La Prova del Dolo nella Ricettazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il reato di ricettazione è uno dei più comuni nel nostro ordinamento e la sua corretta qualificazione dipende da un elemento cruciale: il dolo. La prova del ricettazione dolo, ovvero la consapevolezza da parte dell’agente della provenienza illecita del bene, è spesso al centro di complesse vicende processuali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 15243/2024, offre importanti chiarimenti su come viene valutato questo elemento e sulle condizioni di ammissibilità di un ricorso presentato dinanzi alla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 del codice penale. La decisione, confermata dalla Corte d’Appello di Ancona, si basava sulla ritenuta responsabilità dell’imputato in relazione al possesso di beni di provenienza delittuosa. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità) da parte dei giudici di merito proprio in riferimento all’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, il dolo.
La Decisione della Corte e la Prova del Ricettazione Dolo
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio procedurale consolidato: il ricorso per Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Deve, invece, contenere una critica specifica e puntuale delle ragioni esposte nella sentenza impugnata, evidenziandone le presunte illogicità o contraddizioni.
Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il ricorso fosse meramente riproduttivo delle doglianze già adeguatamente esaminate e disattese dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione sufficiente, logica e basata su un corretto esame del materiale probatorio, spiegando in modo congruo perché l’imputato dovesse essere considerato consapevole dell’origine illecita dei beni.
Le Motivazioni della Corte
L’ordinanza in esame è chiara nell’evidenziare i pilastri su cui si fonda la declaratoria di inammissibilità e, di riflesso, i principi che regolano la prova del ricettazione dolo. I punti chiave sono i seguenti:
1. Genericità del Ricorso: Il motivo di ricorso è stato giudicato generico e ripetitivo, non offrendo nuovi spunti critici rispetto a quanto già vagliato e motivatamente respinto dal giudice di merito. Per la Corte, un ricorso è inammissibile se non si confronta specificamente con le argomentazioni della sentenza che intende contestare.
2. Sussistenza del Dolo e Onere della Prova: La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato. Ai fini della sussistenza del dolo nel delitto di ricettazione, un elemento probatorio di grande rilevanza è la mancata fornitura, da parte dell’imputato, di una spiegazione attendibile e plausibile circa la provenienza lecita del bene. Quando un soggetto viene trovato in possesso di un bene di origine furtiva e non è in grado di giustificarne la detenzione in modo credibile, il giudice può logicamente desumere la sua consapevolezza della provenienza illecita.
3. Logicità della Motivazione di Merito: La Cassazione ha confermato che la motivazione della Corte d’Appello era esente da vizi logici. I giudici di secondo grado avevano correttamente valorizzato il compendio probatorio per affermare la sussistenza dell’elemento soggettivo, in linea con i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima, di carattere processuale, è un monito per chi intende adire la Corte di Cassazione: non è sufficiente lamentare un’ingiustizia, ma è necessario strutturare un ricorso che demolisca, con argomenti giuridici specifici, la logica della sentenza impugnata. Ricorsi generici o ripetitivi sono destinati all’inammissibilità.
La seconda, di carattere sostanziale, riguarda la prova del ricettazione dolo. La decisione conferma che l’onere di fornire una giustificazione plausibile sulla provenienza di un bene grava su chi lo possiede. L’incapacità di farlo rappresenta un indizio grave, preciso e concordante dal quale il giudice può legittimamente trarre il convincimento della colpevolezza dell’imputato. In pratica, il silenzio o una spiegazione inverosimile possono costare una condanna per ricettazione.
Quando un ricorso in Cassazione per ricettazione viene dichiarato inammissibile?
Quando è generico, riproduce doglianze già esaminate e respinte nei gradi di merito e non contiene una critica specifica contro le argomentazioni della sentenza impugnata, che invece risulta sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica.
Come si prova il dolo nel reato di ricettazione secondo questa ordinanza?
Il dolo, ossia la consapevolezza della provenienza illecita del bene, può essere desunto dalla mancata fornitura da parte dell’imputato di una prova o di una spiegazione credibile circa l’origine lecita del bene in suo possesso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15243 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15243 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/02/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME ;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che deduce la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità del ricorrente per il reato di cui all’art. 648 comma cod. pen. (sotto il profilo soggettivo), è indeducibile poiché riproduttivo di doglianze già adeguatamente vagliate e disattese con congrui argomenti giuridici da parte del giudice di merito e, perciò, non scandito da specifica critica analisi delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata, benché sorretta da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (si vedano, in particolare, pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata sul compendio probatorio pertinentemente valorizzato dalla Corte territoriale ai fini della sussistenza del dolo del delitto di ricettazione, non avendo l’imputato fornito la prova della provenienza lecita del bene · (Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, Rv. 268713; Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Rv. 270120);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/03/2024
Il consigliere estensore
Il presidente