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Ricettazione dolo eventuale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione, confermando la distinzione con l’incauto acquisto. La pronuncia si concentra sul concetto di ricettazione con dolo eventuale, che sussiste quando l’agente, pur non avendo la certezza dell’origine illecita di un bene, accetta consapevolmente il rischio che lo sia. La natura eterogenea dei beni (pluviali in rame e un tablet) è stata ritenuta un chiaro segnale d’allarme, sufficiente a configurare il reato più grave. Esclusa anche l’attenuante del danno di lieve entità.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione con Dolo Eventuale: Quando l’Acquisto Diventa Reato

La linea di confine tra un cattivo affare e un reato può essere molto sottile. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire la differenza tra il delitto di ricettazione e la più lieve contravvenzione di incauto acquisto, con un focus sul concetto di ricettazione dolo eventuale. La Suprema Corte ha esaminato il caso di un giovane trovato in possesso di beni di provenienza illecita, confermando come la consapevole accettazione del rischio sia sufficiente per integrare il reato più grave.

I Fatti del Caso: Beni Eterogenei e Provenienza Sospetta

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un giovane contro un’ordinanza della Corte d’Appello che confermava la sua responsabilità per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di beni tra loro molto diversi: pluviali in rame e un tablet. La difesa sosteneva che il reato dovesse essere riqualificato in incauto acquisto (art. 712 c.p.), un’ipotesi meno grave punita a titolo di colpa.

Inoltre, la difesa chiedeva il riconoscimento dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, previsto dall’art. 62 n. 4 del codice penale, sostenendo che il valore intrinseco dei beni fosse modesto.

La Questione Giuridica: La distinzione tra ricettazione e incauto acquisto

Il nucleo della decisione ruota attorno alla distinzione tra l’elemento soggettivo richiesto per i due reati.

* Ricettazione (art. 648 c.p.): È un delitto che richiede il dolo. Questo significa che l’agente deve avere la consapevolezza della provenienza illecita del bene. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che è sufficiente il cosiddetto ricettazione dolo eventuale. Si configura quando l’agente, pur non avendo la certezza assoluta, si rappresenta la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e, ciononostante, ne accetta il rischio, decidendo ugualmente di acquistarlo o riceverlo.
* Incauto acquisto (art. 712 c.p.): È una contravvenzione, punita a titolo di colpa. In questo caso, si rimprovera all’agente di non aver colto, per negligenza, quegli ‘elementi di allarme’ (come la natura del bene, la qualità del venditore o il prezzo troppo basso) che avrebbero dovuto indurlo a sospettare della sua provenienza illecita.

La differenza è cruciale: nel primo caso c’è un’accettazione consapevole del rischio, nel secondo una colpevole disattenzione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, per diverse ragioni. In primo luogo, ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello nel configurare la ricettazione dolo eventuale. I giudici hanno sottolineato che la presenza di beni così eterogenei (materiale edile e un dispositivo elettronico) costituiva di per sé un potente campanello d’allarme sulla loro provenienza. Di fronte a tali circostanze, l’imputato avrebbe dovuto nutrire seri dubbi e, decidendo comunque di acquisire i beni, ha accettato il rischio che fossero rubati. Il suo silenzio sulle modalità con cui era entrato in possesso degli oggetti ha ulteriormente rafforzato questo quadro.

In secondo luogo, la Corte ha respinto la richiesta di applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità. I giudici hanno specificato che tale attenuante richiede un pregiudizio economico ‘pressoché irrisorio’, condizione non riscontrabile nel caso di specie, dato il valore intrinseco sia del rame che del tablet. La motivazione della Corte territoriale è stata giudicata incensurabile su questo punto.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel diritto penale, l’ignoranza non sempre paga, soprattutto quando è frutto di una scelta volontaria. La decisione della Cassazione insegna che chi acquista beni in circostanze sospette non può semplicemente ‘voltarsi dall’altra parte’. Se gli indizi sono tali da far sorgere un serio dubbio sulla provenienza lecita, proseguire nell’acquisto significa accettare il rischio di commettere il grave delitto di ricettazione. La valutazione non si basa sulla certezza, ma sulla rappresentazione della possibilità e sulla conseguente accettazione del rischio. Un monito importante per chiunque si trovi di fronte a offerte apparentemente vantaggiose ma poco trasparenti.

Qual è la differenza fondamentale tra ricettazione e incauto acquisto?
La differenza risiede nell’elemento psicologico. La ricettazione (art. 648 c.p.) è un delitto che richiede il dolo, anche nella forma del dolo eventuale: l’agente si rappresenta la possibilità che il bene sia di provenienza illecita e accetta il rischio. L’incauto acquisto (art. 712 c.p.) è una contravvenzione basata sulla colpa: si rimprovera all’agente di non aver riconosciuto per negligenza i segnali che avrebbero dovuto insospettirlo.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che in questo caso si trattasse di ricettazione con dolo eventuale?
La Corte ha ritenuto che l’acquisto di beni tra loro del tutto eterogenei (pluviali in rame e un tablet), unito alla loro comprovata provenienza illecita, costituisse un forte indizio. L’imputato, di fronte a tali ‘elementi di allarme’, si è rappresentato la concreta possibilità dell’origine delittuosa dei beni e ha consapevolmente accettato il rischio di riceverli, integrando così il dolo eventuale.

Perché non è stata concessa l’attenuante del danno di lieve entità (art. 62 n. 4 c.p.)?
L’attenuante è stata esclusa perché richiede un pregiudizio economico ‘pressoché irrisorio’. I giudici hanno valutato che il valore intrinseco dei beni (rame e un tablet) non poteva essere considerato tale, rendendo quindi inapplicabile la circostanza attenuante. La decisione della corte d’appello su questo punto è stata ritenuta correttamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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