Ricettazione Carta Bancomat: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di ricettazione carta bancomat, fornendo chiarimenti cruciali sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi e sull’applicazione di alcune norme penali. La decisione sottolinea come la mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio non sia sufficiente per ottenere una revisione dalla Suprema Corte. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di ricettazione, a seguito dell’impossessamento di una carta bancomat di provenienza furtiva. La carta riportava il nome del legittimo titolare, elemento che ha contribuito a configurare il reato. La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo l’imputato penalmente responsabile.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Contro la sentenza d’appello, la difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Una contestazione generica della colpevolezza.
2. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
3. Il riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.).
4. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
La Decisione della Corte sulla Ricettazione Carta Bancomat
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La motivazione di fondo risiede nel fatto che i primi tre motivi di ricorso erano semplici riproduzioni di censure già adeguatamente valutate e rigettate dal giudice di merito. La Cassazione ha ribadito che un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza impugnata, e non limitarsi a ripetere le stesse difese.
Le Motivazioni
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive con un ragionamento logico e giuridicamente ineccepibile. In primo luogo, ha confermato che l’impossessamento di una carta bancomat rubata, recante il nome del titolare, integra pienamente gli estremi del delitto di ricettazione.
Successivamente, i giudici hanno spiegato perché la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non fosse applicabile. La presenza di plurimi precedenti penali a carico del ricorrente impediva di considerare la condotta come ‘non abituale’, un requisito essenziale previsto dalla norma. Questo aspetto dimostra come il passato criminale di un imputato possa avere un peso determinante nella valutazione della sua condotta attuale.
Inoltre, è stato chiarito che la richiesta di applicazione dell’attenuante comune del danno di speciale tenuità era incompatibile con il riconoscimento dell’ipotesi attenuata specifica del reato di ricettazione (art. 648, comma 4 c.p.), che era già stata considerata congrua.
Infine, anche il motivo relativo alle attenuanti generiche è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva già motivato in modo logico e corretto la misura della riduzione della pena, evidenziando che il giudice di primo grado si era già attestato sul minimo edittale. Pertanto, la pena irrogata è stata ritenuta congrua e la motivazione della corte territoriale si è sottratta a ogni sindacato di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità. Le censure devono essere specifiche, nuove e mirate a evidenziare vizi di legge o di motivazione, non a riproporre le stesse questioni di fatto. In secondo luogo, la decisione consolida l’orientamento secondo cui la ricettazione carta bancomat è un reato a tutti gli effetti e la presenza di precedenti penali costituisce un ostacolo insormontabile per beneficiare della non punibilità per tenuità del fatto. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende, a testimonianza delle conseguenze negative di un ricorso infondato.
Il possesso di una carta bancomat rubata è reato di ricettazione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’impossessamento di una carta bancomat di origine furtiva, che riporta il nome del titolare, integra pienamente gli estremi del reato di ricettazione.
Si può ottenere la non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ se si hanno precedenti penali?
No, l’ordinanza chiarisce che la presenza di precedenti penali a carico dell’imputato impedisce di ritenere la condotta ‘non abituale’, requisito necessario per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere argomenti già respinti in appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte ha specificato che i motivi di ricorso devono contenere una critica specifica e analitica delle argomentazioni della sentenza impugnata e non possono essere una mera riproduzione di difese già valutate e disattese.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11425 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11425 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che i primi tre motivi di ricorso – che contestano genericamente il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione alla affermazione di penale responsabilità, all’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. ed al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. – non sono consentiti, poiché tutti riproduttivi di profili di censura adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici da parte del giudice di merito e perciò non scanditi da specifica critica analisi dell argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata, benché sorretta da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (si vedano, in particolar modo, pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata, dove la Corte territoriale ha specificato che l’impossessamento di una carta bancomat di origine furtiva recante il nome del titolare è condotta che integra gli estremi della ricettazione; che il fatto non può considerarsi di speciale tenuità in ragione dei plurimi precedenti penali da cui il ricorrente risulta gravato, che impediscono di ritenere la non abitualità della condotta; che l’applicazione della ipotesi attenuata di cui all’art. 648, comma 4, cod. pen. è incompatibile con il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.);
considerato che l’ultimo motivo di ricorso, con cui si lamenta il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione è manifestamente infondato, atteso che la Corte territoriale ha motivato in ordine al quantum della diminuzione operata dal giudice di primo grado nel riconoscere le circostanze attenuanti generiche con corretti argomenti logici e giuridici, avendo evidenziato come il giudic:e di prime cure si fosse già attestato sul minimo edittale della pena ed avesse già ritenuto anche l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 648 cod. pen., elementi questi che hanno fatto ritenere congrua la pena irrogata (si veda, in particolare, pag. 3); che trattasi, dunque, di motivazione congrua, che si sottrae al sindacato di legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/02/2024
Il Consigliere Estensore
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Il PreglØente