LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricettazione e gravi indizi: quando sussiste il reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto indagato per ricettazione, trovato in possesso di un ingente quantitativo di borse di lusso rubate, sebbene parzialmente danneggiate. La Corte ha confermato che la possibilità di vendere i beni sul mercato dell’usato è sufficiente a integrare il fine di profitto richiesto dal reato. Inoltre, ha ritenuto fondato il pericolo di reiterazione sulla base della professionalità dimostrata, dei precedenti penali e dell’assenza di fonti di reddito lecite.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione e gravi indizi: la merce rubata, anche se danneggiata, integra il reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, offre importanti chiarimenti sul delitto di ricettazione e sui presupposti per l’applicazione della custodia cautelare. Il caso esaminato riguarda un individuo trovato in possesso di un grande quantitativo di beni di lusso di provenienza illecita. La difesa sosteneva l’insussistenza del reato a causa del fatto che la merce era parzialmente danneggiata e quindi, a suo dire, non commercializzabile. La Corte ha respinto questa tesi, confermando un principio fondamentale: il fine di profitto può sussistere anche se i beni non sono in perfette condizioni.

I Fatti del Caso

Durante un controllo di polizia, un soggetto veniva trovato in possesso di 170 borse di un noto marchio di lusso, risultate provento di un furto. I beni si trovavano all’interno del veicolo in suo uso. In seguito all’accertamento, il Tribunale del riesame, riformando una precedente decisione del GIP, applicava all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di ricettazione.

L’indagato proponeva ricorso in Cassazione, articolando due motivi principali:
1. Mancanza di gravi indizi di colpevolezza: Secondo la difesa, le borse erano danneggiate, incomplete e prive di targhetta identificativa, rendendole inidonee alla vendita e facendo quindi venir meno il “fine di profitto” richiesto dalla norma sulla ricettazione. L’assunto del Tribunale, secondo cui i beni avrebbero potuto essere venduti su canali di seconda mano, veniva definito una mera congettura.
2. Insussistenza del pericolo di reiterazione del reato: La difesa contestava che i precedenti penali dell’indagato non fossero sufficienti a fondare un giudizio di pericolosità sociale attuale, essendo l’ultima condanna risalente a diversi anni prima.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno confermato in toto la validità del ragionamento espresso dal Tribunale del riesame, sia per quanto riguarda la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia per la valutazione delle esigenze cautelari.

Le Motivazioni: Analisi del Reato di Ricettazione

La Corte ha chiarito che il controllo di legittimità non può consistere in una nuova valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la logicità e la coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente ricostruito la fattispecie di ricettazione sulla base di elementi precisi:
* Autenticità e provenienza illecita: Le 170 borse, sebbene in parte danneggiate, erano autentiche e compendio di un furto, come provato dalle denunce in atti. Il loro valore di produzione era stimato in circa 90.000 euro, con un valore di vendita al dettaglio di 600-700 mila euro.
* Consapevolezza dell’indagato: L’atteggiamento dell’indagato al momento del controllo (tentativi di sottrarsi alle Forze dell’Ordine) e la mancata giustificazione del possesso di una tale quantità di merce sono stati considerati indicatori della consapevolezza della provenienza delittuosa.
* Sussistenza del fine di profitto: La Corte ha avallato la tesi del Tribunale, basata su una corretta massima di esperienza, secondo cui anche la merce danneggiata o incompleta può essere venduta a terzi per un corrispettivo. Canali come i mercati dell’usato e le piattaforme web sono notoriamente attivi per la rivendita di tali beni. Pertanto, l’idoneità della merce a generare un profitto, seppur ridotto rispetto al valore di mercato del nuovo, è sufficiente a integrare l’elemento soggettivo del reato di ricettazione.

Le Motivazioni: La Valutazione del Pericolo di Recidiva

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ritenuto logica e ben argomentata la valutazione del Tribunale sul pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato. Tale valutazione si fondava su una serie di elementi convergenti:
* Caratteristiche del fatto: La quantità e il valore della merce indicavano un inserimento stabile dell’indagato in circuiti criminali professionali, dediti all’approvvigionamento e alla ricollocazione di merce rubata.
* Personalità dell’indagato: L’imputato aveva numerosi precedenti penali per reati contro il patrimonio, anche in forma associata, e per reati strumentali come il porto d’armi.
* Condizioni di vita: L’assenza di fonti lecite di sostentamento documentate corroborava il quadro di una vita dedita ad attività illecite.

La Corte ha inoltre precisato che il fatto che l’indagato si fosse reso irreperibile durante il giudizio di appello cautelare è stato un elemento correttamente valutato non tanto per la mancata partecipazione all’udienza, quanto come un indizio del pericolo di fuga.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce alcuni principi chiave in materia di ricettazione e misure cautelari. In primo luogo, conferma che per la sussistenza del reato non è necessario che la merce rubata sia in perfette condizioni; è sufficiente la sua potenziale commerciabilità, anche su mercati alternativi come quello dell’usato. In secondo luogo, sottolinea come la valutazione del pericolo di recidiva debba basarsi su un’analisi complessiva che tenga conto non solo dei precedenti penali, ma anche delle modalità concrete del fatto e dello stile di vita dell’indagato. La decisione evidenzia l’approccio rigoroso della giurisprudenza nel contrastare i reati predatori e le reti criminali che si alimentano della circolazione di beni di provenienza illecita.

È configurabile il reato di ricettazione se la merce rubata è danneggiata o incompleta?
Sì. Secondo la sentenza, il reato sussiste in quanto il fine di profitto non viene meno. Anche se danneggiati, i beni possono essere immessi in canali di rivendita, come il mercato della merce di seconda mano (anche tramite canali virtuali), procurando comunque un vantaggio economico a chi li possiede.

Quali elementi considera il giudice per applicare la custodia cautelare per ricettazione?
Il giudice valuta la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari. Per i primi, considera elementi come la quantità e qualità della merce, la consapevolezza della sua provenienza illecita (desumibile anche dal comportamento dell’indagato). Per le esigenze cautelari, come il pericolo di reiterazione, analizza la personalità del soggetto (precedenti penali), le modalità del fatto (che possono indicare professionalità criminale) e le sue condizioni di vita (es. assenza di redditi leciti).

Rendersi irreperibile durante un procedimento cautelare ha delle conseguenze?
Sì. La sentenza chiarisce che il fatto che l’indagato si sia reso irreperibile dopo aver ricevuto la notifica del procedimento di appello è un elemento che il giudice può valutare. Nello specifico, è stato considerato un indice del pericolo di fuga, contribuendo a giustificare la misura cautelare più grave.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati