Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22267 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22267 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/03/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 2570/2025
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il 07/10/1972 avverso la sentenza del 08/01/2025 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 co. 1 bis e ss. C.p.p.
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza pronunziata il 22 settembre 2023 dal Tribunale di Milano, che ha affermato la responsabilità di NOME COGNOME in ordine al delitto di ricettazione della somma di 700.000 euro di provenienza illecita, suddivisa in 38 mazzette di banconote, che deteneva in un doppio fondo ricavato all’interno dell’autovettura su cui viaggiava.
2.Avverso detta sentenza propone ricorso l’imputato deducendo:
2.1 Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità in ordine alla mancata concessione della parola al codifensore, avv. NOME COGNOME COGNOME per la discussione finale, a causa dell’immediato ritiro in camera di consiglio da parte del giudice di primo grado dopo l’intervento del primo difensore, avv. NOME COGNOME e vizio di motivazione sul rigetto dell’eccezione sollevata, poichØ la sentenza impugnata ha osservato che ove l’avvocato COGNOME avesse voluto prendere la parola dopo il collega, avrebbe assunto l’iniziativa e l’eventuale fraintendimento con il giudice non Ł tale da integrare una situazione che cagiona la nullità, poichØ il vizio processuale avrebbe dovuto essere immediatamente eccepito dal soggetto leso e non sarebbe stato piø deducibile dopo la pronunzia della sentenza.
Osserva il difensore che il giudice avrebbe dovuto dare la parola al secondo difensore presente, mentre invece subito dopo la discussione del primo difensore si era ritirato in camera di consiglio sebbene il secondo difensore non avesse rinunziato al proprio intervento. In questo modo si Ł verificata una nullità di ordine generale disciplinata dall’art. 180 cod.proc.pen.e l’eccezione proposta in appello doveva ritenersi tempestiva in quanto la violazione dell’art. 523 comma 1 cod.proc.pen. comporta una nullità di ordine generale che può essere eccepita entro la sentenza di appello e non risulta in alcun modo sanata da tacita o esplicita rinunzia, non essendo pertinente il richiamo all’art. 182 comma 2 cod.proc.pen. .
2.2 Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di
ricettazione, in ragione dell’inidoneità degli argomenti a sostegno della colpevolezza del ricorrente e dell’origine illecita dell’intero importo rinvenuto e sequestrato.
La Corte d’appello non ha considerato plausibile l’assunto difensivo secondo cui la somma di denaro occultata nel vano nascosto del veicolo nella disponibilità dell’imputato Ł frutto dei risparmi del ricorrente e dei suoi stretti congiunti, la madre e la nonna, in ragione del rifiuto di servirsi del sistema bancario e del tenore di vita assolutamente spartano dallo stesso tenuto , secondo quanto dimostrato dalla consulenza tecnica di parte, ma questo giudizio si fonda su mere congetture e non su massime di esperienza.
Inoltre al fine di ritenere la provenienza illecita dell’importo sono state valorizzate la quantità e la modalità di custodia della sommae non si Ł considerato che, in assenza di prova certa sulla provenienza illecita, la stessa non può essere attribuita all’intera somma rinvenuta e avrebbe dovuto almeno in parte essere riconosciuta la liceità della provvista.
2.3 Vizio di motivazione in ordine alla prova della provenienza delittuosa del denaro oggetto della presunta ricettazione e violazione dell’art. 522 cod.proc.pen. in quanto, a fronte di un capo di imputazione che considerava il denaro oggetto di paventata ricettazione di sicura provenienza illecita, la sentenza impugnata lo ha ritenuto provento di narcotraffico, senza alcuna prova al riguardo e in contrasto con l’imputazione.
La Corte di appello, in un primo momento, ha valorizzato un orientamento non pacifico della giurisprudenza di legittimità, secondo cui per affermare la responsabilità del delitto ricettazione non Ł necessario individuare con certezza gli estremi del delitto presupposto, ma Ł sufficiente fare ricorso a prove logiche chedimostrino la sussistenza di un qualche reato; in un passaggio successivo della motivazione, ha valorizzato il tenore del certificato del DAP acquisito agli atti da cui emerge che l’imputato risulta attinto da un duplice titolo cautelare custodiale per concorso in produzione e traffico di sostanze stupefacenti, così violando la presunzione di non colpevolezza, in assenza di un qualsivoglia approfondimento sulla vicenda posta a sostegno del titolo cautelare.
