Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22230 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22230 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Salerno il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Battipaglia il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di Appello di Salerno del 28.11.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità di entrambi i ricorsi;
uditi gli AVV_NOTAIO, in difesa di NOME COGNOME, e NOME COGNOME, in difesa di NOME COGNOME, che hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Salerno ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di quella stessa città, in data 16.12.2022, aveva riconosciuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili dei fatti di ricettazione di cui al capo A (i questi termini riqualificandoli rispetto alla originaria contestazione di riciclaggio) dei fatti di falso in certificazione di cui al capo B) (anche in tal caso riqualifican rispetto alla originaria contestazione) per cui, esclusa la recidiva contestata al primo, ritenuto il vincolo della continuazione tra le diverse violazioni di legge, aveva condannati alla pena complessiva di anni 3 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorrono per cassazione sia il COGNOME che l’COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia deducendo:
2.1 l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME:
2.1.1 violazione di legge con riferimento alla fattispec:ie di ricettazione d cui al capo A) dell’imputazione: rileva che la Corte d’appello ha errato nel ritenere la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di ricettazione per avere COGNOME acquistato la Jeep Renegade dall’COGNOME senza tener conto della struttura del reato che suppone la consapevolezza della provenienza delittuosa del bene; segnala che la Corte, pur dando atto della plausibilità della giustificazione offerta dall’imputato, ha ignorato gli elementi deponenti per la sua buona fede assumendo che egli avrebbe dovuto comportarsi con maggiore accortezza finendo in tal modo per evocare un profilo colposo;
2.1.2 violazione di legge con riferimento alla sussistenza della fattispecie di ricettazione di cui al capo B): rileva che la ricettazione della documentazione amministrativa dell’autovettura è stata fatta derivare da quella del veicolo e ribadisce la impossibilità di ricondurre il dolo al difetto di diligenza fondato giudici di merito sull’attività svolta dall’imputato e sul suo precedente penale; aggiunge che la responsabilità per il delitto di ricettazione sconta la mancata responsabilità del ricorrente per il delitto “presupposto” sussistendo, peraltro, un concorso apparente di norme tra quella incriminatrice del delitto in esame e quella di cui all’art. 489 cod. pen.;
2.1.3 violazione di legge con riferimento alla sussistenza della fattispecie di uso di atto falso di cui al capo B): segnala che la Corte, replicando anche in tal caso le considerazioni del Tribunale, ha sostenuto, erroneamente, l’uso di atto falso al di fuori del perimetro di operatività della fattispecie;
2.1.4 violazione di legge per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione:
rileva la contraddittorietà e la manifesta illogicità del percorso argomentativo della Corte territoriale che, partendo dalla affermazione di una maggiore cautela che avrebbe dovuto informare la condotta del ricorrente è passata a ritenere sussistente una situazione che avrebbe dovuto indurlo al sospetto finendo, quindi, per affermare la sua perfetta consapevolezza della illecita provenienza dell’auto;
osserva che la conformazione della targa come la alterazione del telaio non sono state giudicate dalla Corte territoriale tali da poter fondare una diagnosi positiva sulla sussistenza dell’elemento psicologico, che è stato affermato, invece, per la documentazione relativa al passaggio di proprietà curato da un’agenzia di Vibo Valentia e per il pagamento avvenuto in contanti; aggiunge che la valutazione di (in)congruità del prezzo era stata smentita dai testi e che il COGNOME era stato considerato un esperto commerciante in forza di elementi del tutto insussistenti; denunzia, ancora, la circolarità della motivazione secondo cui il ricorrente avrebbe dovuto essere perfettamente a conoscenza della disciplina in materia di trasferimento di proprietà di autovetture finendo, poi, per equiparare tale presunzione alla consapevolezza della illecita provenienza della certificazione amministrativa;
2.1.5 violazione di legge per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla dosimetria sanzionatoria: richiama la motivazione con cui la Corte d’appello ha escluso la sussistenza di elementi positivamente valutabili per addivenire ad un ridimensionamento della pena, segnalando come fosse emersa la piena ed immediata collaborazione fornita dal ricorrente agli investigatori, la sostanziale conferma della sua ricostruzione dei fatti e la sua pacifica estraneità alle vicende processuali evocate dalla Corte d’appello;
2.2 l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME:
2.2.1 mancanza o manifesta illogicità della motivazione: richiama le considerazioni della Corte d’appello circa le dichiarazioni rese dal coimputato da valutare secondo il parametro imposto dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. e quelle relative alla attendibilità ed all’interesse dei testi legati da amicizia c COGNOME; aggiunge che i giudici di merito hanno dato rilievo al riscontro consistente nell’asseritannente frettoloso trasferimento dell’attività dell’COGNOME e della s residenza derivante, tutt4var, da una lettura parziale della deposizione dell’Ispettore COGNOME il quale aveva spiegato di non aver proceduto ad alcun
approfondimento investigativo in difetto di delega dovendosi prendere atto che non era stato possibile accertare dove il ricorrente si fosse trasferito, la ditta a collegabile, con il che la conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito finiscono con il risolversi in una mera congettura;
3. la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità dei ricorsi: rileva che il provvedimento ha evidenziato le responsabilità dei ricorrenti oltre ogni ragionevole dubbio saldando in maniera logica e congrua le fonti di prova in atti; aggiunge che i ricorsi, a tratti, scendono palesemente nel merito, proponendo un’interpretazione alternativa dei fatti; rileva, ancora, per il solo COGNOME, che sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata anche con riguardo al trattamento sanzionatorio, per la cui quantificazione è stato fatto corretto uso dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati tratti a giudizio e sono stati riconosciuti responsabili, nei due gradi di merito, del delitto di ricettazione ( questi termini riqualificata la originaria imputazione di riciclaggio) il primo qua utilizzatore ed intestatario e, il secondo, cedente l’autovettura Jeep Renegade risultata provento di furto consumato a Napoli il data 29.9.2016 cui era stata sostituita la targa originaria, TARGA_VEICOLO, con quella TARGA_VEICOLO, costituente un “clone” di quella relativa alla vettura del medesimo tipo di proprietà di NOME COGNOME il cui numero di telaio era stato del pari stampigliato sul veicolo di provenienza delittuosa; gli imputati erano stati inoltre riconosciuti responsabili del delitto di all’art. 489 cod. pen. per avere utilizzato la carta di circolazione serie NUMERO_DOCUMENTO, risultata di provenienza delittuosa in quanto provento di furto commesso da ignoti in Enna in data 3.6.2014 e che era stata compilata con i dati della Jeep Renegade di proprietà di COGNOME NOME onde permettere il passaggio di proprietà del veicolo.
In definitiva, secondo la ricostruzione (peraltro incontroversa) restituita dalle due sentenze di merito, la vettura rubata a Napoli in data 20.9.2016 era stata modificata in modo da farne un “clone” di quella di proprietà di NOME COGNOME e poi venduta, a nome di costui, a COGNOME.
Ed infatti, come pure si ricava dalla lettura delle sentenze, l’indagine era nata proprio da una denuncia di NOME COGNOME il quale aveva fatto presente che gli era stato notificato un verbale di contravvenzione per una violazione
stradale che non aveva mai commesso; era pertanto emerso che una Jeep Renegade simile a quella di proprietà del denunciante e munita della stessa targa era stata sequestrata dalla Polizia Stradale perché provento di furto; la vettura era munita di carta di circolazione identica a quella della vettura del COGNOME e recava al suo interno la copia del documento di identità di costui.
Sia la carta di identità che la carta di circolazione erano stati falsificati: particolare la carta di circolazione era risultata provento di furto in bianco in dat 8.8.2014 presso la Motorizzazione Civile di Enna.
Era altresì emerso che la targa non era conforme agli standard previsti sicché erano stati eseguiti degli accertamenti più approfonditi dai quali era risultato che anche i numeri impressi sul telaio non erano perfettamente allineati e non vi era corrispondenza con quello del motore che era invece abbinato ad un’altra Jeep Renegade, immatricolata con una targa differente, intestata ad una società di leasing di Bolzano ed in uso a tale COGNOME NOME che, il giorno 21.9.2016, ne aveva denunziato il furto al Commissariati di PS di Posillipo.
Ulteriori accertamenti tecnici avevano permesso di verificare che il numero di telaio originario della vettura sequestrata corrispondeva proprio alla Jeep oggetto del furto.
1. Il Tribunale, dopo aver ricostruito i fatti, aveva spiegato che il COGNOME aveva riferito di avere acquistato la vettura da NOME COGNOME il quale, due giorn dopo il sequestro, aveva chiuso la sua attività di riparazione e vendita di veicoli; aveva richiamato le dichiarazioni rese dai testi della difesa, i quali avevano confermato che il COGNOME aveva acquistato da COGNOME una Fiat 500 che gli aveva dato problemi e che aveva sostituito con la Jeep Renegade corrispondendo una differenza in denaro pagata ratealmente.
