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Ricettazione di assegno: non è cosa smarrita

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per un soggetto accusato di ricettazione di assegno. Il tribunale di primo grado aveva riqualificato il reato in appropriazione di cosa smarrita, ma la Suprema Corte ha chiarito che un assegno, avendo un titolare identificabile, non può essere considerato ‘cosa smarrita’. Pertanto, chi se ne impossessa commette furto e chi lo riceve successivamente risponde del reato di ricettazione. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione di Assegno Smarrito: Perché Non È Mai Appropriazione di Cose Smarrite

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19140 del 2024, offre un chiarimento fondamentale su un tema delicato: la differenza tra il reato di ricettazione di assegno e la meno grave ipotesi di appropriazione di cose smarrite. La decisione sottolinea un principio cardine: un assegno, così come una carta di credito, non può mai essere considerato una semplice ‘cosa smarrita’ a causa della sua intrinseca capacità di identificare il legittimo proprietario. Questa pronuncia ribalta una decisione di primo grado, riaffermando la gravità della condotta di chi entra in possesso e utilizza tali titoli.

Il Caso: Dall’Assoluzione in Primo Grado al Ricorso in Cassazione

Il Tribunale di Reggio Calabria aveva assolto un imputato dall’accusa di ricettazione (art. 648 c.p.) per aver negoziato un assegno non suo. I giudici di primo grado avevano riqualificato il fatto in appropriazione di cose smarrite (art. 647 c.p.), concludendo poi che il fatto non costituiva reato. In pratica, secondo il Tribunale, l’imputato si era semplicemente ‘appropriato’ di un oggetto che qualcun altro aveva perso.

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto un ricorso diretto in Cassazione (il cosiddetto ricorso per saltum), sostenendo un’interpretazione della legge radicalmente diversa. Secondo l’accusa, un assegno non perde mai i segni esteriori del legittimo possesso altrui. Di conseguenza, chi lo trova e non lo restituisce commette furto, e chi lo riceve da quest’ultimo, sapendone la provenienza illecita, commette il più grave reato di ricettazione.

La Ricettazione di Assegno Secondo la Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente la tesi del Pubblico Ministero, ritenendo il ricorso fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento consolidato: quando ci si impossessa di beni come assegni, carte di credito o altri documenti che conservano chiari ed intatti i segni di un legittimo proprietario, non si può parlare di smarrimento nel senso comune del termine.

La relazione materiale tra il titolare e la cosa può venire meno, ma il potere di fatto e di diritto sul bene non cessa. Colui che trova un assegno e se ne impossessa, invece di provvedere alla sua restituzione, commette il reato di furto. Di conseguenza, la successiva circolazione del titolo e la sua ricezione da parte di terzi integrano pienamente la fattispecie della ricettazione, a condizione che vi sia la consapevolezza dell’origine illecita del bene.

La Procedura del Ricorso per Saltum

La sentenza chiarisce anche un importante aspetto processuale. Il ricorso per saltum permette di impugnare direttamente in Cassazione una sentenza di primo grado, ma solo per violazioni di legge. Quando la Cassazione annulla la sentenza, come in questo caso, non decide nel merito, ma rinvia gli atti al giudice competente per l’appello. La ratio di questa norma è quella di accelerare il processo, evitando la dispersione dell’effetto sollecitatorio dell’impugnazione, ma garantendo al contempo che non venga saltato un grado di giudizio di merito.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione risiede nella natura stessa dell’assegno. A differenza di una banconota o di un oggetto anonimo, un assegno riporta l’indicazione del titolare del conto e spesso del beneficiario. Questi elementi costituiscono una prova inequivocabile del possesso altrui. La perdita materiale del titolo non equivale alla perdita del diritto su di esso. Ignorare questi elementi e appropriarsi del titolo è un atto doloso che la legge qualifica come furto.

La Corte ha specificato che, nel caso in esame, l’imputato aveva negoziato l’assegno con modalità che rendevano evidente la sua consapevolezza dell’origine illecita (il dolo richiesto dall’art. 648 c.p.), ad esempio fornendo false circostanze sulla sua provenienza. Pertanto, la decisione del Tribunale di riqualificare il fatto è stata considerata un errore di diritto, che ha portato all’annullamento della sentenza di assoluzione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma un principio di grande importanza pratica: la massima cautela è d’obbligo nel maneggiare titoli di credito o documenti di pagamento smarriti. La pronuncia della Cassazione serve da monito: entrare in possesso di un assegno che non ci appartiene e tentare di utilizzarlo non è una leggerezza, ma integra una catena di reati che parte dal furto e arriva alla ricettazione di assegno. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: chi trova un assegno ha il dovere di attivarsi per la sua restituzione. Per gli operatori del diritto, la sentenza consolida l’interpretazione rigorosa della legge in materia, impedendo declassamenti ingiustificati di condotte penalmente molto gravi.

Chi trova un assegno smarrito e lo usa commette reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, impossessarsi di un assegno con un titolare identificabile e non restituirlo costituisce il reato di furto. Di conseguenza, chi lo riceve e lo utilizza sapendo che è stato smarrito, commette il reato di ricettazione.

Qual è la differenza legale tra un oggetto smarrito e un assegno smarrito?
La differenza fondamentale sta nella possibilità di identificare il proprietario. Mentre per un oggetto generico (es. una sciarpa) il proprietario potrebbe non essere rintracciabile, un assegno contiene dati chiari che ne identificano il titolare. Questo legame giuridico non si interrompe con lo smarrimento, quindi appropriarsene è considerato furto e non semplice appropriazione di cosa smarrita.

Cosa accade se la Cassazione annulla una sentenza dopo un ‘ricorso per saltum’?
Quando la Corte di Cassazione accoglie un ‘ricorso per saltum’ e annulla la sentenza di primo grado, non emette una decisione finale sul caso. Invece, rinvia il procedimento al giudice che sarebbe stato competente per l’appello (la Corte d’Appello), il quale dovrà celebrare un nuovo processo attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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