Osserva il ricorrente che non si può contestare nell’imputazione una generica provenienza illecita del denaro sequestrato e poi ricondurla, all’esito del dibattimento, ad una matrice specifica connessa al traffico di stupefacenti, non oggetto di contestazione, poichØ ciò integra violazione dell’art. 522 cod.proc.pen. . Inoltre non Ł logicamente corretto sotto il profilo probatorio valorizzare eventi successivi alla vicenda per cui Ł processo per dimostrare il reato presupposto, a dispetto della presunzione di innocenza.
2.4 Violazione di norme processuali ex art. 606 lett. c cod.proc.pen. in quanto la Corte ha utilizzato a fini probatori il tenore del certificato del DAP di COGNOME acquisito agli atti per la corretta instaurazione del contraddittorio nel presente giudizio, da cui emerge che l’imputato Ł attinto sin da aprile 2023 da un duplice titolo cautelare custodiale per concorso in produzione a traffico di sostanza stupefacente, e ne ha desunto che la causale dell’occultamento del trasporto del denaro Ł riconducibile a legami non occasionali intrattenuti dall’imputato con ambienti legati al traffico di stupefacenti.
Lamenta il ricorrente che per dimostrare un elemento essenziale del reato di ricettazione, il delitto presupposto, viene utilizzato un atto che Ł estraneo agli atti previsti dall’art. 442 comma 1 bis cod.proc.pen., acquisito senza rinnovazione parziale dell’istruttoria e senza preventiva informazione della difesa, così integrando la motivazione a sostegno della colpevolezza in violazione del principio secondo cui nel giudizio abbreviato l’utilizzabilità della prova va raccordata a quanto desumibile dall’art. 442 comma 1 bis cod.proc.pen.,trattandosi di un giudizio a prova contratta.
Il compendio probatorio acquisito Ł suscettibile di integrazione, ma rispettando trasparenza e regole e non attraverso un’apparizione all’interno della motivazione della sentenza di appello. Il provvedimento impugnato utilizza il certificato del DAP come elemento basilare per fornire la prova
del reato presupposto, sicchŁ l’eliminazione di questo elemento renderebbe l’argomentazione a sostegno della responsabilità penale dell’imputato monca.
2.5 Violazione di legge e vizio di motivazione per aver escluso apoditticamente l’eventuale concorso in un ipotetico reato presupposto e per avere ravvisato in base a mera presunzione la sussistenza del dolo specifico del reato di ricettazione e avere escluso l’ipotesi meno grave di ricettazione prevista dal secondo comma dell’articolo 648 cod.pen. .
La sentenza impugnata afferma che nel radicale ostinato silenzio mantenuto dall’interessato non vi Ł spazio per ritenere l’imputato coinvolto nel delitto presupposto all’origine della provvista. La Corte di Appello con un immotivato salto logico esclude Cricelli dal concorso nel reato presupposto e lo trasforma in presunto ricettatore di denaro proveniente da narcotraffico e, nel contempo, esclude l’ipotesi meno grave della ricettazione descritta dal secondo comma dell’articolo 648 cod.pen. mentre non può escludersi che il denaro sia provento di un reato contravvenzionale.
Il ricorrente richiama al riguardo il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità in dubio pro reo in forza del quale, quando non sia possibile affermare che la condotta dell’agente rientri nell’ambito di una delle ipotesi piø gravi, deve essere ravvisata l’ipotesi meno grave.
2.6 Violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza non si sofferma sulla possibilità di ricorrere, in mancanza di individuazione della tipologia del delitto presupposto, all’apertura di un procedimento per la misura di prevenzione patrimoniale e sulla possibilità, in assenza di prova del dolo specifico di ricettazione, di derubricare il fatto nell’ipotesi di favoreggiamento reale o di trasferimento fraudolento di valori.
La Corte di merito non ha fornito alcuna argomentazione in ordine alla possibilità prospettata con i motivi di appello di ritenere piuttosto, stante l’assenza di prova del delitto presupposto, la sussistenza di elementi per prosciogliere l’imputato dall’accusa penale e dare inizio ad un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione .
Osserva il ricorrente che a fronte di un quadro indiziario del tutto carente si Ł preferita una qualificazione giuridica della condotta punita piø severamente, mentre avrebbe dovuto essere riconosciuta la fattispecie meno grave .
