Ricettazione e Dolo Eventuale: La Cassazione Sottolinea l’Onere della Prova
L’acquisto o il possesso di beni di provenienza illecita è un tema delicato nel nostro ordinamento, spesso al centro di complesse valutazioni da parte dei giudici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di ricettazione dolo eventuale, chiarendo come la mancanza di spiegazioni plausibili da parte dell’imputato possa essere un elemento decisivo per la condanna. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di ricettazione. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due vizi principali nella sentenza di condanna. In primo luogo, contestava la motivazione riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero la consapevolezza della provenienza illecita del bene. In secondo luogo, lamentava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 648 del codice penale, in considerazione del modesto valore del bene.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica, coerente e giuridicamente corretta, sia nel configurare l’elemento psicologico del reato sia nell’escludere l’attenuante.
Le motivazioni: la sufficienza del Dolo Eventuale nella Ricettazione
Il punto centrale della decisione riguarda la prova del ricettazione dolo eventuale. La Cassazione ha ricordato il suo orientamento consolidato, secondo cui la consapevolezza della provenienza illecita del bene può essere desunta da qualsiasi elemento di fatto. In particolare, l’assenza di spiegazioni credibili e attendibili da parte dell’imputato sulla provenienza del bene posseduto è un fattore che il giudice può legittimamente valutare per ritenere provata la sua malafede.
In sostanza, non è necessario dimostrare che l’imputato avesse la certezza assoluta dell’origine delittuosa del bene; è sufficiente che egli si sia rappresentato la concreta possibilità di tale provenienza e ne abbia accettato il rischio. Questo atteggiamento psicologico integra, appunto, il dolo eventuale, che è sufficiente per la condanna per ricettazione.
Le motivazioni: il rigetto dell’attenuante
Anche la richiesta di applicazione della circostanza attenuante della particolare tenuità del fatto è stata respinta. La Corte ha confermato che la valutazione sulla tenuità del fatto deve essere basata, tra gli altri elementi, sul valore economico del bene ricettato. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente escluso l’attenuante proprio in considerazione del valore non trascurabile del bene, rendendo la motivazione su questo punto incensurabile in sede di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio di grande importanza pratica: chi viene trovato in possesso di beni di dubbia provenienza non può semplicemente trincerarsi dietro un ‘non sapevo’. L’ordinamento richiede un atteggiamento attivo e una giustificazione plausibile. L’incapacità di fornire adeguati chiarimenti espone al rischio concreto di una condanna per ricettazione, essendo tale silenzio o l’inverosimiglianza delle giustificazioni un elemento chiave per dimostrare, almeno nella forma del dolo eventuale, la consapevolezza dell’origine illecita della merce. La decisione, inoltre, conferma che la valutazione del valore del bene è cruciale per l’eventuale concessione di attenuanti, ancorando la risposta sanzionatoria a un criterio oggettivo.
Per quale motivo il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi presentati manifestamente infondati. La motivazione della sentenza di secondo grado è stata giudicata esente da vizi logici e corretta nell’applicazione dei principi giuridici.
In che modo si può provare il dolo eventuale nel reato di ricettazione?
Secondo la Corte, il dolo eventuale si può provare anche attraverso elementi indiretti, come la mancanza da parte dell’imputato di spiegazioni adeguate e credibili riguardo all’origine e al possesso del bene di provenienza illecita. L’accettazione del rischio che il bene potesse provenire da un delitto è sufficiente a integrare il reato.
Perché non è stata concessa la circostanza attenuante della particolare tenuità?
La circostanza attenuante non è stata concessa perché la sua applicazione dipende anche dal valore del bene ricettato. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che il valore del bene non fosse abbastanza esiguo da giustificare una diminuzione della pena, escludendo quindi la particolare tenuità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 136 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 136 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a PIEDIMONTE MATESE il 14/08/1976
avverso la sentenza del 17/01/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
Ritenuto che entrambi i motivi di ricorso, con cui si contesta un vizio di motivazione in ord alla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione e una violazione di legg mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 648, secondo comma (attuale quarto comma), cod. pen., risultano manifestamente infondati, in quanto con motivazione esente dai descritti vizi logici, il giudice di merito ha esplicitato le ragioni del suo convinci vedano le pagine 2 e 3) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici per ritenere integ anche sotto il profilo soggettivo il delitto di cui all’art. 648 cod. pen. (richiamando la esegesi di legittimità, in tema di sufficienza di adeguati chiarimenti da parte dell’imputat dolo eventuale) e per escludere la sua particolare tenuità, alla luce del valore del bene rice (richiamando il valore del bene);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 novembre 2023
Il Coriiere estensore
Il Presidente