Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 763 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 763 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME n. in Romania il 31/7/1995
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 14/6/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria difensiva a firma del difensore, Avv. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Milano confermava la decisione del Tribunale di Pavia in data 29/11/2023, che aveva dichiarato NOME colpevole dei delitti di ricettazione e resistenza d PU, condannandolo, in esito a giudizio abbreviato, ritenuta la continuazione e riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 477,00 di multa.
2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv.NOME COGNOME deducendo:
2.1 il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di resistenza a pubblico ufficiale. Il difensore sostiene che la Corte territoriale si è limitata a confermare l’attendibilità del contenuto del verbale redatto dagli operanti senza considerare che l’avvenuto riconoscimento del prevenuto da parte dei medesimi non esclude la credibilità della versione accreditata dall’imputato, il quale ha affermato di essersi trovato al cospetto di soggetti a lui sconosciuti che l’avevano inseguito, impugnando un’arma. Inoltre il riferimento dei giudici d’appello alle prassi operative adottate dai Carabinieri è logicamente viziato in quanto non idoneo ad escludere che, nella specie, l’ordinario modus operandi non sia stato osservato, come dimostrato dal fatto che il ricorrente ha richiesto l’esibizione del mandato solo allorché gli operanti si sono qualificati;
2.2 il vizio di motivazione in relazione alla condanna per il delitto di ricettazione, avendo la Corte di merito reso una motivazione manifestamente illogica laddove ha escluso la credibilità della versione difensiva sulla base di circostanze quale il possesso di stupefacenti, la fuga e la resistenza opposta alle forze dell’ordine, del tutto prive di collegamento con l’ipotesi di reato i contestazione;
2.3 l’erronea applicazione dell’art. 648, comma 4, cod.pen., avendo la sentenza impugnata escluso l’attenuante della particolare tenuità del fatto richiamando l’orientamento giurisprudenziale che, ai fini della valutazione del danno, richiama la potenziale utilizzabilità seriale dello strumento di pagamento senza considerare che nella specie la carta di credito era stata bloccata al fine di impedirne l’utilizzo in seguito alla sottrazione e di conseguenza alcun danno poteva essere in concreto arrecato al bene giuridico tutelato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Le censure svolte nel primo motivo sono generiche e, comunque, manifestamente infondate. Invero, la difesa reitera rilievi compiutamente scrutinati in sede di merito e riproposti in assenza di un compiuto confronto critico con le ragioni reiettive. Invero, già il primo giudice (pag. 4 sent.) aveva negato credibilità alla tesi sostenuta dal prevenuto in sede di dichiarazioni spontanee secondo cui non si sarebbe avveduto che le persone che lo seguivano erano Carabinieri, segnalando che gli operanti erano in servizio indossando l’uniforme e utilizzando un’auto d’istituto, circostanza, richiamata dalla Corte di merito a pag. 2, che priva di ogni credibilità l’assunto del ricorrente.
Analogamente destituito di fondamento risulta il secondo motivo che denunzia il vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per la ricettazione di una carta di credito di provenienza furtiva. Anche in tal caso già il
primo giudice aveva ritenuto del tutto inattendibile la versione del ricorrente circa il fortuito rinvenimento della carta di provenienza delittuosa e l’intenzione di consegnarla alle Forze dell’Ordine, valutazione condivisa dalla Corte di merito, la quale ha richiamato a sostegno anche le peculiari circostanze che portarono all’accertamento del reato. Orbene, quantunque i riferimenti effettuati dalla sentenza impugnata alla contestuale detenzione di stupefacente e ai precedenti penali dell’imputato non siano strettamente pertinenti alla prova del dolo, la ricorrenza nella specie dell’elemento soggettivo è, comunque, adeguatamente provata dall’inattendibilità della tesi del rinvenimento casuale, concordemente affermata dalle sentenze di merito. Infatti, per costante avviso della giurisprudenza di legittimità risponde del reato di ricettazione l’imputato, che, trovato nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Rv. 270120-01; n. 53017 del 22/11/2016, Rv. 268713-01; n. 52271 del 10/11/2016, Rv. 268643-01), trattandosi di comportamento rivelatore della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2, n. 29198 del 25/05/2010, Rv. 248265-01).
Anche il terzo motivo che lamenta la violazione di legge con riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante speciale ex art. 648, comma 4, cod.pen., è manifestamente infondato. La difesa sostiene che la condotta contestata non avrebbe potuto arrecare alcun danno al bene giuridico protetto in ragione del blocco della carta di credito oggetto di ricettazione che ne impediva l’utilizzo. Questa Corte ha già chiarito in più occasioni che integra il delitto di ricettazione l’acquisto o la ricezione di una carta elettronica di pagamento o di prelievo contanti provento di furto, nella consapevolezza della sua illecita provenienza, a nulla rilevando, trattandosi di reato a dolo specifico, l’effettivo conseguimento del profitto per l’impossibilità di operare sul conto (Sez. 2, n. 35239 del 08/07/2021, Rv. 281962-01; n. 37369 del 12/11/2020, Rv. 280463 – 01). Infatti, il delitto ex art. 648 cod.pen. ha natura istantanea e si consuma nel momento in cui l’agente ottiene il possesso della cosa sicché la condotta successiva alla ricezione, volta al conseguimento del profitto, non rappresenta un elemento costitutivo del reato (Sez. 2, n. 29561 del 20/07/2020, Rv. 279969 – 01) ed è suscettibile di integrare autonome e concorrenti figure di reato, come nel caso dell’indebito utilizzo di carte di pagamento sanzionato ex art. 493ter cod.pen.
3.1 Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che ai fini dell’applicazione dell’attenuante speciale di cui al quarto comma dell’art. 648 cod., pen., l’aspetto patrimoniale non è ne’ esclusivo ne’ decisivo, giacché la nozione del “fatto di particolare tenuità” investe tutti gli elementi integrativi del fatto rea ossia le modalità esecutive, l’entità dell’oggetto ricettato, la personalità del reo, l
potenzialità del danno derivante dalla circolazione della cosa ricettata (Sez. 2, n. 3731 del 22/05/1990, dep.1991, Rv. 186765 – 01; n. 29346 del 10/06/2022, Rv. 283340 – 01; n. 51818 del 06/12/2013, Rv. 258118 – 01) e che, in ogni caso, ove l’oggetto del reato sia costituito da carte di credito, il valore da considerare ai fini della valutazione del danno non è quello del supporto materiale, ma quello, non determinabile, derivante dalla potenziale utilizzabilità seriale dello strumento di pagamento (tra molte, Sez. 2, n. 21790 del 13/04/2022, Rv. 283338 – 01). In simili evenienze, infatti, occorre avere riguardo non al valore venale del supporto ma al valore formale del documento, destinato a garantire la affidabilità e regolarità delle transazioni economiche definite per via telematica, interesse la cui lesione è attuale e concomitante alla ricettazione, indipendentemente dall’utilizzazione concreta della carta e dalla conseguente eventuale realizzazione di ulteriori reati (in tal senso in materia di assegni, Sez. 2, n. 8 del 30/06/1992 dep. 1993, Rv. 192641 – 01), sicché la vocazione strumentale del bene si sovrappone al valore economico intrinseco dello stesso, refluendo le potenzialità del danno derivante dalla circolazione o dall’uso della cosa ricettata sulla possibilità di qualificare la fattispecie in termini di particolare tenuità.
La difesa muove, dunque, da postulati giuridici erronei che, senza focalizzare il momento consumativo dell’illecito, esaltano al fine del riconoscimento della circostanza il solo danno patrimoniale intrinseco, di fatto identificando i contenuti dell’attenuante speciale con quella comune di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen.
4.Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi cause d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 21 Novembre 2024
La Consigliera estensore
La Presidente