Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6519 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6519 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il 11/02/1991
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti . in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che con motivazione esente da vizi logici e giuridici, il giudice adito ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, pag. 3) facendo applicazione dei principi dettati in materia dalla Corte di legittimit secondo cui, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione, è necessaria consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché siano tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Del resto questa Corte ha più volte affermato che la conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458; sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265). Nella sentenza impugnata l’assenza di plausibili spiegazioni in ordine alla legittima acquisizione del bene si pone come coerente e necessaria conseguenza di un acquisto illecito. Del resto, come questa Corte ha recentemente affermato (Sez.U. n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324; sez. 1 n. 27548 del 17/6/2010, COGNOME, Rv. 247718) l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi desumere da semplici motivi di sospetto, né potendo consistere in un mero sospetto. Tutto ciò vale ad escludere, anche attraverso il richiamo alla sentenza di primo grado, qualsiasi vizio della motivazione anche in ordine alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. í-7 Corte di Cassazione – copia non ufficiale
648 cod. pen., non potendo il fatto, per le considerazioni sopra svolte, essere inquadrato nell’ipotesi dell’incauto acquisto di cui’all’art. 712 cod. pen. Difatti, sulla base di quanto sopra detto, la Corte territoriale ha dato atto, con argomentazioni prive di contraddittorietà logiche e conformi alle risultanze processuali, che la qualificazione giuridica operata dal giudice di primo grado era corretta, sussistendo l’elemento materiale e quello psicologico del delitto di ricettazione. E la scelta effettuata dai giudici di merito si pone in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, in base alla quale in tema di ricettazione, il dolo può ricorrere anche nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa accettata o ricevuta fosse di illecita provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (sez. 2 n. 45256 del 22/11/2007, Rv. 238515);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.