Ricettazione con Dolo Eventuale: Quando l’Acquisto Diventa Reato
La linea di confine tra un cattivo affare e un reato può essere molto sottile. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire la differenza tra il delitto di ricettazione e la più lieve contravvenzione di incauto acquisto, con un focus sul concetto di ricettazione dolo eventuale. La Suprema Corte ha esaminato il caso di un giovane trovato in possesso di beni di provenienza illecita, confermando come la consapevole accettazione del rischio sia sufficiente per integrare il reato più grave.
I Fatti del Caso: Beni Eterogenei e Provenienza Sospetta
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un giovane contro un’ordinanza della Corte d’Appello che confermava la sua responsabilità per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di beni tra loro molto diversi: pluviali in rame e un tablet. La difesa sosteneva che il reato dovesse essere riqualificato in incauto acquisto (art. 712 c.p.), un’ipotesi meno grave punita a titolo di colpa.
Inoltre, la difesa chiedeva il riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, previsto dall’art. 62 n. 4 del codice penale, sostenendo che il valore intrinseco dei beni fosse modesto.
La Questione Giuridica: La distinzione tra ricettazione e incauto acquisto
Il nucleo della decisione ruota attorno alla distinzione tra l’elemento soggettivo richiesto per i due reati.
* Ricettazione (art. 648 c.p.): È un delitto che richiede il dolo. Questo significa che l’agente deve avere la consapevolezza della provenienza illecita del bene. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che è sufficiente il cosiddetto ricettazione dolo eventuale. Si configura quando l’agente, pur non avendo la certezza assoluta, si rappresenta la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e, ciononostante, ne accetta il rischio, decidendo ugualmente di acquistarlo o riceverlo.
* Incauto acquisto (art. 712 c.p.): È una contravvenzione, punita a titolo di colpa. In questo caso, si rimprovera all’agente di non aver colto, per negligenza, quegli ‘elementi di allarme’ (come la natura del bene, la qualità del venditore o il prezzo troppo basso) che avrebbero dovuto indurlo a sospettare della sua provenienza illecita.
La differenza è cruciale: nel primo caso c’è un’accettazione consapevole del rischio, nel secondo una colpevole disattenzione.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, per diverse ragioni. In primo luogo, ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello nel configurare la ricettazione dolo eventuale. I giudici hanno sottolineato che la presenza di beni così eterogenei (materiale edile e un dispositivo elettronico) costituiva di per sé un potente campanello d’allarme sulla loro provenienza. Di fronte a tali circostanze, l’imputato avrebbe dovuto nutrire seri dubbi e, decidendo comunque di acquisire i beni, ha accettato il rischio che fossero rubati. Il suo silenzio sulle modalità con cui era entrato in possesso degli oggetti ha ulteriormente rafforzato questo quadro.
In secondo luogo, la Corte ha respinto la richiesta di applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità. I giudici hanno specificato che tale attenuante richiede un pregiudizio economico ‘pressoché irrisorio’, condizione non riscontrabile nel caso di specie, dato il valore intrinseco sia del rame che del tablet. La motivazione della Corte territoriale è stata giudicata incensurabile su questo punto.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel diritto penale, l’ignoranza non sempre paga, soprattutto quando è frutto di una scelta volontaria. La decisione della Cassazione insegna che chi acquista beni in circostanze sospette non può semplicemente ‘voltarsi dall’altra parte’. Se gli indizi sono tali da far sorgere un serio dubbio sulla provenienza lecita, proseguire nell’acquisto significa accettare il rischio di commettere il grave delitto di ricettazione. La valutazione non si basa sulla certezza, ma sulla rappresentazione della possibilità e sulla conseguente accettazione del rischio. Un monito importante per chiunque si trovi di fronte a offerte apparentemente vantaggiose ma poco trasparenti.
Qual è la differenza fondamentale tra ricettazione e incauto acquisto?
La differenza risiede nell’elemento psicologico. La ricettazione (art. 648 c.p.) è un delitto che richiede il dolo, anche nella forma del dolo eventuale: l’agente si rappresenta la possibilità che il bene sia di provenienza illecita e accetta il rischio. L’incauto acquisto (art. 712 c.p.) è una contravvenzione basata sulla colpa: si rimprovera all’agente di non aver riconosciuto per negligenza i segnali che avrebbero dovuto insospettirlo.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che in questo caso si trattasse di ricettazione con dolo eventuale?
La Corte ha ritenuto che l’acquisto di beni tra loro del tutto eterogenei (pluviali in rame e un tablet), unito alla loro comprovata provenienza illecita, costituisse un forte indizio. L’imputato, di fronte a tali ‘elementi di allarme’, si è rappresentato la concreta possibilità dell’origine delittuosa dei beni e ha consapevolmente accettato il rischio di riceverli, integrando così il dolo eventuale.
Perché non è stata concessa l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 c.p.)?
L’attenuante è stata esclusa perché richiede un pregiudizio economico ‘pressoché irrisorio’. I giudici hanno valutato che il valore intrinseco dei beni (rame e un tablet) non poteva essere considerato tale, rendendo quindi inapplicabile la circostanza attenuante. La decisione della corte d’appello su questo punto è stata ritenuta correttamente motivata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45745 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45745 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CALTANISSETTA il 02/11/2000
avverso l’ordinanza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso di NOME COGNOME viste le conclusioni trasmesse dalla difesa in data 24.9.2024,
ritenuto che la doglianza relativa alla mancata riqualificazione del reato di cui all’art. 648 cod. pen. in quello di cui all’art. 712 cod. pen. è manifestamente infondata avendo la Corte d’appello tenuto conto del discrinnine, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, tra il delitto di ricettazione, punibile anche a titolo di dolo eventuale, e la contravvenzione di incauto acquisto che, com’è noto, sta nel fatto che, nella ricettazione (con dolo eventuale), l’agente, pur rappresentandosi chiaramente la possibilità che il bene acquistato o ricevuto abbia una provenienza delittuosa, avendo colto gli elementi di allarme che lo abbiano effettivamente messo in guardia, decide ciò non di meno di riceverlo o acquistarlo, accettando consapevolmente il rischio di concretizzare una condotta delittuosa (cfr., Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246323 – 01); nella contravvenzione, invece, ciò che si rimprovera all’agente è di non aver colto quegli elementi di fatto (individuati dal legislatore nella natura del bene acquistato o ricevuto, nella qualità della persona che lo abbia offerto ovvero nella entità del prezzo) che avrebbero dovuto allarmarlo circa la provenienza del bene di cui si discute e che, invece, siano stati colpevolmente ignorati (cfr., Sez. 2, n. 51056 del 11/11/2016, Rv. 268945 – 01, in cui la Corte ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato contravvenzionale di cui all’art. 712, comma primo cod. pen., non è necessario che l’acquirente abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce, dovendosi invece ritenere che il reato sussista ogni qualvolta l’acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che questo vi sia stato o meno); vero che i giudici di secondo grado si sono limitati ad invocare il silenzio serbato dall’imputato sulle modalità con cui era venuto in possesso dei beni, è anche vero che si tratta di beni tra loro del tutto eterogenei (pluviali in rame e tablet) di cui è comprovata e – invero – incontestata la provenienza delittuosa; Corte di Cassazione – copia non ufficiale rilevato che il secondo motivo del ricorso è altrettanto manifestamente infondato avendo i giudici nisseni motivato in termini incensurabili in ordine al valore intrinseco del bene (elemento di per sé preclusivo del riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. che, come pure è noto, postula un pregiudizio economico pressoché irrisorio: cfr., Sez. 2, n. 50660 del 05/10/2017; Rv. 271695 – 01; Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241 – 01) che, nel caso di specie, è motivatamente stata esclusa;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.