso tra il delitto di ricettazione (di cui al capo B) e quello di detenzione per la vendita di supporti audiovisi abusivamente riprodotti (contestato al capo A), è manifestamente infondato, in quanto il reato di ricettazione e quello di cui all’art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 63 succ. mod. concorrono nel caso in cui l’agente, oltre ad acquistare videocassette e musicassette contraffatte, le detenga, come nel caso in esame, a fine di commercializzazione, e non vi sia prova, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, della riconducibilità al ricorrente della abusiva contraffazione (Sez. 3, n. 16153 del 09/01/2019, COGNOME, Rv. 275400 – 01; v. anche Sez. 2, n. 25215 del 11/04/2019, COGNOME, Rv. 276426 – 01).
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale è stata lamentata l’eccessività della pena, è inammissibile sia a causa della sua genericità, consistendo nella sola asserzione della eccessività del trattamento sanzionatorio, disgiunto da qualsiasi considerazione in ordine alla condotta e alla personalità del ricorrente; si perché propone una non consentita rivisitazione sul piano del merito delle valutazioni compiute concordemente dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Napoli, che hanno giustificato la misura della pena in modo corretto e con motivazione adeguata, sottolineando l’avvenuto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la loro dichiarazione di prevalenza sulla contestata recidiva, con il conseguente giudizio di congruità del trattamento sanzionatorio.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, stante la genericità e la manifesta infondatezza di entrambi i motivi ai quali è stato affidato.
Rilevato che alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente