Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 507 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 507 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 15/08/1965
avverso la sentenza del 14/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. udito il difensore avv.to NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso. udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 14 marzo 2024, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale monocratico di Palermo dell’1-10-2021, assolveva COGNOME NOME da una delle due ipotesi di ricettazione di veicoli di origine furtiva allo stesso contestate e rideterminava la pena, per il rimanente reato di cui all’art. 648 cod.pen., avente ad oggetto una autovettura Fiat 500, in mesi 3, giorni 23 di reclusione ed € 133,00 di multa.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv.to NOME COGNOME deducendo, con distinti motivi:
violazione dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta non attendibilità delle dichiarazioni rese dal NOME NOME, il quale aveva ammesso di avere egli stesso commesso il furto della vettura poi trasportata presso l’ignaro COGNOME;
violazione dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. quanto alla motivazione attinente la recidiva, per avere, il giudice di appello, ribadito le stesse argomentazioni già svolte nella pronuncia di primo grado, pur a fronte di doglianze specifiche sul punto dedotte con l’impugnazione avverso la sentenza
COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME
NOME COGNOME
R.G.N. 31457/2024
del tribunale;
difetto di motivazione in ordine alla determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi non sono fondati, ed il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
Ed invero, quanto al primo motivo, va ricordato come l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si Ł avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione Ł, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piø adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997 Rv. 207944 – 01). Orbene, nel caso in esame, la corte di appello di Palermo, con valutazione conforme a quella operata dal giudice di primo grado, ha escluso valenza decisiva alla dichiarazione autoaccusatoria del Noto, sottolineandone la non attendibilità e, peraltro, altresì valutando l’inequivocabile emergenza probatoria fornita dal contenuto delle immagini videoregistrate che descrivevano proprio la ripetuta condotta dell’imputato di ricezione ed occultamento del mezzo di origine furtiva.
Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dai giudici di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile.
2. In relazione al secondo motivo, in punto omessa motivazione quanto alla recidiva, si osserva poi che la doglianza appare essere stata proposta in difetto di interesse in quanto, detta aggravante, nel giudizio di bilanciamento con l’attenuante di cui al quarto comma dell’art. 648 cod.pen., Ł stata ritenuta subvalente e non ha dispiegato alcun effetto nel calcolo della pena. Al proposito, pertanto, occorre fare applicazione del principio secondo cui Ł inammissibile, per carenza di interesse, l’impugnazione dell’imputato preordinata ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto alle riconosciute attenuanti (Sez. 2, n. 3880 del 24/11/2022, dep. 2023, Rv. 284309 – 01; Sez. 5, n. 13628 del 15/12/2023, dep. 2024, Rv. 286222 – 01; Sez. 4, n. 15937 del 14/03/2024, Rv. 286342 – 01).
Il diverso orientamento affermato dalla pronuncia Sez. 2, n. 14653 del 07/03/2024, Rv. 286209 – 01, in base alla quale l’interesse dell’imputato a impugnare la sentenza che ha riconosciuto la recidiva sussiste anche nel caso in cui non Ł conseguito alcun aumento di pena per effetto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, in quanto tale aggravante esplica i suoi effetti sia con riguardo alla concessione dei benefici penitenziari, sia in relazione alle condizioni per la riabilitazione, sia rispetto all’estinzione della pena per effetto del decorso del tempo, non può trovare applicazione nel caso in esame poichŁ la recidiva contestata al COGNOME Ł dell’ipotesi semplice, che non determina effetti pregiudizievoli nei confronti del condannato nØ in tema di estinzione della pena nØ con riguardo alla riabilitazione.
In relazione all’ultimo motivo va rilevato che la pena risulta determinata in misura
assolutamente prossima al minimo edittale così che va fatta applicazione del principio secondo cui non Ł necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che assumono eminente rilievo nel discrezionale giudizio complessivo.
Alla declaratoria di infondatezza consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 13/12/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME