Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 13214 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 13214 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 03/08/2023 del TRIB. DEL RIESAME di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG ALDO COGNOME A.: il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria già depositata e conclude per l’annullamento con rinvio udito il difensore: l’avvocato NOME COGNOME, richiamando la NOME già depositata, insiste nella richiesta di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Palermo ha annullato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, in data 5 luglio 2023, aveva applicato nei confronti di NOME COGNOME una misura cautelare personale di tipo non custodiale per il delitto di ricettazione continuata, in relazione alla percezione di contributi destinati ai genitori a titolo di mantenimento dalla cosca mafiosa di riferimento.
Secondo il Tribunale del riesame gli indizi nei confronti dell’indagata non sono caratterizzati da gravità, con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato ipotizzato.
Ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero, deducendo con unico motivo vizio di motivazione.
Il Tribunale del riesame avrebbe preso le mosse dalla citazione di precedenti giurisprudenziali condivisibili ma non pertinenti, perché riguardanti reati ben diversi da quello di associazione mafiosa, mentre proprio la notorietà della prassi di assicurare il mantenimento ai sodali, da parte della mafia, è elemento da considerare.
Il Tribunale ha dato per provato che il denaro ricevuto periodicamente dall’indagata e destinato ai suoi genitori fosse di provenienza illecita e tuttavia ha affermato apoditticamente l’assenza di dolo, a livello di gravità indiziaria, senza considerare compiutamente gli elementi indiziari offerti in valutazione, dai quali si evince l’attivismo della giovane nel chiedere il denaro e la decisione del padre di veicolare i propri messaggi ai capimandamento attraverso la figlia, situazione non spiegabile se non nel senso di una piena consapevolezza da parte sua di ciò che andava facendo.
E’ stata chiesta la trattazione orale.
Il Procuratore generale si è riportato alla memoria, nella quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso e il conseguente annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Il Difensore della ricorrente si è pure riportato alla propria memoria scritta, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che lamenta vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., è fondato.
Va premesso che «integra il reato di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolazione di associazione di stampo mafioso la percezione, da parte del congiunto di un affiliato che si trovi in stato di detenzione, di un assegno settimanale versato dal sodalizio criminale, giacché tale strumento di supporto economico, con la creazione di una rete di solida mutualità fra gli affiliati, rinsalda il vincolo di solidarietà nell’ambito dell’associazione, agevolando il perseguimento dei suoi scopi illeciti» (Sez. 6, n. 19362 del 04/06/2020, Criscuolo, Rv. 279305).
Il dolo della ricettazione può configurarsi anche nella forma eventuale (cfr. Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, Rv. 246323); naturalmente, non può bastare il mero sospetto della provenienza delittuosa dei beni o del denaro ricevuto (cfr. Sez. 1, n. 27548 del 17/06/2010, Screti, Rv. 247718); tale elemento soggettivo si configura invece «quando l’agente si rappresenta la concreta possibilità, accettandone il rischio, della provenienza delittuosa del denaro ricevuto ed investito» (Sez. 2, n. 8330 del 26/11/2013, dep. 2014, Antonicelli, Rv. 259010).
Il Tribunale non si è attenuto ai principi appena richiamati ed ha escluso categoricamente la possibilità di ravvisare il dolo eventuale nella ricettazione, richiamando un precedente che si attaglia ad una precisa e diversa fattispecie quale quella della detenzione di armi (Sez. 1, n. 52869 del 21/02/2018, COGNOME Benedictis, Rv. 274986).
Ora, per quanto sia vero che la figura del dolo eventuale sia stata elaborata principalmente con riguardo ai reati di evento, ciò non significa che essa sia del tutto e radicalmente incompatibile con reati di pura condotta o causalmente orientati, ma che la figura del dolo eventuale richieda in tali casi, come è stato detto, «opportuni adattamenti» (Sez. 1, n. 29472 del 07/05/2019, Ali, non mass.): non vi è un ostacolo concettuale al riconoscimento che il focus del rischio possa cadere non soltanto sulla produzione dell’evento, bensì anche su un presupposto della condotta, consistendo dunque nella rappresentazione della possibilità dell’esistenza del presupposto stesso e nell’accettazione dell’eventualità di tale esistenza, come è stato chiarito dalle citate Sezioni Unite Nocera.
Ciò premesso, la presa di posizione in diritto di cui si è detto ha fatto sì che il Tribunale non ritenesse necessario esaminare tutto il compendio indiziario, riepilogato nel ricorso, con il quale è invece indispensabile confrontarsi, per confermare o smentire le conclusioni prese circa la ravvisabilità dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di ricettazione provvisoriamente ascritto.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto di non confrontarsi con quelle intercettazioni, richiamate nel ricorso, nelle quali si dà atto dell’attivismo dell’indagata nel pretendere il pagamento, né con l’elemento rappresentato dalla
consegna della busta contenente la richiesta di aumento del contributo destinato al mantenimento mafioso della famiglia COGNOME/COGNOME, consegna devoluta proprio all’indagata che ha avuto l’incarico di farla avere ai capi-mandamento.
In altri termini, occorre che con tali elementi di prova ci si confronti, per verificare all’esito se ancora sia valida la conclusione secondo la quale l’indagata può, tutt’al più, avere avuto cognizione solo della qualità criminale dei genitori e del contesto di riferimento ma non della provenienza illecita delle somme veicolate.
Il ravvisato vizio di motivazione impone l’annullamento con rinvio al Tribunale del riesame di Palermo.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p.
Così deciso il 22/02/2024