2.7 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’applicazione della confisca su tutto il denaro rinvenuto nel veicolo condotto da COGNOME e sottoposto a sequestro poichØ dall’attribuzionealla somma di denaro detenuta dall’imputato di una provenienza illecitaemerge la conseguenza della confisca di tutta la somma, nonostante COGNOME abbia fornito riscontro documentale dell’assunto difensivo secondo cui il denaro sarebbe provento dei risparmi suoi, della madre e della nonna, non collocati in banca.
La motivazione della sentenza impugnata sul quantum oggetto di confisca Ł decisamente apodittica perchØ la presunzione su cui si basa non ha la forza logica di escludere che almeno una parte dell’importo sia di provenienza lecita.
2.8 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, nonchØ al trattamento sanzionatorio.
2.9 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle sanzioni sostitutive per assenza di procura speciale rilasciata ai difensori e per presunta incompatibilità del lavoro di pubblica utilità con la condizione cautelare a cui per altri procedimenti l’imputato sarebbe sottoposto.
Osserva il ricorrente che l’attuale testo dell’art. 545 bis cod.proc.pen. già in vigore all’epoca della pronunzia della sentenza di appello, non prevede piø la procura speciale come presupposto necessario per avanzare la richiesta di sanzioni sostitutive, sicchØ il giudice avrebbe avuto il potere di disporle, a prescindere da tale procura; in ogni caso rileva che la procura speciale era stata conferita in occasione dell’ammissione al giudizio abbreviato e comunque la stessa era richiesta soltanto per esprimere il consenso in luogo dell’imputato alla proposta del giudice che dopo la lettura del dispositivo avrebbe dovuto rappresentare alle parti la sussistenza delle condizioni per applicare
la sanzione sostitutiva. Nel caso in esame, invece, non vi Ł stato alcun avviso alla parte ex art. 545 bis cod.proc.pen..
Sotto altro profilo, va rilevato che la giurisprudenza della Cassazione ha stabilito la piena applicabilità delle disposizioni piø favorevoli quando la richiesta di sanzioni sostitutive, giustificata dall’intervento di lex mitior dopo il giudizio di primo grado e la proposizione dell’appello, sia stata formulata solo in sede di discussione.
La Corte inoltre ha motivato il diniego valorizzando l’assenza di documentazione relativa alla disponibilità dell’imputato a sottoporsi all’impegno del lavoro di pubblica utilità sostitutivo, ma l’art. 545 bis cod.proc.pen. affida l’acquisizione del consenso ad una fase successiva.
Anche la pretesa incompatibilità del lavoro di pubblica utilità sostitutivo con la concomitante condizione cautelare propone un argomento infondato e contra legem, poichØ non vi Ł alcuna certezza che la condizione cautelare permanga allorquando dovrà essere eseguita la sanzione sostitutiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile in quanto le censure formulate con il ricorso sono perlopiø una mera reiterazione di quelle dedotte con i motivi di appello e non sono consentite, poichØ non prendono in considerazione le motivazioni rese dalla Corte e reiterano il contenuto del gravame, invocando una diversa ricostruzione nel merito del compendio probatorio acquisito.
va ribadito in questa sede che sono infatti inammissibili i motivi di ricorso che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al piø con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difetti di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtø delle quali i motivi di appello non sono stati stati accogliente. (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01)
1.1 La prima censura di natura processuale Ł manifestamente infondata poichØ, come correttamente osservato dalla Corte di appello, la violazione della prerogativa difensiva realizzata in presenza del difensore avrebbe dovuto essere eccepita immediatamente da parte dell’interessato, che non aveva avuto la parola, restando altrimenti perenta ex art. 182 comma 2 cod.proc.pen., considerato che i termini per eccepire le nullità sono sempre previsti a pena di decadenza.
1.2 La seconda e la terza censura sono strettamente connesse e si riferiscono, sotto profili diversi, alle argomentazioni utilizzate dalla Corte di appello per dimostrare la provenienza illecita delle somme rinvenute nell’ottobre 2021 nella disponibilità del COGNOME.
Giova premettere che la giurisprudenza di legittimità non soltanto in sede cautelare ma anche in sede di giudizio di merito ed accertamento di responsabilità ha affermato con piø pronunce che integra il delitto di ricettazione la condotta di chi sia sorpreso nel possesso di una rilevante somma di denaro, di cui non sia in grado di fornire plausibile giustificazione, qualora, per il luogo e le modalità di occultamento della stessa, possa, anche in considerazione dei limiti normativi alla proiezione di contante, sene la provenienza ille ritenuta (Sez. 2, n. 43532 del 19/11/2021, Rv. 282308 – 01; Sez. 2, n. 16012 del 14/03/2023, Rv. 284522 – 01; Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, Rv. 251028-01).
