Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33278 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 8/5/2023 della Corte d’appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 8 maggio 2023 la Corte d’appello di Catania, provvedendo sulla impugnazione presentata da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 12 giugno 2018 del Tribunale di Catania, con la quale lo stesso era stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione e 900,00 euro di multa in relazione ai reati di cui agli artt. 171-ter, lett. d), I. 633/41 (capo A, commesso il 14/7/2015 e 648, cpv., cod. pen. (capo B, accertato il 14/7/2015), ha dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di cui al capo a) perché estinto per prescrizione e ha rideterminato la pena, esclusa la recidiva, per il residuo reato di ricettazione di cui al capo b) in sei mesi di reclusione e 600,00 euro di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato un vizio della motivazione nella parte relativa alla affermazione di responsabilità per il residuo delitto di ricettazione d cui al capo b), non essendo state affatto considerate dalla Corte d’appello le censure sollevate con l’atto di gravame a proposito della insussistenza dell’elemento psicologico di tale reato, in quanto l’imputato aveva agito in assenza della coscienza e volontà di porre in essere la condotta penalmente rilevante, perché era del tutto ignaro della illecita provenienza dei cd e dvd contraffatti, il cu contenuto non era neppure stato verificato, con la conseguenza che non ne era stata accertata la provenienza illecita.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 15 cod. pen. e un ulterio vizio della motivazione, a causa della affermazione della configurabilità del concorso formale tra il reato di cui all’art. 171-ter I. 633/1 e quello di ricettazione di cui all’art. 648 cod. pen., in violazione del principio di specialità, in quanto disposizioni sulla tutela penale del diritto d’autore si configurano come leggi speciali rispetto alle disposizioni generali dei reati contro il patrimonio e, particolare, all’art. 648 cod. pen., con la conseguente erroneità della affermazione della configurabilità del concorso tra tali fattispecie.
2.3. Con il terzo motivo ha denunciato l’errata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, nella parte relativa al diniego della applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante l’ampliamento della cornice edittale di applicabilità di tale istituto, l’esiguità del danno, la particolare tenuità dell’offesa e la non abitual del comportamento.
2.4. Con il quarto motivo ha denunciato la violazione dell’art. 81 cod. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, nella parte relativa alla esclusione del riconoscimento del vincolo della continuazione con i fatti giudicati dalla medesima Corte d’appello di Catania con la sentenza n. 2041 del 2/10/2007, trattandosi di condotte simili, tra le quali poteva essere ravvisato un disegno criminoso unitario.
2.5. Infine, con il quinto motivo ha denunciato un ulteriore vizio della motivazione nella parte relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non essendo state indicate le ragioni che avevano determinato il diniego di tale beneficio, senza considerare il leale comportamento processuale del ricorrente.
Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando l’adeguatezza della motivazione delle concordi e conformi sentenze di merito in ordine alla affermazione di responsabilità; la configurabilità del concorso tra i reati di cui all’art. 171-ter, lett. d), I. 633/41 e di ricettazione, nel caso in cui l’agente, oltre ad acquistare videocassette e musicassette contraffatte, le detenga a fine di commercio; l’adeguatezza della motivazione sia nella parte relativa al diniego della applicazione della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, sia quanto alla esclusione del riconoscimento della continuazione con i fatti giudicati con la sentenza della medesima Corte d’appello di Catania del 2/10/2007, sia in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sia perché integralmente riproduttivo, senza significativi elementi di novità, dei motivi d’appello, tutti adeguatamente considerati e motivatamente disattesi dalla Corte d’appello, e, dunque, già solo per tale ragione, inammissibile, per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate e per la genericità delle doglianze che, solo apparentemente, denunciano un errore logico o giuridico determinato (in termini v. Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altro, Rv. 243838; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708); sia perché tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
Il primo motivo, relativo alla affermazione di responsabilità per il residuo delitto di ricettazione di cui al capo b), di cui non sussisterebbe l’elemento psicologico, è manifestamente infondato.
Per la configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, e la prova dell’elemento soggettivo del reato può trarsi anche da fattori indiretti, qualora la lor coordinazione logica sia tale da consentire l’inequivoca dimostrazione della malafede: in tal senso, la consapevolezza della provenienza illecita può desumersi anche dalla qualità delle cose, purché i sospetti sulla res siano così gravi e univoci da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza che non possa trattarsi di cose legittimamente detenute da chi le offre (Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235897 – 01; Sez. 2, n. 18034 del 07/04/2004, COGNOME, Rv. 228797 – 01; Sez. 6, n. 6753 del 04/06/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 211014 – 01; v. anche Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713 – 01).
Nel caso in esame la Corte d’appello ha ribadito, oltre alla provenienza illecita dei supporti elettronici detenuti per il commercio dal ricorrente, in quanto recanti opere dell’ingegno abusivamente riprodotte, in violazione della disciplina sul diritto d’autore, la certa consapevolezza da parte del ricorrente medesimo di tale provenienza illecita, desumibile dalle caratteristiche di detti supporti elettronici dalle modalità del loro confezionamento, sottolineando che i cd e dvd che l’imputato deteneva per la vendita, esposti al pubblico su una bancarella, risultavano chiaramente frutto di contraffazione e abusiva duplicazione, in quanto avevano copertine trasparenti in cellophane e locandine evidentemente contraffatte.
Si tratta di considerazioni non manifestamente illogiche, fondate su una applicazione di nozioni e massime di comune di esperienza (quale quella relativa alla provenienza illecita di cd o dvd le cui custodie appaiono, chiaramente, frutto di abusiva duplicazione), che il ricorrente ha sindacato in modo generico, senza considerare quanto esposto sul punto nella sentenza impugnata, riproponendo le medesime censure già disattese dal giudice di secondo grado e richiedendo una diversa, non consentita, valutazione delle risultanze istruttorie, apprezzate in modo logico e concorde dai giudici di merito e non suscettibili di rivisitazione o rilettura nel giudizio di legittimità, nel quale, per consolidata e univoc giurisprudenza, è esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali, o una diversa ricostruzione storica dei fatti, o un diverso giudizio di rilevanza, o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014,
C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Il secondo motivo, relativo alla configurabilità del concorso formale tra il reato di cui all’art. 171-ter I. 633/1 e quello di ricettazione di cui all’art. 648 cod. pen., è manifestamente infondato,
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, da tempo (v. Sez. 3, n. 23855 del 16/04/2004, COGNOME, Rv. 229118), chiarito che il rapporto di specialità sancito nell’art. 15 cod. pen. sussiste solo quando gli elementi costitutivi della fattispecie prevista dalla norma generale siano compresi nella norma speciale che prevede qualche elemento in più di carattere particolarmente qualificante, di modo che l’ipotesi di cui alla norma speciale, qualora la stessa mancasse, ricadrebbe nell’ambito operativo della norma generale, rapporto questo che non appare ravvisabile tra i reati in tema di diritto d’autore e il reato ex art. 648 cod. pe per cui il delitto previsto dalla normativa speciale concorre con il reato di ricettazione quando, come nel caso in esame, l’agente, oltre ad aver acquistato i supporti contraffatti (non avendo allegato, né, tantomeno, dimostrato, di essere l’autore della abusiva duplicazione), li detenga a sua volta per la commercializzazione, come avvenuto nel caso di specie (Sez. 3, n. 16153 del 09/01/2019, COGNOME, Rv. 275400 – 01; v. anche Sez. 2, n. 53054 del 07/12/2016, COGNOME, Rv. 268969 – 01, secondo cui “la condotta di acquisto o ricezione di supporti contraffatti, commessi successivamente alla modifica apportata dal D.Lgs. n.68 del 2003 all’art.171 ter I. n.633 del 1941, integra un illecito amministrativo che, in virtù del principio di specialità, prevale sul reato d ricettazione solo nel caso di uso personale dei supporti e non nel caso di detenzione per la vendita”). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Poiché nel caso in esame il ricorrente deteneva per la vendita i suddetti supporti magnetici recanti opere protette dal diritto d’autore abusivamente riprodotte e non ha allegato di averli abusivamente contraffatti egli stesso, correttamente, alla stregua dell’orientamento interpretativo richiamato, che il Collegio condivide e ribadisce, è stata affermata la configurabilità del concorso tra il reato di cui all’art. 171-ter I. 633/41 di cui al capo a), dichiarato prescritto, e quello di ricettazione di cui al capo b), in relazione al quale è stata confermata l’affermazione di responsabilità.
