Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6456 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6456 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO il 23/07/1981
avverso la sentenza del 15/04/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che i primi due motivi di ricorso, con i quali si deducono violazioni di legge e vizi motivazionali in punto di trattamento sanzionatorio, con particolare alla pena pecuniaria e alla violazione del divieto di reformatio in peius, oltre a essere privi di specificità, sono anche manifestamente infondati;
che, invero, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, la graduazione della pena sfugge al sindacato di legittimità laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico;
che, in particolare, l’onere argomentativo del giudice può ritenersi adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale;
che, inoltre, si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo di cui all’art. 597, commi 3 e 4, cod. proc. pen., secondo cui, quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità e, se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita;
che, nel caso in esame, il giudice dell’appello, pur avendo accolto il motivo di gravame in punto di qualificazione giuridica, ha potuto confermare la pena irrogata dal primo giudice poiché non si è trattato di una derubricazione, in quanto la cornice edittale prevista per la ricettazione consumata è più grave rispetto a quella del riciclaggio tentato;
che, peraltro, la Corte di appello ha pienamente confermato la pena irrogata dal giudice di primo grado, senza alcuna distinzione tra la sanzione detentiva e quella pecuniaria, considerando la sanzione penale, complessivamente considerata, congrua rispetto al concreto disvalore del fatto e non ritenendola ulteriormente attenuabile (si vedano, in particolare, pagg. 7 e 8);
considerato che il terzo motivo, con il quale si contesta il mancato riconoscimento della ricettazione di particolare tenuità, oltre ad essere privo di concreta specificità, è anche manifestamente infondato;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per l’assenza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, peraltro, si prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. U, n. 13330 del 26/04/1989, COGNOME, Rv. 182220 – 01; Sez. 2, n. 23768 del 14/04/2021, Cittadino, Rv. 281911), secondo cui, in tema di ricettazione di assegni, ai fini dell’applicazione dell’ipotesi attenuata, si deve tener conto dell’importo risultante dal titolo poiché, in forza della letteralità e astrattezza causale del rapporto cartolare, è l’importo scritto sull’assegno a segnare il suo valore come strumento di pagamento, non potendo rilevare l’eventuale non negoziabilità del titolo bloccato a seguito di pregressa denuncia;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici (cfr. Sez. 2, n. 29346 del 10/06/2022, Mazza, Rv. 283340 – 01; Sez. 2, n. 42866 del 20/06/2017, COGNOME, Rv. 271154), le doglianze difensive dell’appello, meramente riproposte in questa sede (si veda, in particolare, pag. 7);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 gennaio 2025.