Ricettazione e incauto acquisto: la linea sottile secondo la Cassazione
La distinzione tra ricettazione e incauto acquisto rappresenta un tema cruciale nel diritto penale, poiché la differenza, apparentemente sottile, comporta conseguenze sanzionatorie molto diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su questo argomento, ribadendo che il discrimine fondamentale risiede nell’elemento psicologico dell’agente. Analizziamo la decisione per capire come i giudici orientano la loro valutazione.
Il caso: dalla condanna per ricettazione al ricorso in Cassazione
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Palermo per il delitto di ricettazione. La difesa del ricorrente si basava su due motivi principali:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto: Si sosteneva la mancanza dell’elemento soggettivo del dolo, tipico della ricettazione, chiedendo di riclassificare il reato nella più lieve contravvenzione di incauto acquisto, prevista dall’art. 712 del codice penale.
2. Mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse concesso una diminuzione di pena sulla base di elementi meritevoli di valutazione positiva.
La decisione della Suprema Corte: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione conferma la condanna per ricettazione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni: perché è ricettazione e non incauto acquisto
La Corte ha fornito una motivazione chiara e basata su principi giuridici consolidati per giustificare la propria decisione. I giudici hanno analizzato separatamente i due motivi di ricorso, ritenendoli entrambi non meritevoli di accoglimento.
L’elemento psicologico come criterio distintivo
Sul primo punto, la Cassazione ha sottolineato come la doglianza fosse una mera riproposizione di argomenti già valutati e correttamente disattesi dalla Corte d’Appello. Il giudice di merito, infatti, aveva già evidenziato la presenza di ‘plurimi e convergenti elementi indicativi della consapevolezza’ da parte dell’imputato circa la provenienza delittuosa del bene.
La Suprema Corte ha quindi ribadito un principio cardine della giurisprudenza: la differenza tra ricettazione e incauto acquisto risiede esclusivamente nell’elemento psicologico.
– Ricettazione: Si configura una condotta dolosa. L’agente è pienamente consapevole che il bene che sta acquistando o ricevendo proviene da un reato.
– Incauto acquisto: Si configura una condotta colposa. L’agente non accerta la provenienza del bene, pur in presenza di elementi (qualità della cosa, prezzo, condizione del venditore) che avrebbero dovuto insospettirlo.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato questo principio, ravvisando nell’imputato la piena consapevolezza e quindi il dolo richiesto per il delitto di ricettazione.
Il rigetto delle attenuanti generiche
Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile e manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘sufficiente e giuridicamente corretta’ per negare le attenuanti generiche. In particolare, i giudici di merito avevano rilevato l’assenza di elementi suscettibili di una valutazione positiva che potessero giustificare una riduzione della pena.
Conclusioni: le implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza, pur non introducendo nuovi principi, consolida l’orientamento della giurisprudenza sulla distinzione tra ricettazione e incauto acquisto. La decisione evidenzia che, per evitare di incorrere nel più grave reato di ricettazione, non è sufficiente una semplice ‘non conoscenza’ della provenienza illecita, ma è necessario dimostrare l’assenza di dolo, ovvero l’assenza della consapevolezza che il bene fosse di origine delittuosa. La valutazione del giudice si basa su elementi fattuali concreti che possono tradire la ‘consapevolezza’ dell’acquirente, rendendo la sua posizione indifendibile e la sua condotta qualificabile come dolosa. La sentenza ribadisce, inoltre, che le decisioni dei giudici di merito, se adeguatamente motivate, non possono essere messe in discussione in sede di legittimità con la semplice riproposizione delle medesime argomentazioni.
Qual è la differenza fondamentale tra il reato di ricettazione e la contravvenzione di incauto acquisto?
La differenza risiede nell’elemento psicologico. La ricettazione richiede il dolo, cioè la consapevolezza della provenienza delittuosa del bene, mentre l’incauto acquisto si configura in presenza di colpa, ovvero quando non si accerta la legittima provenienza della cosa pur avendo motivi di sospetto.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice riproposizione di censure già correttamente valutate e respinte dalla Corte d’Appello, e perché la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche è stata ritenuta manifestamente infondata.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il provvedimento impugnato diventa definitivo. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, a titolo di sanzione, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18976 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18976 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a AGRIGENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME, ritenuto che il primo motivo, con cui si lamenta la violazione di legge in relazione alla mancanza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione e conseguentemente, la mancata riqualificazione giuridica del fatto nella contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice del merito che, a pag. 3 della sent. impugnata, ha evidenziato plurimi e convergenti elementi indicativi della consapevolezza, ricorrente nell’imputato, circa la provenienza delittuosa della res, facendo così corretta applicazione del principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, il criterio distinivo tra il reato ricettazione e quello di incauto acquisto consiste nell’elemento psicologico che, nella prima ipotesi configura una condotta dolosa, mentre nella seconda, configura una condotta colposa consistente nel mancato accertamento della provenienza della cosa acquistata o ricevuta (Sez. 2, n. 45256 del 22/11/2007, COGNOME, Rv 238515-01; Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, COGNOME, Rv. 235897-01; Sez. 1, n. 6684 del 12/05/1995, Cortinovis, Rv. 201542-01);
rilevato che il secondo motivo, con cui si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato, avendo la Corte d’appello, a pag. 3 della sent. impugnata, esplicitato le ragioni del proprio convincimento con motivazione sufficiente e giuridicamente corretta che rileva l’assenza di elementi suscettibili di positiva valutazione (Sez. 4, n. 32872 dell’8/06/:2022, Guarnieri, Rv. 283489-01);
osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, 19 marzo 2024