Il terzo motivo, relativo al diniego della applicabilità della causa d esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è inammissibile, sia, anch’esso, a causa della sua genericità, perché è privo di confronto, tantomeno critico, con quanto esposto sul punto nella sentenza impugnata (nella quale, per
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disattendere la richiesta del ricorrente, sono state sottolineate la gravità del fatto desumibile dal numero dei supporti abusivamente duplicati detenuti dal ricorrente per la vendita, e la precedente condanna per fatti analoghi riportata dall’imputato); sia perché manifestamente infondato, avendo la Corte d’appello, attraverso la sottolineatura della gravità del fatto, desumibile dal numero dei supporti abusivamente duplicati detenuti dal ricorrente per la vendita (90 cd e 556 dvd), e della precedente condanna per fatti analoghi riportata dall’imputato, giustificato adeguatamente l’esclusione della particolare tenuità del fatto e anche della occasionalità della condotta, con valutazione non manifestamente illogica che il ricorrente ha censurato esclusivamente sul piano delle valutazioni di merito, dunque, nuovamente, in modo non consentito nel giudizio di legittimità.
5. Il quarto motivo, relativo alla esclusione del riconoscimento del vincolo della continuazione con i fatti giudicati dalla medesima Corte d’appello di Catania con la sentenza n. 2041 del 2/10/2007, è, anch’esso, inammissibile per ragioni analoghe, anzitutto per la sua genericità, posto che il ricorrente, nel criticar l’esclusione di tale vincolo, nulla ha allegato a proposito della sua precedente condanna, cosicché tale lacuna impedisce lo stesso apprezzamento della censura, posto che l’imputato che intenda richiedere, nel giudizio di cognizione, il riconoscimento della continuazione in riferimento a reati già giudicati non può limitarsi a indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l’onere produrne la copia, non essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. dettata per la sola fase esecutiva (Sez. 3, n 41063 del 25/06/2019, Losco, Rv. 277977 – 01; Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 274808 – 02; Sez. 6, n. 19487 del 06/02/2018, COGNOME, Rv. 273380 – 01, che, in motivazione, ha precisato che l’onere di allegazione delle sentenze nel giudizio di cognizione è finalizzata a impedire richieste intenzionalmente dilatorie e a garantire la celerità del rito, esigenze che, invece, non sussistono in fase esecutiva); la doglianza, peraltro, risulta anche manifestamente infondata, avendo la Corte territoriale sottolineato, per escludere detto vincolo, il notevole periodo di tempo trascorso tra le condotte, pari a oltre otto anni, e sul punto il ricorrente si è limitato a ribadire la propria prospettazione circa l’esistenza di dett nesso, senza considerare in alcun modo quanto esposto nella sentenza impugnata, che, stante la rilevanza del tempo trascorso tra le condotte, è idoneo a giustificare l’esclusione del vincolo, posto che il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali (Sez. 4, n. 34756 del 17/05/2012, COGNOME, Rv. 253664 – 01). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
6. Il quinto motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è inammissibile, in quanto la relativa richiesta, formulata con l’atto d’appello, era del tutto generica, in quanto consisteva in una mera richiesta di riconoscimento di tale beneficio, disgiunta da qualsiasi allegazione o, comunque, dalla illustrazione delle specifiche ragioni di meritevolezza del beneficio, cosicché la stessa, proprio a cagione di tale genericità, non richiedeva una specifica risposta, alla stregua del principio secondo cui il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria anche quando la decisione del giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808 – 01; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv. 262700 – 01). Ne consegue che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora, come nel caso in esame, l’imputato, nell’atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione (Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02, con la quale è stato ritenuto inammissibile il ricorso dell’imputato relativo alla mancata concessione della circostanza di cui all’art. 609-quater, comma 5, cod. pen., non dedotta specificamente nell’atto di appello, essendosi egli limitato, in sede di conclusioni nel giudizio di secondo grado, alla generica richiesta del riconoscimento della “attenuante del danno minore”; v. anche Sez. 5, n. 1099 del 26/11/1997, dep. 1998, Pirri, Rv. 209683 – 01). Deve, pertanto, escludersi la sussistenza del vizio di motivazione denunciato su tale punto. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità e della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali è stato affidato
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 9/7/2024