Sulla scorta di tali elementi, il primo giudice aveva riconosciuto entrambi responsabili del delitto di ricettazione oltre che di quello di uso di atto fal ritenendo che fosse stata acquisita la prova della consapevolezza della provenienza delittuosa del veicolo munito di un documento sostitutivo della carta di circolazione attestante la pendenza della pratica di trasferimento di proprietà da tale NOME COGNOME a COGNOME; aveva sottolineato come l’alterazione del numero di telaio fosse evidente così come la difformità della targa; aveva dato rilievo anche al fatto che il veicolo era stato pagato in contanti dal COGNOME il quale aveva giustificato tutte le anomalie concernenti le modalità di acquisto del veicolo con la fiducia riposta nell’COGNOME, giudicata tuttavia non coerente con la personalit dell’imputato, di professione commerciante e pertanto persona esperta ed avveduta.
Quanto all’COGNOME, il Tribunale aveva preso atto che l’imputato non aveva fornito alcuna spiegazione ed aveva cessato l’attività non appena intervenuto il sequestro.
La Corte d’appello ha confermato il giudizio di responsabilità per entrambi gli imputati.
2.1 II ricorso del COGNOME.
2.2.1 I giudici del gravame di merito hanno osservato, quanto alla posizione del COGNOME, che né la conformazione della targa (non difforme dal modello originale in modo tale da essere riconosciuta come falsa da una persona di media diligenza) né quella del telaio (che nessuno di fatto controlla) erano elementi indicativi della consapevolezza della provenienza delittuosa del veicolo; ha dato invece ed a tal fine rilievo alla documentazione sul passaggio di proprietà del veicolo che sarebbe stata curata da un’agenzia di Vibo Valentia con la mediazione di tale COGNOME, senza alcun riferimento all’COGNOME, oltre che al pagamento del prezzo avvenuto in contanti.
Hanno sostenuto che nel caso di specie gli elementi suindicati sarebbero idonei a fondare una diagnosi di dolo diretto laddove, tuttavia, è pur sempre utile ribadire che l’elemento psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in presenza di circostanze tali da giustificare la rappresentazione, da parte dell’agente, della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio (cfr., in tal senso, g Sez. U, Sentenza n. 12433 del 26/11/2009, dep. 30/03/2010, COGNOME, Rv. 246324 – 01, in cui la Corte ha precisato che, rispetto alla ricettazione, il dol eventuale è ravvisabile quando l’agente, rappresentandosi l’eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuto la certezza).
Non è nemmeno inutile rimarcare quale sia, da questo punto di vista, il confine tra il dolo eventuale, per l’appunto ravvisabile, nel delitto di ricettazion quando l’agente ha consapevolmente accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita provenienza, e l’atteggiamento soggettivo che invece connota la contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen. non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr. Rv. 270179 – 01):in definitiva, mentre l’atteggiamento soggettivo del delitto di ricettazione, nell forma del dolo eventuale, è quello di colui che, avendo concretamente avuto il sospetto della provenienza delittuosa del bene, non si sia però astenuto
dall’acquistarlo, quello “colposo” è tipico di colui che, per superficiali inavvedutezza, trascuratezza, non abbia colto quelle circostanze che avrebbero obiettivamente dovuto metterlo in allarme.
Tanto premesso, va ribadito, anche, che l’apprezzamento sulla idoneità delle circostanze del caso concreto a fondare un giudizio sulla sussistenza della consapevolezza della provenienza delittuosa della “res” rappresenta il frutto di una valutazione di merito che non è sindacabile in questa sede laddove adeguatamente e congruamente motivata.
Nel caso di specie, con riguardo alla posizione del COGNOME, nonostante i giudici di merito abbiano evocato, tra gli altri elementi, la “convenienza” del prezzo corrisposto dall’imputato senza dar conto della provenienza di siffatta informazione, si deve prendere atto della non manifesta illogicità della motivazione che ha ancorato l’esistenza dell’elemento soggettivo (e rilevanti quantomeno sotto il profilo della induzione del sospetto della provenienza del mezzo) sull’inesistenza di ogni riscontro circa l’acquisto del veicolo da parte dell’NOME, non risultando alcu contratto o proposta riportante, ad esempio, il prezzo concordato anche a fronte della (dedotta) permuta dell’altro veicolo.
