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Ricettazione di assegni: il fatto non è mai lieve

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per ricettazione di assegni in bianco, rigettando il ricorso dell’imputato. La Corte ha stabilito che la ricettazione di assegni, data la loro potenziale utilizzabilità in ulteriori reati, non può essere considerata un fatto di particolare tenuità ai sensi dell’art. 131-bis c.p., anche se gli importi non sono elevatissimi. Inoltre, ha confermato la correttezza della quantificazione della pena.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione di assegni: perché non è un reato ‘lieve’

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sul tema della ricettazione di assegni in bianco, confermando un orientamento rigoroso. Il caso analizzato offre spunti importanti per comprendere perché tale condotta non possa beneficiare della causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’, anche a fronte di importi apparentemente modesti. Analizziamo insieme la decisione per capirne la portata.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine con la condanna di un uomo da parte del Tribunale per il reato di ricettazione di tre assegni bancari, di proprietà di un’altra persona. La pena inflitta in primo grado era di due anni di reclusione e 400 euro di multa. La Corte d’Appello confermava integralmente la sentenza.

Contro la decisione di secondo grado, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a tre principali motivi di contestazione: un vizio procedurale legato alla sua assenza in giudizio, l’errata esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, infine, un’eccessiva quantificazione della pena.

I Motivi del Ricorso

L’imputato ha basato la sua difesa su tre argomentazioni principali:

1. Vizio Procedurale: Si lamentava l’applicazione delle nuove norme procedurali (c.d. Riforma Cartabia) relative all’imputato assente, sostenendo che si sarebbe dovuto applicare il regime precedente, che prevedeva la sospensione del processo.
2. Particolare Tenuità del Fatto (art. 131-bis c.p.): Secondo la difesa, il fatto era di lieve entità. L’imputato era incensurato, gli importi degli assegni (€ 935,00, € 965,00 e € 415,00) erano contenuti e la persona offesa non si era costituita parte civile, né aveva subito sanzioni amministrative o bancarie grazie alla tempestiva denuncia di smarrimento.
3. Quantificazione della Pena (art. 133 c.p.): Si contestava la pena base, ritenuta troppo elevata rispetto al minimo edittale, senza una adeguata motivazione sulla gravità del danno e senza considerare il comportamento collaborativo tenuto dall’imputato.

La Decisione della Cassazione sulla ricettazione di assegni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le doglianze della difesa. Vediamo nel dettaglio le ragioni di questa decisione.

La questione procedurale

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che le norme invocate dal ricorrente relative al processo in assenza si applicavano al giudizio di primo grado, non a quello d’appello. Per quest’ultimo, la notifica al difensore era stata correttamente eseguita secondo la disciplina all’epoca vigente.

L’esclusione della particolare tenuità del fatto

Questo è il cuore della sentenza. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: nel caso di ricettazione di assegni o altri documenti di identità in bianco, non è possibile configurare l’attenuante della particolare tenuità del fatto. La gravità del reato, infatti, non va misurata sul valore intrinseco del modulo cartaceo, bensì sulla sua enorme potenziale offensività.

Un assegno in bianco è uno strumento che può essere utilizzato per commettere una serie indeterminata di altri reati, come la truffa. Il valore da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non quantificabile a priori, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità criminale. Di conseguenza, l’offesa non può mai ritenersi ‘tenue’.

La quantificazione della pena

Anche il terzo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La pena base inflitta, pari a tre anni, era ben al di sotto della media edittale per il reato di ricettazione (pari a cinque anni). In questi casi, non è richiesta una motivazione analitica, essendo sufficiente il richiamo a criteri generali come la gravità del fatto e del danno cagionato, come correttamente fatto dalla Corte d’Appello.

Le motivazioni

La motivazione centrale della Corte di Cassazione si fonda sulla pericolosità intrinseca dei beni ricettati. A differenza di un bene con un valore economico definito, un assegno in bianco rappresenta un ‘passepartout’ per attività illecite future. Il danno potenziale è elevato e non circoscritto agli importi poi effettivamente negoziati. La Corte ha sottolineato che il bene giuridico tutelato dalla norma sulla ricettazione è l’amministrazione della giustizia e l’ordine patrimoniale, entrambi messi a serio rischio dalla circolazione di titoli di credito di provenienza illecita. L’esclusione della particolare tenuità del fatto si giustifica quindi con la necessità di prevenire la commissione di ulteriori reati, interrompendo la catena criminale che inizia con il furto o lo smarrimento del carnet di assegni.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio: la ricettazione di assegni è considerata dal nostro ordinamento un reato di notevole gravità. Le conclusioni pratiche sono chiare: chi viene trovato in possesso di assegni di provenienza illecita non può sperare di cavarsela invocando la ‘lieve entità’ del fatto, neppure se gli importi sono bassi o se la vittima non ha subito un danno economico diretto. La decisione serve da monito, evidenziando come la giustizia penale valuti non solo il danno immediato, ma anche e soprattutto il pericolo che determinate condotte rappresentano per la sicurezza e l’ordine economico.

La ricettazione di assegni in bianco può essere considerata un reato di ‘particolare tenuità’?
No, la Cassazione ha stabilito che la potenziale utilizzabilità degli assegni per commettere ulteriori reati (come la frode) rende il fatto intrinsecamente grave, escludendo l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. perché il pericolo creato è significativo.

Come si valuta il danno nella ricettazione di assegni in bianco?
Il danno non si limita al valore materiale dello stampato, ma include il valore, non determinabile a priori, derivante dalla sua potenziale e pericolosa utilizzabilità per commettere altri reati.

Il giudice deve motivare in modo dettagliato una pena vicina al minimo di legge?
No, la giurisprudenza costante afferma che per pene vicine al minimo o medie, è sufficiente un richiamo a criteri generali come la gravità del fatto. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo per pene di gran lunga superiori alla media edittale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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