Recentemente Ł stato tuttavia precisato che in caso di rinvenimento di rilevanti somme di denaro contante o di beni preziosi prive di giustificazione, la prova dei delitti di ricettazione e riciclaggio non può fondarsi esclusivamente sulle particolari modalità di occultamento del contante, significative della volontà di occultarlo, e dell’assenza di redditi leciti ma, occorre la presenza di ulteriori elementi significativi della certa provenienza da delitto e ciò proprio per scongiurare il pericolo di comprimere il diritto di proprietà.
Nel caso in esame la Corte ha fatto corretta applicazione di questa giurisprudenza valorizzando alcuni inequivoci elementi di fatto desumibili dal fascicolo processuale:
l’ingente importo della somma detenuta in contanti, 700.000 euro suddivisi in 38 mazzette, e
le modalità di occultamento della stessa, che era custodita all’interno di un doppio fondo costruito ad hoc , nel quale il cane addestrato rinveniva odore di sostanze stupefacenti;
-l’atteggiamento preoccupato e agitato dell’imputato al momento del controllo;
la disponibilità di un telefono Iphone del tipo criptato, del quale siva di fornire il pin, e della somma di altri 20.000, occultati separatamente nella plancia dell’auto, di cui ammetteva rifiutava la custodia;
-l’assenza di giustificazioni in merito al trasporto e alla destinazione di di racconto somma da parte dell’imputato, il quale fermato sulla tangenziale di Milano sosteneva di essere di ritorno da un viaggio in Calabria con tappa in Campania e, una volta rinvenuta la maggiore somma occultata nel vano nascosto, sosteneva di ignorare la provenienza di detta somma
-l’assoluta implausibilità dell’assunto prospettato dalla difesa, peraltro mai fatto proprio dal COGNOME, secondo cui le somme erano frutto dei risparmi suoi, della madre e della nonna, senza tuttavia fornire alcuna spiegazione ragionevole in ordine alla loro presenza sulla vettura e alla loro destinazione; l’imputato avrebbe portato in auto l’intero importo dei risparmi suoi e delle sue ascendenti, per l’ingiustificato e irrazionale rifiuto di utilizzare i servizi bancari, secondo un modus operandi del tutto irragionevole e contrario a qualsivoglia massima di esperienza;
-la sottoposizione dell’imputato dall’aprile 2023 a misure cautelari custodiali in relazione al concorso in produzione e traffico di sostanze stupefacenti.
Valorizzando questo concorde e univoco compendio probatorio, la Corte ha ritenuto provato che la somma ‘sia riconducibile a legami non occasionali intrattenuti dall’imputato con ambienti del traffico di stupefacenti’ e, nel rispetto dei principi piø volte ribaditi in tema da parte della giurisprudenza di legittimità, correttamente richiamata nella sentenza impugnata, ha confermato il giudizio di responsabilità per il contestato reato di ricettazione.
Non sussiste un problema di difformità tra la condotta contestata nel capo d’imputazione e quella attribuita all’imputato, che abbia leso le prerogative difensive, poichØ nel capo di imputazione la somma di denaro viene genericamente indicata come di provenienza illecita e, in forza degli atti acquisiti nel contraddittorio delle parti e utilizzabili in ragione della scelta del rito, la Corte ha ritenuto provata la natura delle attività da cui la provvista Ł stata tratta, individuandola in rapporti professionali con soggetti operanti nel settore degli stupefacenti.
1.3 La quarta censura relativa all’utilizzabilità del contenuto del certificato del DAP Ł manifestamente infondata poichØ la Corte in sentenza dà atto che Ł stato acquisito nel contraddittorio delle parti e tale dato non viene contestato dalla difesa.
Va peraltro osservato che per l’acquisizione di documenti non Ł necessario disporre la formale riapertura dell’istruttoria ex art. 603 cod.proc.pen.
La rilevanza indiziaria di questo elemento Ł indiscussa in quanto, unitamente al dato desumibile dalla reazione del cane antidroga al momento del controllo e dalla presenza di un vano nascosto nell’auto, appare significativa dell’inserimento del ricorrente in contesti criminali dediti ad attività molto remunerative. La circostanza che le misure cautelari siano state applicate in epoca successiva alla condotta per cui Ł processo non inficia la significativa di questo dato, considerato peraltro che l’epoca di consumo della condotta illecita Ł sempre precedente all’applicazione della misura.
