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Ricettazione conto corrente: la Cassazione conferma

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione per aver ricevuto su una carta prepagata i proventi di una truffa. Secondo la Corte, il solo fatto di mettere a disposizione il proprio strumento di pagamento per ricevere denaro illecito, senza partecipare attivamente alla truffa presupposta, configura il reato di ricettazione e non di concorso in truffa. La difesa dell’imputato che chiedeva una riqualificazione del fatto in truffa è stata respinta in quanto considerata un’inammissibile rilettura dei fatti di merito.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione e Conto Corrente: Quando Fornire la Carta è Reato

Mettere a disposizione il proprio conto corrente o una carta prepagata per ricevere somme di provenienza illecita configura il reato di ricettazione. Questo è il principio chiave ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza, che chiarisce la linea di demarcazione tra la ricettazione su conto corrente e il concorso nel reato presupposto, in questo caso una truffa. La pronuncia offre importanti spunti di riflessione sulle responsabilità penali di chi, consapevolmente o meno, si presta a fare da ‘ponte’ per il transito di denaro sporco.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’accusa era quella di aver ricevuto, a scopo di profitto, la somma di 2.924,00 euro sulla propria carta prepagata. Tale somma costituiva il provento di una truffa commessa da ignoti ai danni di un’altra persona.
L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge. La sua tesi difensiva mirava a riqualificare il fatto non come ricettazione, ma come concorso in truffa. A suo dire, non esisteva un reato presupposto autonomo e il suo ruolo si era limitato a mettere a disposizione il proprio strumento di pagamento per far confluire il denaro, senza partecipare attivamente agli ‘artifici e raggiri’ tipici della truffa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando così la condanna per ricettazione. I giudici hanno ritenuto che la tesi difensiva rappresentasse un tentativo di riesaminare i fatti del processo, attività non consentita in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero già valutato e respinto la ricostruzione dell’imputato, fornendo una motivazione logica e coerente. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Sentenza: la distinzione tra ricettazione e concorso in truffa

Il punto centrale delle motivazioni della Corte risiede nella netta distinzione tra la condotta di chi partecipa alla truffa e quella di chi, successivamente, ne riceve i proventi. La Corte d’Appello aveva correttamente osservato che non vi erano prove del coinvolgimento dell’imputato nella fase esecutiva della truffa. Anzi, l’imputato stesso aveva negato ogni partecipazione agli ‘artifici e raggiri’ perpetrati ai danni della vittima.
Questa circostanza è decisiva. Per configurare il concorso in truffa, sarebbe stato necessario dimostrare un contributo attivo dell’imputato alla realizzazione dell’inganno. In assenza di tale prova, l’azione di ricevere il denaro sulla propria carta, con la consapevolezza della sua provenienza illecita, integra pienamente il delitto di ricettazione. La condotta è successiva e autonoma rispetto al reato presupposto (la truffa), e si realizza nel momento in cui si acquisisce la disponibilità del bene di origine delittuosa per trarne profitto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la consapevole messa a disposizione del proprio conto corrente o di una carta prepagata per facilitare il transito di denaro proveniente da reati è una condotta penalmente rilevante che configura il delitto di ricettazione. La decisione serve da monito per chiunque possa essere tentato, magari in cambio di una piccola commissione, di ‘prestare’ i propri strumenti finanziari per operazioni opache. La giustificazione di non aver partecipato direttamente alla truffa non è sufficiente a escludere la responsabilità penale. Anzi, proprio l’estraneità al reato presupposto è l’elemento che qualifica il fatto come ricettazione anziché come concorso nel reato principale. La consapevolezza dell’origine illecita del denaro è sufficiente per far scattare la sanzione penale.

Mettere a disposizione la propria carta prepagata per ricevere soldi da una truffa è reato?
Sì, secondo la sentenza, ricevere consapevolmente su una propria carta somme provenienti da un delitto, come una truffa, al fine di trarne profitto, costituisce il reato di ricettazione (art. 648 c.p.).

Qual è la differenza tra concorso in truffa e ricettazione in questi casi?
Si ha concorso in truffa quando una persona partecipa attivamente agli ‘artifici e raggiri’ che inducono la vittima in errore. Si ha invece ricettazione quando un soggetto, pur non avendo partecipato alla truffa, riceve il denaro proveniente da essa conoscendone l’origine illecita.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, secondo la Corte di Cassazione, proponeva una rilettura dei fatti e delle prove già valutati dai giudici di merito, un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità. La Corte ha ritenuto che la decisione impugnata fosse correttamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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