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Ricettazione dolo eventuale: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per il reato di ricettazione, ribadendo che per la configurabilità del reato è sufficiente la presenza della cosiddetta ricettazione dolo eventuale. Tale condizione si verifica quando l’agente, pur senza avere la certezza assoluta, si rappresenta la concreta possibilità della provenienza illecita del bene e ne accetta il rischio, basandosi su prove indirette e sulla mancanza di giustificazioni plausibili.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione e Dolo Eventuale: Quando il Sospetto Diventa Reato

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla differenza tra un semplice sospetto e la consapevolezza richiesta per il reato di ricettazione. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, chiarisce i contorni della ricettazione dolo eventuale, un concetto cruciale per comprendere quando l’acquisto di un bene di dubbia provenienza si trasforma in un illecito penale. Questa pronuncia ribadisce principi consolidati, sottolineando come l’atteggiamento dell’imputato e la mancanza di spiegazioni plausibili possano essere elementi decisivi per la condanna.

Il Caso in Analisi: un Ricorso Dichiarato Inammissibile

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato per ricettazione dalla Corte d’Appello. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contestando la motivazione della sentenza, sostenendo che fosse una mera ripetizione di argomenti già discussi e respinti nel grado precedente. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso non specifico e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici, il ricorrente non ha formulato una critica argomentata contro la decisione d’appello, ma si è limitato a riproporre le stesse difese, senza assolvere alla funzione tipica del ricorso per cassazione.

La Consapevolezza nella Ricettazione

Il fulcro della decisione ruota attorno all’elemento psicologico del reato di ricettazione, disciplinato dall’art. 648 del codice penale. La Corte ribadisce che per configurare tale delitto è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto. Tuttavia, questa consapevolezza non deve necessariamente estendersi a una conoscenza precisa e completa delle circostanze del reato presupposto (es. il furto). Può essere desunta da una serie di prove indirette e indizi che, considerati nel loro insieme, generano in una persona di media intelligenza la certezza della provenienza illecita.

La rilevanza del dolo eventuale nella ricettazione

La Corte di Cassazione si sofferma in modo particolare sulla figura della ricettazione dolo eventuale. Si ha dolo eventuale quando l’agente, pur non avendo la certezza assoluta, si rappresenta la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e, ciononostante, ne accetta il rischio, procedendo ugualmente all’acquisto o alla ricezione. Questo stato psicologico va distinto dal mero sospetto, che di per sé non è sufficiente a integrare il reato. La differenza sta nell’accettazione del rischio: l’agente non si limita a dubitare, ma sceglie consapevolmente di ignorare gli indizi e di concludere l’affare.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha validato il ragionamento dei giudici di merito, ritenendolo esente da vizi logici e giuridici. La motivazione della condanna si basava su elementi consolidati nella giurisprudenza. In particolare, la mancata o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte dell’imputato è stata considerata un elemento chiave. Tale comportamento, secondo la Corte, è rivelatore della volontà di occultamento ed è logicamente spiegabile solo con un acquisto in malafede. La sentenza impugnata aveva correttamente interpretato l’assenza di spiegazioni plausibili come una conseguenza diretta e coerente di un’acquisizione illecita. I giudici hanno quindi escluso che il fatto potesse essere inquadrato nella più lieve ipotesi di incauto acquisto (art. 712 c.p.), che è connotata da una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza del bene, e non da un’accettazione consapevole del rischio della sua origine delittuosa.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma con forza alcuni principi cardine in materia di ricettazione. Primo, un ricorso in Cassazione deve essere specifico e criticare puntualmente la sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre vecchie argomentazioni. Secondo, la prova della consapevolezza dell’origine illecita di un bene può derivare da elementi indiziari, come il comportamento dell’imputato. Terzo, la ricettazione dolo eventuale è pienamente configurabile quando l’agente si rappresenta la concreta possibilità dell’origine illecita e accetta il rischio, distinguendosi nettamente dal semplice sospetto o dalla negligenza che caratterizzano l’incauto acquisto. La decisione serve da monito: l’incapacità di fornire una spiegazione credibile sulla provenienza di un bene è un indizio grave che può condurre a una condanna per ricettazione.

Quando si configura il reato di ricettazione?
Si configura quando è presente la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto. Tale consapevolezza può essere desunta anche da prove indirette e dal comportamento dell’imputato, non essendo necessaria la conoscenza precisa del reato presupposto.

Cosa si intende per ricettazione dolo eventuale?
Si intende la situazione in cui l’agente, pur non avendo la certezza assoluta, si rappresenta la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e accetta consapevolmente il rischio che ciò sia vero, procedendo comunque all’acquisto o alla ricezione.

Qual è la differenza tra ricettazione e incauto acquisto?
La ricettazione (art. 648 c.p.) richiede il dolo, anche in forma eventuale, ovvero la consapevole accettazione del rischio della provenienza illecita. L’incauto acquisto (art. 712 c.p.) è una contravvenzione meno grave che connota una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza di cose che destano sospetto, senza un’accettazione cosciente del rischio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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