Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33732 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33732 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MONZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2025 della CORTE di APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 3 febbraio 2025 la Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza emessa il 26 settembre 2023 dal Tribunale di Monza, con la quale l’imputato COGNOME NOME era stato dichiarato colpevole del delitto di ricettazione e condannato alle pene di legge.
Al COGNOME, in particolare, era stato contestato di avere, a scopo di profitto, ricevuto da persona rimasta ignota, conoscendone la provenienza delittuosa, la somma di euro 2.924,00, che veniva accreditata sulla propria carta Postapay, somma costituente il provento del reato di truffa commesso in danno di COGNOME NOME.
Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un
unico motivo di doglianza, con il quale deduceva erronea applicazione dell’art. 648 cod. pen., dovendo essere il fatto riqualificato nel delitto di truffa in considerazione della mancanza di un autonomo reato presupposto, con riguardo alla assunta provenienza illecita del denaro ricettato, e assumeva che l’imputato aveva soltanto messo a disposizione il proprio conto corrente su cui far confluire il denaro provento della truffa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto propone una non consentita rilettura nel merito delle prove assunte, rassegnando una ricostruzione alternativa dei fatti, inammissibile nella presente sede.
Deve, peraltro, osservarsi la Corte d’Appello ha comunque preso in considerazione la ricostruzione dei fatti alternativa offerta dalla difesa, ritenendola inverosimile e rendendo al riguardo idonea motivazione con il congruo richiamo alle dichiarazioni rese nel corso dell’esame dallo stesso ricorrente, il quale aveva espressamente negato il proprio coinvolgimento nel reato di truffa, e osservando che non vi erano “agli atti del processo elementi per ritenere che Io stesso avvia concorso nella consumazione del reato presupposto ponendo in essere gli artifici e raggiri ai danni di COGNOME NOME” (v. pag. 5 del provvedimento impugnato).
La denunciata violazione di legge deve, pertanto, essere esclusa.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/06/2024