Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20669 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20669 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LOCRI il 21/09/1977
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria inviata dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis, e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza pronunciata il 15 dicembre 2014 dal Tribunale di Locri, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile per la ricettazione di un escavatore.
Presentando ricorso per Cassazione, la Difesa dell’imputato formula i seguenti motivi.
2.1 Viene innanzitutto eccepita la violazione di legge (art. 606 lett. b, in relazione all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen., essendosi in appello proceduto con
trattazione scritta senza avviso all’imputato che avrebbe potuto partecipare da remoto ovvero con traduzione.
2.2 Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione (art. 606, lett. e, cod. proc. pen.) per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità penale dell’imputato.
Si è ricavata la prova dell’origine illecita del mezzo dalla sola circostanza che l’imputato non avesse saputo fornire giustificazione della provenienza dello stesso. Il furto del mezzo descritto al capo B di imputazione non risulta mai avvenuto.
2.3 Anche il terzo motivo è fondato sui medesimi profili motivazionali, contestandosi in particolare la erronea attribuzione del possesso dell’escavatore all’imputato (sulla base delle sole dichiarazioni del proprietario del fondo, portatore di interesse) piuttosto che alla società che stava svolgendo i lavori di sbancamento, per la cui esecuzione l’escavatore veniva impiegato, di cui l’imputato era un mero dipendente.
2.4 Infine, l’omessa motivazione viene evocata altresì in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato.
Per quanto sollecitata con memoria recante motivi aggiunti in data 12 gennaio 2024, la Corte ha omesso di pronunciare sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato. La ricettazione deve presumersi risalire all’epoca di commissione del furto dell’escavatore, nel marzo 2006, con conseguente maturazione della prescrizione all’epoca in cui (26 settembre 2024) venne celebrato il giudizio di secondo grado.
Tutti i motivi del ricorso per cassazione presentato dalla Difesa di NOME COGNOME sono manifestamente infondati o non consentiti, condannando conseguentemente il ricorso all’inammissibilità.
La questione preliminare, formulata nelle prime pagine, lamenta il mancato avviso all’imputato della facoltà di partecipare alla udienza da remoto ovvero previa traduzione. Si sostiene che si è così violato il disposto dell’art. 178 lett. d), cod. proc. pen. con conseguente nullità rilevabile in ogni stato e grado del processo.
La deduzione è tuttavia manifestamente infondata, poiché si è proceduto con trattazione scritta ex art. 23 d. Igs. 149/2020, non essendo stata richiesta la trattazione orale.
Gli ulteriori motivi, tutti incentrati su vizi motivazionali, possono essere affrontati unitariamente, preceduti dalla considerazione che, di fronte ad una doppia conforme, l’argomentazione a sostegno del motivo non può ridursi, come
nel caso di specie, alla pedissequa ripetizione degli argomenti avanzati (e rigettati) in appello, poiché essi si risolvono inevitabilmente in un apparato motivazionale apparente, un simulacro di contestazione, del tutto insufficiente ad elevare il motivo da argomento idoneo per il giudizio d’appello, a critica di legittimità. A tal proposito occorre ulteriormente ricordare che l’illogicità contemplata dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è solo quella manifesta cioè emergente íctu ocu/i, connotata da radicale inconciliabilità con il senso comune o con il sillogismo utilizzato per l’interpretazione del fatto; essa deve essere di grado tale da costituire, per la assoluta maggioranza, se non per la totalità dei consociati, un incontrovertibile ed evidente salto nella consequenzialità causa-effetto o nella applicazione delle riconosciute regole della logica. In assenza di un tale ‘abuso della logica comune’, incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, sarebbero irrilevanti, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto.
5.1 Nel caso concreto, la Corte ha soddisfatto l’onere probatorio e motivazionale, attraverso il richiamo, circostanziato ed adeguato, alla disponibilità certa del mezzo di origine illecita in capo al Mazzaferro, comprovata dalle dichiarazioni del COGNOME e verificato dalle forze dell’ordine al momento del ritrovamento del mezzo, nonché dalla indisponibilità di documentazione a giustificazione dell’acquisto o comunque della disponibilità del mezzo, peraltro in difetto di eventuali ulteriori allegazioni di segno contrario.
5.2 Non articolate in precedenza, e quindi esulanti dal deducibile, sono le considerazioni attinenti alla proprietà aliena del mezzo, in capo ad una società di cui il COGNOME sarebbe stato solo un operaio. Si tratta di dati fattuali che non possono essere ‘rivalutati’ in questa sede, per la ovvia preclusione posta a questa Corte nell’accesso ai fatti del processo.
5.3 Quanto alla lamentata intervenuta prescrizione del reato, si osserva:
innanzi tutto, la proposizione, come base di calcolo della prescrizione, di una data prossima all’epoca della illecita sottrazione del mezzo (avvenuta all’incirca un anno prima del rinvenimento dello stesso nella disponibilità dell’imputato), presuppone una ‘riscrittura’ del fatto ed una rivalutazione delle circostanze ad esso attinenti, che, nuovamente, è preclusa alla Corte di Cassazione, in difetto di previa deduzione nel giudizio di merito;
inoltre, il reato è contestato nella forma consumata e caratterizzato dalla circostanza ad effetto speciale costituita dalla recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, il cui effetto tanto sull’aumento della pena ai fini del calcolo del termine di prescrizione che della ‘estensione’ dello stesso per successivi fatti
interruttivi, è di due terzi (art. 99, quarto comma, e art. 161, secondo comma, cod. pen. rispettivamente), con conseguente spostamento del termine ultimo di
prescrizione al 2029, anche senza considerare eventuali sospensioni.
6. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 marzo 2025