Correttamente, perciò, la Corte territoriale ha potuto adeguarsi al consolidato orientamento seconde cui, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, Alotta, Rv. 268713 – 01 che, in motivazione, ha precisato che ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un “vulnus” alle guarentigie difensive, in quanto è la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indag sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della “res”, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa; conf., nello stesso senso, Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120 01; Sez. 2, n. 52271 del 10/11/2016, Agyemang, Rv. 268643 01; Sez. 1, n. 13599 del 13/03/2012, Ponnella, Rv. 252285 – 01).
2.1.2 I motivi articolati dalla difesa del COGNOME in ordine al delitto di all’art. 489 cod. pen. sono preclusi non avendo formato oggetto di censura in appello che aveva riguardato esclusivamente il delitto di ricettazione (cfr., pagg. 3-5 dell’atto di gravame).
2.1.3 Altrettanto dicasi per il motivo articolato in punto di trattamento sanzionatorio che, pure, non era stato attinto da alcuna considerazione difensiva con l’atto di appello.
2.2 Il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso di NOME COGNOME è fondato.
Dalla ricostruzione della vicenda restituita dalla lettura delle due sentenze di merito è pacifico che la figura del ricorrente aveva fatto ingresso nel processo esclusivamente in quanto evocata dal COGNOME, coindagato, il quale aveva “giustificato” la disponibilità del veicolo risultato provento di furto sostenendo d averlo acquistato proprio dall’COGNOME (in mancanza, si è pure detto, di ogni elemento documentale a sostegno di tale affermazione).
Nessun dubbio, quindi, sulla natura e sul regime di utilizzabilità delle dichiarazioni del COGNOME il quale, sempre assente nel processo, solo nella menzionata occasione (e, per quanto risulta, senza l’assistenza di un difensore e la formulazione degli avvisi di rito) aveva per l’appunto fatto il nome di colui da cui avrebbe ricevuto l’autovettura.
Si tratterebbe, pertanto, di dichiarazioni radicalmente inutilizzabili ovvero, comunque, inidonee, di per sé sole, a fondare un giudizio d responsabilità del coimputato.
La Corte d’appello, invero, non ha mancato di evidenziare quest’ultimo profilo segnalando che le dichiarazioni del COGNOME andavano riscontrate ai sensi dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. e, per altro verso, aggiungendo che che lo stesso si doveva ritenere quanto a quelle rese dai testi della difesa che “… lungi dall’essere pienamente terzi rispetto alla vicenda, potrebbero essere portatori di un concreto interesse a tirare fuori dai guai il loro amico” (cfr., pa 10).
Se non ché, una volta poste queste premesse metodologiche, i giudici del gravame di merito hanno giudicato valorizzabile la frettolosa chiusura dell’attività dell’NOME ed il suo trasferimento a Viterbo o a Benevento, avvenuti due giorni dopo l’avvenuto sequestro della vettura, circostanze che ha stimato come emblematiche del fatto che l’imputato “… decise in fretta e furia di allontanarsi da quei luoghi per tentare in qualche modo di cancellare le tracce di una attività che tutto lascia presupporre fosse ben più articolata” (cfr., pag. 11).
Ebbene, la difesa coglie nel segno laddove rileva la sostanziale insussistenza di elementi di conforto alla versione del COGNOME atteso che il
“frettoloso trasferimento” dell’imputato è circostanza che non trova risco alcuno negli elementi acquisiti al processo come puntualmente segnalato ne ricorso che, ai fini della autosufficienza, ha riportato la deposizione del test sentito sul punto.
Una volta esclusa la possibilità di corroborare le dichiarazi eteroaccusatorie rese dal COGNOME con la circostanza sopra richiamata, è evide che nessun rilievo poteva essere attribuito alla assenza, nei documenti relativ vettura, di “… qualsiasi riferimento all’COGNOME” (cfr., pag. 11 della risultando evidente frutto di ragionamento congetturale la conclusione secondo c questi “… fece transitare quella Jeep da COGNOME a COGNOME, passando per B Monchef, ricevendo un pagamento in contanti in maniera tale che non restasse alcuna traccia del suo intervento” (cfr., ivi).
La sentenza va dunque annullata con riguardo alla posizione dell’Aulis con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli.
Il rigetto del ricorso del COGNOME comporta la condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio pe nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli.
Rigetta il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12.4.2024