1.4 La quinta e la sesta censura, che si sono presentate alla qualificazione giuridica della condotta ascritta, sono reiterative e manifestamente infondate in quanto la Corte ha correttamente argomentato in merito alla sussistenza di un compendio probatorio idoneo ad integrare gli estremi del reato di ricettazione e all’assenza di ulteriori elementi da cui desumere i diversi reati ipotizzati dal difensore, favoreggiamento reale e fraudolento di beni, anche in ragione del silenzio serbato dall’imputato.
La censura Ł reiterativa poichØ la Corte ha escluso la possibilità di qualificare diversamente la condotta ascritta, osservando che nel favoreggiamento reale ricorre l’intento di agevolare un terzo nel garantire il provento del reato, ma l’assenza di elementi di fatto da cui desumere tale ulteriore intento Ł ostativa alla invocata riqualificazione.
In modo analogo ha correttamente escluso che possa configurarsi l’ipotesi meno grave dell’art. 648 cod.pen., in quanto non emergono reati di natura contravvenzionale nel settore del narcotraffico.
E’ noto che ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione non occorre la prova positiva che l’imputato non sia stato concorrente nel delitto presupposto, essendo sufficiente che non emerga la prova del contrario (Sez. 2, n. 4434 del 24/11/2021, dep. 2022, Desideri, Rv. 282955 – 01)
1.5 La censura formulata con il sesto motivo Ł manifestamente infondata nella parte in cui lamenta che la Corte non abbia formulato alcuna argomentazione in ordine alla possibilità di prosciogliere l’imputato, ritenendo non raggiunta la prova della colpevolezza, e ravvisare al piø i presupposti per una misura di prevenzione.
E’ noto che il giudice di appello non deve rispondere esplicitamente a tutte le sollecitazioni difensive e non ricorre alcun vizio di omessa motivazione, laddove il diniego dell’istanza si ricavi implicitamente dalla struttura logica della motivazione. Nel caso in esame la Corte ha fornito congrua ed esaustiva motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione, sicchŁ non ricorrono i presupposti per un proscioglimento. Per altro non rientra nelle competenze della Corte di appello e in genere del collegio giudicante disporre l’avvio di un procedimento per le misure di prevenzione, che potrà eventualmente essere attivato anche in presenza di una condanna, dalla Procura o dagli altri soggetti legittimati, ma non può essere avviato d’ufficio.
1.6 La settima censura Ł eccentrica rispetto alle motivazioni della Corte, che ha affermato la provenienza illecita di tutta la somma rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, in ragione dei numerosi e concordanti elementi indiziari evidenziati in motivazione, collegabile a condotte illecite nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti, sicchŁ, stante anche la omogeneità delle mazzette in cui la somma era suddivisa, non emergono elementi che consentono di effettuare distinzioni e limitare la confisca ad una parte della stessa.
1.7 L’ottava censura Ł generica.
La Corte dopo aver rilevato che l’istanza diretta all’applicazione di sanzioni sostitutive non era stata formulata nel rispetto della norma processuale vigente al momento della proposizione dell’appello, ha comunque evidenziato, entrando nel merito dell’istanza difensiva, che il coinvolgimento dell’imputato in ulteriori procedimenti penali per gravi fatti di reato induce a ritenere che il predetto non rispetterebbe le prescrizioni imposte inerenti alla misura sostitutiva.
Si tratta di una valutazione nel merito che riguarda la personalità del soggetto e la sua propensione a delinquere e non, come erroneamente interpretato dalla difesa, i limiti e le difficoltà derivanti dalla concomitante esecuzione di una misura cautelare di tipo coercitivo, che potrebbe nelle more dell’applicazione della sanzione sostitutiva essere venuta meno. Il giudizio di pericolosità e di meritevolezza della sanzione sostitutiva deve essere effettuato dal giudice in forza degli elementi acquisiti nel momento in cui si trova a decidere e con un giudizio che si proietta verso il futuro.
Deve pertanto condividersi la valutazione operata dalla Corte, che ha valorizzato il coinvolgimento dell’imputato in vicende illecite successive a quella per cui si procede, per desumerne la conclamata pericolosità e la conseguente inadeguatezza della misura sostitutiva invocata dalla difesa a garantirne la rieducazione.
2.In conclusione per le ragioni sin qui evidenziate va dichiarata l’inammissibilità del ricorso con
la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si ritiene congruo determinare in euro tremila a favore della cassa delle ammende .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 20/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME