LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricettazione beni culturali: quando è reato?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per ricettazione beni culturali nei confronti di un individuo trovato in possesso di monete antiche. La sentenza stabilisce che per la configurabilità del reato non è necessaria una previa dichiarazione formale del valore culturale del bene, essendo sufficiente il suo valore intrinseco. Inoltre, è stato ribadito che il ‘dolo eventuale’, ovvero l’accettazione del rischio che i beni provengano da un delitto, è sufficiente per integrare il reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione beni culturali: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21965/2024) ha fornito importanti chiarimenti sul reato di ricettazione beni culturali. La pronuncia ha confermato la condanna di un imputato trovato in possesso di monete antiche, stabilendo principi chiave sulla natura dei beni e sull’elemento soggettivo del reato. Analizziamo i dettagli di questa decisione per capire quando si configura questo specifico delitto.

I Fatti del caso

Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato trovato in possesso di tre monete di interesse archeologico (due di epoca romano-repubblicana e una medievale) e una di interesse storico-culturale (risalente al XVIII secolo). Secondo i giudici di merito, tali beni, appartenenti al patrimonio indisponibile dello Stato, provenivano da un delitto (furto o alienazione illecita).

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali:
1. Mancanza di prova: Assenza di prova oggettiva sul valore culturale delle monete, che secondo la difesa richiederebbe un decreto specifico della Sovrintendenza, e sull’elemento soggettivo (dolo).
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., data la presunta lieve entità del fatto.
3. Mancato riconoscimento di attenuanti: Contestazione della mancata concessione delle circostanze attenuanti.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la condanna. I giudici hanno respinto tutte le argomentazioni difensive, offrendo una disamina approfondita sulla qualificazione dei beni culturali e sulla configurabilità del reato di ricettazione in questo specifico ambito.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su alcuni pilastri argomentativi di grande interesse.

La nozione ‘sostanziale’ di bene culturale

La Corte ha ribadito un orientamento consolidato, definito “sostanzialistico”. Per qualificare un bene come “culturale” ai fini della tutela penale, non è necessaria una previa dichiarazione formale da parte delle autorità competenti. È sufficiente che il bene possieda un “intrinseco” valore culturale, desumibile da caratteristiche oggettive come la tipologia, la rarità o il contesto di ritrovamento.
Nel caso di specie, le monete di interesse numismatico, se rinvenute nel sottosuolo, sono per legge “cose d’interesse storico, archeologico…” e appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato. La loro provenienza illecita è quindi presunta, non necessitando di ulteriori certificazioni.

Il dolo eventuale nella ricettazione beni culturali

Un punto cruciale della decisione riguarda l’elemento soggettivo. La Cassazione ha chiarito che per la ricettazione beni culturali è sufficiente il dolo eventuale. Questo si configura quando l’acquirente, pur avendo il sospetto concreto che i beni possano provenire da un delitto, accetta consapevolmente tale rischio e procede comunque all’acquisto.
Questo atteggiamento si distingue nettamente dalla semplice colpa, che caratterizza il reato contravvenzionale di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.). In quest’ultimo caso, il soggetto agisce con superficialità o negligenza, non cogliendo indizi che avrebbero dovuto metterlo in allarme. Nel caso della ricettazione, invece, c’è una rappresentazione e un’accettazione del rischio della provenienza illecita.

L’esclusione della particolare tenuità del fatto

La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La motivazione risiede nella “qualità” e nel “pregio intrinseco” dei beni. Il valore dei beni culturali non è solo economico, ma rappresenta una testimonianza di civiltà. Pertanto, l’offesa al patrimonio culturale non può essere considerata di lieve entità, anche se riguarda pochi oggetti. La valutazione, come indicato dalle Sezioni Unite nella sentenza “Tushaj”, deve considerare le modalità della condotta, l’entità del danno e il grado di colpevolezza, e nel caso della ricettazione beni culturali il disvalore è intrinsecamente elevato.

Le conclusioni

La sentenza n. 21965/2024 consolida principi fondamentali in materia di reati contro il patrimonio culturale. In sintesi:
1. Approccio sostanziale: Un bene è culturale per il suo valore intrinseco, non per una etichetta formale.
2. Dolo eventuale: Chi acquista reperti archeologici o storici accettando il rischio della loro provenienza illecita commette il delitto di ricettazione, non una semplice contravvenzione.
3. Gravità intrinseca: La particolare tenuità del fatto è difficilmente applicabile a reati che ledono il patrimonio culturale, data l’importanza del bene giuridico protetto.

Questa decisione rappresenta un monito importante per collezionisti e operatori del settore: la massima diligenza è richiesta nell’acquisto di beni di interesse storico-artistico per non incorrere in gravi conseguenze penali.

Per commettere il reato di ricettazione di beni culturali è necessaria una dichiarazione formale che ne attesti il valore?
No. La Corte di Cassazione ha affermato che si adotta un approccio “sostanzialistico”, secondo cui è sufficiente che il bene possieda un valore culturale intrinseco, desumibile dalle sue caratteristiche oggettive (come tipologia, rarità, localizzazione del ritrovamento), a prescindere da un provvedimento amministrativo formale di qualifica.

Cosa si intende per “dolo eventuale” nella ricettazione e come si distingue dall’acquisto incauto?
Il dolo eventuale si configura quando l’agente, pur non avendo la certezza, si rappresenta la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e ne accetta il rischio, procedendo comunque all’acquisto. Si distingue dall’acquisto incauto (art. 712 c.p.), che è un reato colposo, in cui il soggetto agisce per superficialità, trascuratezza o inavvedutezza, non cogliendo le circostanze che avrebbero dovuto indurlo al sospetto.

Il reato di ricettazione di beni culturali può essere considerato di “particolare tenuità” e quindi non punibile?
È molto difficile. La Corte ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità (art. 131-bis c.p.) basandosi sulla “qualità” e sul “pregio intrinseco” dei beni. Poiché i beni culturali tutelano un patrimonio di civiltà, l’offesa arrecata è considerata intrinsecamente grave, rendendo inadeguata la qualificazione del fatto come “particolarmente tenue”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati