Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1794 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1794 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME nato a Giulianova il 05/11/1968; avverso la sentenza del 15/05/2024, della Corte di appello di L’Aquila; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Avverso la sentenza indicata in epigrafe -che ha confermato integralmente la decisione di primo grado, che aveva, a sua volta, riconosciuto la responsabilità dell’imputato per i fatti abusivo di carta di credito provento di delitto e ricettazione della stessa) contes imputazione- propone ricorso l’imputato, a ministero del difensore abilitato, che deduce, co motivi di ricorso, i seguenti vizi esiziali della motivazione.
1.1. Carenza e manifesta illogicità della motivazione posta a sostegno dell’affermazione d responsabilità, atteso che l’agente di polizia giudiziaria, che ha riconosciuto le sembi dell’imputato nel soggetto ripreso dalle telecamere mentre operava allo sportello bancomat, non poteva aver riconosciuto il COGNOME, che indossava un cappello con visiera atto a nasconderne i tratti somatici del volto. La motivazione spesa sul punto dai giudici di merito di primo e sec grado sarebbe pertanto manifestamente illogica, giacché fondata sulla presunta corrispondenza di dati certamente non individualizzanti (andatura claudicante, abiti indossati al momento prelievo bancomat, simile orologio da polso indossato), in assenza di riconoscimento del volto coperto da cappellino con visiera.
1.2. I medesimi vizi sono dedotti in riferimento al secondo aspetto della motivazione no condivisa dal ricorrente, atteso che le modalità del fatto (circostanze di tempo, modo e luo possesso ed uso della carta bancomat e del p.i.n. necessario al prelievo) dovevano portare logicamente i giudici del merito a ritenere che il detentore della carta coincidesse con l’a del furto; donde la qualificazione del fatto in termini di furto aggravato e non di ricettazio carta di debito sottratta al titolare della stessa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo sollecita la Corte di legittimità a rinnovare l’esame del merito responsabilità, non avendo il ricorrente condiviso la logica probatoria posta a fondamento del decisione, che ha valorizzato -per il riconoscimento ritenuto inequivoco dell’agente- l’asp della persona ritratta, osservato dall’agente di polizia giudiziaria che visionò il filmato dell la sua andatura claudicante, la corrispondenza dei vestiti indossati, il tipo di orologio da indossato. Le critiche esposte dal ricorrente nel merito dell’accertamento della responsabil riguardano profili in fatto, coerentemente scrutinati ed adeguatamente argomentati nel corp della decisione impugnata, la cui riproposizione è tesa – in tutta evidenza – ad una rivalutazi del peso dimostrativo degli elementi di prova dichiarativa. In tal senso, il ricorso finisce proporre argomenti di merito, la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità.
E’ costante, infatti, l’insegnamento di questa Corte per cui il sindacato sulla motivazione provvedimento impugnato va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede
legittimità “nuove” attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesim dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiorm esplicativa (tra le tante, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01; Sez. n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01). Così come va ribadito che l’illogic della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandos disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato l ragioni del convincimento (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; Sez. U., n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
La Corte di merito, nel confermare la decisione assunta in primo grado, ha spiegato, in manier logica e coerente, che pienamente attendibile ed affidabile è il riconoscimento (per immagin svolto dall’agente di polizia giudiziaria, che ben conoscendo l’imputato, per ragioni di serv ha evidenziato come segni certi di identificazione l’andatura claudicante, la corrispondenza de abiti usati con quelli rinvenuti nell’abitazione e l’uso di un orologio da polso corrispond quello usato abitualmente dall’imputato. A fronte di tali elementi dichiarativi – del tutto in – la differente lettura del quadro probatorio prospettato dalla difesa appare del t irragionevole, come esposto in sentenza, e non assume alcuna forza logica antagonista.
2. Infondato è il secondo segmento del motivo unico di ricorso.
2.1. La decisione impugnata (nella conformità verticale dei giudizi di merito) ha riconosci la penale responsabilità dell’odierno ricorrente per il delitto di ricettazione, senza tene della possibile diversa qualificazione, come furto, del fatto contestato quale ricettazione; virtù delle accertate modalità del fatto e, soprattutto, in ragione della detenzione da parte dell’utilizzatore abusivo, sia della carta magnetica idonea al prelievo di contante presso spor bancomat, che del relativo codice p.i.n., il che deporrebbe in modo ineludibile per la coincide soggettiva dell’utilizzatore con l’autore del furto.
L’argomento è suggestivo e non ha trovato risposta nella motivazione della sentenza impugnata. Tuttavia, è certo che le modalità del fatto e la sua qualificazione giuridica si modellano elementi informativi tratti dagli atti processuali. Orbene, se la coincidenza tra autore del furto e utilizzatore abusivo della carta di pagamento non viene portata a conoscenza della giurisdizion dall’imputato, non può essere dedotta come possibile alternativa storico-logica dalla difesa.
La Corte ha infatti escluso che il fatto potesse qualificarsi in termini di furto, tenendo considerazione le circostanze del fatto, non incompatibili con la ricezione di una cosa (cart codice p.i.n.) già sottratta al legittimo detentore e valorizzando altresì il difetto di qu indicazione dell’imputato nei sensi perorati dalla difesa. Dell’amotio diretta del ricorrente non è, del resto, alcuna evidenza, né storica (manca anche un embrione di confessione), né logica (nei termini, Sez. 2, n. 43427 del 07/09/2016: … l’evidenza della detenzione per essere ridotta
elemento di prova del reato di furto deve essere infatti accompagnata dalla rappresentazione di elementi indicativi di quella “non mediata” riconducibilità della detenzione al furto…”). La d “confusione nel coacervo del delitto presupposto” non trova pertanto fondamento, né storico, né logico, avendo peraltro la Corte di merito correttamente argomentato il proprio convincimento sulla base di elementi di fatto concreti ed indiscussi.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 dicembre 2024.