Ricettazione e Dolo Eventuale: La Cassazione Conferma la Linea Dura
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di ricettazione, offrendo importanti chiarimenti sui criteri per l’accertamento del dolo eventuale e sulla valutazione delle circostanze attenuanti generiche. La decisione ribadisce principi consolidati, sottolineando come la natura dei beni e le modalità della loro detenzione siano elementi sufficienti a fondare una condanna, anche quando non vi è la prova di una conoscenza diretta e certa della loro provenienza illecita.
I fatti di causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in primo grado e in appello per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del Codice Penale. La Corte d’Appello di Napoli aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato, ritenendo provato che egli avesse ricevuto beni di provenienza delittuosa. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.
I motivi del ricorso
Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi principali:
1. Errata valutazione della responsabilità penale: L’imputato contestava la ricostruzione dei fatti e l’interpretazione del materiale probatorio operate dai giudici di merito, sostenendo che non vi fossero prove sufficienti per affermare la sua colpevolezza per il reato di ricettazione.
2. Mancata riqualificazione del fatto: In subordine, si chiedeva una diversa qualificazione giuridica del reato, presumibilmente nella meno grave ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.).
3. Diniego delle circostanze attenuanti generiche: Il ricorrente lamentava la mancata concessione delle attenuanti ex art. 62-bis c.p., ritenendo ingiustificata la decisione della Corte d’Appello.
La ricettazione e la prova del dolo eventuale
La Corte di Cassazione ha dichiarato i primi due motivi di ricorso inammissibili, definendoli aspecifici e meramente reiterativi di doglianze già esaminate e respinte in sede di appello. I giudici hanno evidenziato che la motivazione della Corte territoriale era esaustiva, logica e coerente, basata su una pluralità di elementi fattuali che non possono essere riesaminati in sede di legittimità.
Il punto cruciale della decisione riguarda il dolo di ricettazione. La Corte ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, per integrare il reato, è sufficiente il cosiddetto ‘dolo eventuale’. Ciò significa che non è necessaria la certezza assoluta della provenienza illecita del bene, ma basta che l’agente abbia consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta potesse provenire da un delitto. Tale accettazione del rischio può essere desunta da elementi oggettivi, come la natura dei beni detenuti e le particolari modalità di detenzione, che rendono inverosimile l’ignoranza sulla loro origine.
La valutazione delle attenuanti generiche
Anche il terzo motivo, relativo al diniego delle attenuanti generiche, è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, motivando adeguatamente la sua decisione. I giudici di merito avevano infatti valorizzato elementi negativi specifici, quali la gravità del fatto, l’esistenza di un precedente penale specifico a carico dell’imputato e la sua mancata resipiscenza. La Corte ha colto l’occasione per ricordare che il giudice non è tenuto a esaminare tutti gli elementi potenzialmente favorevoli all’imputato, ma è sufficiente che ponga a fondamento del diniego quelli ritenuti decisivi.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha fondato la propria decisione di inammissibilità su consolidati principi procedurali e sostanziali. In primo luogo, ha riaffermato che il giudizio di Cassazione non costituisce un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I ricorsi che si limitano a riproporre le stesse argomentazioni fattuali già vagliate nei gradi precedenti, senza individuare specifici vizi di legittimità, sono destinati all’inammissibilità.
Nel merito, la Corte ha applicato l’insegnamento giurisprudenziale costante in materia di ricettazione e dolo eventuale. La valutazione del giudice di merito, basata su indizi gravi, precisi e concordanti (come la natura e la quantità dei beni), è stata ritenuta incensurabile perché logicamente argomentata. Questa impostazione evita che l’imputato possa facilmente eludere la responsabilità penale semplicemente dichiarando di non conoscere l’origine delittuosa dei beni, quando le circostanze concrete rendono tale affermazione palesemente inverosimile.
Infine, per quanto riguarda le attenuanti, la decisione si allinea al principio secondo cui la concessione di tale beneficio è una facoltà discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, se adeguatamente motivato con riferimento a elementi concreti, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un approccio rigoroso nel contrasto al reato di ricettazione. La decisione ribadisce che la prova della colpevolezza può legittimamente fondarsi su elementi indiziari che, valutati nel loro complesso, dimostrino l’accettazione da parte dell’agente del rischio concreto della provenienza illecita dei beni. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando si configura il dolo eventuale nel reato di ricettazione?
Secondo la Corte, il dolo eventuale si configura quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza. Tale consapevolezza può essere desunta dalla natura dei beni e dalle modalità di detenzione, che consentono di escludere che l’imputato ne ignorasse l’origine.
È sufficiente che i motivi di ricorso in Cassazione ripetano quelli dell’appello?
No, non è sufficiente. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso ‘aspecifici’ e ‘reiterativi’ delle medesime doglianze già espresse in sede di appello, dichiarando per questo il ricorso inammissibile. Il ricorso per Cassazione deve individuare vizi di legittimità specifici e non limitarsi a contestare la ricostruzione dei fatti.
Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’imputato?
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate perché i giudici di appello hanno correttamente valutato la gravità del fatto, l’esistenza di un precedente penale specifico a carico del ricorrente e la sua mancanza di resipiscenza (pentimento).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36319 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36319 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME RE NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
rilevato che il primo ed il secondo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione degli artt. 712, 648 cod. pen. e 125 cod. proc. pen. nonc vizio di motivazione in ordine alla penale responsabilità dell’imputato ed a mancata riqualificazione del fatto sono aspecifici in quanto reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del mate probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini preci concludenti dalla Corte territoriale;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grad come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralit di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente in ordin reato di ricettazione (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), t ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e del razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede rilevato che la Corte territoriale ha fatto buon uso dell’univoco orientamento giurisprudenziale secondo cui la natura dei beni detenuti e le modalità detenzione consentono di escludere che l’imputato ne ignori la provenienza illecit quanto meno a titolo di dolo eventuale; siffatta valutazione, non rivedibile merito in questa sede, è coerente con l insegnamento di questa Corte secondo cui ricorre il dolo di ricettazione nella forma eventuale quando l’agente consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenziona dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (Sez. 2, n. 25439 del 21/04/201 Sarr, Rv. 270179 – 01, Sez. 2, n. 29702 del 4/5/2022, Memishaj, non massimata).
rilevato che il terzo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche non è consentit in sede di legittimità;
rilevato che i giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini d diniego delle invocate attenuanti, la gravità del fatto, il precedente penale spec e la mancanza di resipiscenza (vedi pag. 4 della sentenza impugnata). Deve esser, in proposito, ribadito il principio di diritto secondo cui non è necessario giudice di merito, nel motivare il mancato riconoscimento delle attenuant generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi dedotti dalle parti o rilev dagli atti, ma è sufficiente che, come nel caso di specie, la motivazione faccia
riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disatte superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, Bi Rv. 282693 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02); pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di rilevato, euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 10 settembre 2024.