Ricettazione carte d’identità: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso e la valutazione del danno
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10296/2024) offre importanti spunti di riflessione su due aspetti cruciali del processo penale: i limiti di ammissibilità del ricorso in Cassazione e la qualificazione del danno nel reato di ricettazione carte d’identità. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, delineando principi rigorosi sia in ambito procedurale che sostanziale.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Genova. L’imputato era stato condannato per il reato di ricettazione, avendo ricevuto moduli in bianco relativi a carte d’identità. L’imputato decideva di impugnare la decisione di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il proprio ricorso su due motivi principali.
I Motivi del Ricorso: Prescrizione e Circostanze Attenuanti
L’appellante ha fondato il suo ricorso su due doglianze distinte:
1. Omessa declaratoria di prescrizione: Per la prima volta in sede di legittimità, il ricorrente sosteneva che il reato si fosse già estinto per prescrizione, affermando che la data di consumazione fosse antecedente a quella contestata nel capo di imputazione.
2. Mancato riconoscimento di attenuanti: In secondo luogo, si doleva del mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale per la ricettazione di particolare tenuità (art. 648, comma 4, c.p.) o, in subordine, di quella comune per il danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).
Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Ricettazione carte d’identità
La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Sulla questione della prescrizione
Il primo motivo è stato ritenuto inammissibile per una duplice ragione. In primo luogo, la questione della prescrizione non era mai stata sollevata nel giudizio di appello, violando così il principio devolutivo sancito dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, che preclude la deduzione in Cassazione di motivi non presentati al giudice precedente. In secondo luogo, la Corte ha ribadito un orientamento consolidato: l’imputato che invoca la prescrizione per la prima volta in Cassazione, sulla base di una diversa data di consumazione del reato, ha l’onere di indicare gli atti processuali da cui emergerebbe tale circostanza. Non può, infatti, chiedere alla Corte di Cassazione di compiere un accertamento di merito, precluso in sede di legittimità. Nel caso di specie, il ricorrente non ha fornito alcun elemento a sostegno della sua tesi.
Sulla valutazione del danno nella Ricettazione carte d’identità
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito nel negare le circostanze attenuanti legate alla lieve entità del danno. Richiamando un proprio specifico precedente (sentenza n. 14895/2020), la Cassazione ha chiarito un principio fondamentale: nel caso di ricettazione di moduli in bianco per carte d’identità, il valore da considerare non è quello venale dello stampato in sé, che è irrisorio. Il danno, e quindi il valore del bene, deve essere commisurato alla sua potenziale utilizzabilità illecita. Tale potenziale è, per sua natura, non determinabile a priori e certamente non di lieve entità, data la gravità delle possibili conseguenze derivanti dall’uso di documenti d’identità falsi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi di notevole importanza pratica. Sul piano processuale, conferma il rigore con cui devono essere formulate le impugnazioni: le questioni, specialmente quelle che richiedono una valutazione fattuale come la prescrizione, devono essere sollevate tempestivamente nei gradi di merito e supportate da specifici riferimenti agli atti. Sul piano sostanziale, la decisione cristallizza un’interpretazione cruciale per i reati contro il patrimonio che coinvolgono beni dal valore materiale esiguo ma dal potenziale illecito enorme. Per la ricettazione carte d’identità e documenti simili, la valutazione del danno si sposta dal piano materiale a quello funzionale, considerando la pericolosità intrinseca del bene e il suo possibile impiego per commettere ulteriori reati, escludendo così la possibilità di applicare le attenuanti per la lieve entità del fatto.
È possibile eccepire la prescrizione di un reato per la prima volta in Cassazione?
No, di regola non è possibile se la questione non è stata sollevata nel giudizio di appello. Inoltre, la parte che lo fa ha l’onere di indicare gli elementi specifici a sostegno della propria tesi, poiché la Corte di Cassazione non può svolgere accertamenti di fatto.
Nel reato di ricettazione di moduli per carte d’identità in bianco, si applica l’attenuante del danno di lieve entità?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che in questi casi non sono configurabili le attenuanti del danno di lieve entità (né quella comune ex art. 62 n. 4 c.p., né quella speciale ex art. 648 c.p.), poiché il valore da considerare non è quello materiale dello stampato, ma quello, non determinabile e significativo, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità illecita.
Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione non è stato presentato in appello?
Il motivo è considerato inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questo significa che la Corte non lo esaminerà nel merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10296 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10296 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge per l’omessa declaratoria di intervenuta prescrizione del reato contestato al capo a), non è stato dedotto in appello ed è quindi inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., ed è comunque manifestamente infondato in quanto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il ricorrente che invochi nel giudizio di cassazione la prescrizione del reato, assumendo per la prima volta in questa sede che la data di consumazione del reato è antecedente rispetto a quella contestata, ha l’onere di indicare gli elementi di riscontro alle sue affermazioni, indicando gli atti ai quali occorre fare riferimento, essendo precluso in sede di legittimità qualsiasi accertamento di merito (Sez. 5, n. 46481 del 20/06/2014, COGNOME e altri, Rv. 261525) e ciò non è avvenuto nella specie;
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si censura il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 648, quarto comma, cod. pen. in relazione al capo a) di imputazione e, in subordine, di quella di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., è manifestamente infondato in quanto la motivazione con cui la Corte ne ha negato l’applicazione è adeguata ed esente da vizi logici e giuridici (p. 5);
che, secondo l’indirizzo pacificamente espresso da questa Corte, nel caso di ricettazione avente ad oggetto moduli in bianco relativi a carte d’identità, non è configurabile la circostanza attenuante di cui all’art. 648 cod. pen., né quella di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen. – peraltro, neanche invocata in appello – poiché il valor da considerare per la valutazione del danno non è quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità (Sez. 2, n. 14895 del 18/12/2019 dep. 13/05/2020, NOME, Rv. 279194);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 20 febbraio 2024