Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45224 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45224 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato in Romania il 17/09/1989
rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del Tribunale di Milano, sezione per il riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate del sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME con le quali è stata chiesta declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria (con allegata documentazione) depositata in data 18/09/2024 dall’avv. NOME COGNOME con la quale è stato chiesto l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Milano, sezione per il riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero ed in riforma del provvedimento emesso in data 15/04/2024 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, applicava a COGNOME NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di ricettazione di 170 borse marca Chanel di provenienza furtiva, rinvenute all’interno della vettura targata TARGA_VEICOLO in suo uso.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso in cassazione l’indagato tramite il difensore fiduciario articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il delitto di ricettazione.
La doglianza è incentrata sul profilo della assenza del fine di profitto per inidoneità delle borse e degli accessori con marchio Chanel, rinvenuti in possesso dell’indagato, ad essere commercializzati che erano tutti danneggiati e privi di targhetta identificativa e pertanto non potevano essere destinati alla vendita.
Secondo il ricorrente costituisce mera congettura l’assunto del Tribunale secondo cui tali oggetti, pur in presenza di tali difetti, avrebbero comunque potuto essere immessi in canali di rivendita di merce di seconda mano.
È inoltre manifestamente illogica la motivazione dell’ordinanza impugnata laddove definisce le borse “autentiche”, pur essendo le stesse rovinate ed addirittura in parte “non lavorate” o ” incomplete”, tanto è vero che, come risulta dalla denuncia di furto sporta da NOME COGNOME al momento della sottrazione, esse si trovavano presso una ditta incaricata del confezionamento.
Del resto, lo stesso indagato- nella immediatezza del controllo di polizia giudiziaria, ha dichiarato che le borse erano contraffatte, tanto è vero che nei suoi confronti era stata disposta iscrizione per il reato di cui all’art. 474 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo si deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato.
Il Tribunale ha valorizzato, sul piano delle esigenze cautelari, la gravità del fatto in relazione alla quantità e qualità della merce trovata nella disponibilità dell’indagato ed al suo consistente valore economico, ma tale assunto è
incompatibile con i dati fattuali dai quali risulta l’impossibilità di una collocazione della stessa sul mercato e di determinarne l’effettivo valore intrinseco.
I precedenti penali non sono sufficienti a formulare un giudizio di pericolosità sociale atteso che l’ultima condanna per reato contro il patrimonio risale all’anno 2019.
Il Collegio ha dato rilievo anche al fatto che, nelle more dell’udienza camerale di discussione dell’appello proposto dal pubblico ministero, COGNOME si era reso irreperibile: tale circostanza, tuttavia, è priva di rilievo in quanto la partecipazione a tale giudizio da parte dell’indagato è facoltativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso va dichiarato inammissibile.
E’ manifestamente infondato il primo motivo proposto con il quale si lamenta la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata con riferimento al profilo della ritenuta gravità indiziaria in capo all’indagato per il delitto di ricettazione.
2.1. Ritiene il Collegio – in ragione della natura della doglianza proposta – di dover chiarire i limiti di sindacabilità da parte di questa Corte dei provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice della cautela abbia dato adeguatamente conto delle ragioni sulle quali si fonda l’affermazione di gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza del relativo costrutto argomentativo rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze investigative le quali non devono, tuttavia, assurgere a prova del reato ma è sufficiente siano idonee a fondare una qualificata probabilità di colpevolezza (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828, sulla cui scia si pongono, ex multis, Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Ne consegue che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non concerne, invece, né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di
merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati investigativi, onde sono inammissibili quelle doglianze che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice della cautela.
2.2. Tanto precisato, la censura proposta con il primo motivo di ricorso è essenzialmente volta ad ottenere in questa sede una alternativa lettura circostanze già esaminate dal giudice della cautela che, senza incorrere in illogicità evidenti, ha operato una ricostruzione del fatto aderente alle risultanze di indagine, riconducendolo allo schema legale della fattispecie di ricettazione.
Nell’ordinanza impugnata (pagg. da 2 a 6) si è evidenziato, in particolare: – che le 170 borse marca Chanel trovate all’interno della vettura in uso a Mugurel NOME COGNOME nel corso di un controllo operato dalla Polizia giudiziaria, seppure in parte danneggiate e prive di targhetta identificativa, non erano contraffatte, bensì autentiche e compendio di furto consumato in un magazzino ove erano state depositate per il confezionamento, come attestato nelle denunce in atti dalle quali emergeva che il loro valore di produzione si aggirava intorno ai 90.000 euro e quello di vendita intorno ai 600-700 mila euro;
che l’atteggiamento serbato dall’indagato al momento del fermo dell’auto (volto a tentare ripetutamente di sottrarsi al controllo delle Forze dell’Ordine) e la mancata indicazione circa la lecita ricezione di una simile quantità e qualità di merce erano significativamente sintomatiche della consapevolezza della provenienza delittuosa;
-che, quanto al profilo del fine di profitto, solo alcune borse erano danneggiate e prive dell’imballaggio originario e che tale parte di merce ben poteva essere destinata al mercato della rivendita di merce di seconda mano, attivo anche tramite canali virtuali.
Il Tribunale del riesame ha, dunque, formulato un giudizio di gravità indiziaria in capo all’indagato che riposa su precisi dati fattuali globalmente valutati e correlati tra loro e che valorizza, con riferimento allo scopo del procurarsi un profitto, un dato di natura logica fondato su una corretta massima di esperienza e cioè la circostanza che la parte di borse danneggiate e prive di targhetta identificativa avrebbe potuto comunque essere venduta a terzi dietro corrispettivo attraverso i canali di mercato dell’usato, notoriamente attivi, specie sulle piattaforme web.
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione anche con riferimento alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato.
La doglianza presenta una sostanziale genericità non confrontandosi con il provvedimento impugnato che contiene (pagina 7) un ampio apparato
argomentativo in punto di attuale e concreto pericolo di recidiva a proposito del quale va ribadito che il requisito sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, Barletta, dep. 2021, Rv. 280566; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, COGNOME, Rv. 279122).
Ebbene, il Collegio della cautela ha proprio valorizzato, in primo luogo, le caratteristiche del fatto concreto e cioè la quantità, qualità ed il valore della merce ricettata che, senza incorrere in alcuna evidente illogicità, ha ritenuto significativamente dimostrative di uno stabile inserimento dell’indagato in circuiti professionalmente dediti all’approvvigionamento e alla successiva collocazione sul mercato di merce rubata; in secondo luogo, ha dato rilievo alla personalità dell’imputato, attinto da numerose condanne per delitti contro il patrimonio, anche in forma associata, ma anche di reati agli stessi strumentali ( porto di armi e possesso ingiustificato di arnesi atti allo scasso).
Alla valutazione di tali dati ha poi accompagnato la circostanza relativa alla assenza in capo a Mugurel di documentate fonti lecite di sostentamento, mai introdotte nel procedimento di appello cautelare e che, si badi, il difensore ha allegato solo con la memoria difensiva depositata in limine al presente giudizio di legittimità compiegando alla stessa una busta paga del marzo 2024 redatta dalla RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha pertanto operato una valutazione di pericolosità sociale, in via perfettamente logica, desunta dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’indagato con riferimento alle sue condizioni di vita per come emergenti dal compendio disponibile ed ai precedenti penali, ciò in perfetta aderenza ai parametri indicati dall’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. in punto di pericolo di reiterazione.
Ha anche ravvisato il pericolo di fuga (che il Pm appellante aveva rappresentato nella originaria richiesta di misura cautelare rigettata dal Gip) e in proposito non ha dato rilievo, come parrebbe sostenere la difesa ricorrente, alla mera mancata partecipazione dell’indagato all’udienza camerale, bensì al fatto che questi nelle more del giudizio di appello cautelare (di cui era venuto a conoscenza
a seguito della notifica a sue mani del relativo decreto di fissazione) si era reso irreperibile, come attestato nel verbale di vane ricerche in atti.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché ravvisandosi per quanto sopra detto ipotesi di colpa nella proposizione dei motivi di ricorso, la condanna del ricorrente al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 02/10/2024.