Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 28112 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 28122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Ascoli Piceno il 27/04/1972
avverso la sentenza emessa 1’11/06/2024 dalla Corte di Appello di Perugia udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto de ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento
dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Perugia, in sede di giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 40150 del 2022, ha confermato la sentenza con cui NOME Ł stato condannato per il delitto di ricettazione.
Si contesta all’imputato di avere, al fine di trarne un ingiusto profitto, ricevuto o comunque acquistato una data autovettura, del valore complessivo di 11.059,66 euro,
compendio di un precedente delitto di truffa commesso in danno della società RAGIONE_SOCIALE operante nel settore dei finanziamenti.
L’annullamento da parte della Corte di cassazione della precedente sentenza della Corte di appello era stato disposto in ordine al giudizio di responsabilità perchØ il riferimento contenuto nella sentenza ad un “programma criminoso già prima concepito” tra l’odierno imputato e l’autore del reato presupposto di truffa (COGNOME COGNOME COGNOME) avallava l’ipotesi del concorso del Valori nel delitto di truffa e, dunque, la non configurabilità del delitto di ricettazione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte confermato la sentenza di condanna per ricettazione, laddove, invece, avrebbe dovuto ritenere, adeguandosi ai principi affermati dalla Corte di cassazione, l’imputato responsabile per concorso nel delitto di truffa con conseguente dichiarazione di prescrizione del reato.
Il processo sarebbe caratterizzato da elementi meramente indiziari che, se correttamente ricostruiti e valutati, avrebbero dovuto condurre “la vicenda al reato di truffa, oggi prescritto” (così il ricorso).
2.2. Con il secondo motivo si ripropone la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europeq “per vagliare la legittimità di una pronuncia di condanna su meri indizi con la direttiva UE 343/2016 sulla presunzione di innocenza”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso, i cui motivi possono essere valutati congiuntamente, Ł inammissibile.
La Corte di appello, con una motivazione puntuale, ha ricostruito i fatti, valutato le prove e spiegato che:
–NOME COGNOME aveva ottenuto, tramite una truffa, un finanziamento, per l’acquisto di una determinata autovettura compiuto, per l’importo di 10.000 euro, il 23/12/2015; in particolare, al fine di ottenere il finanziamento, era stata presentata una busta paga contenente dati falsi e con la somma ottenuta per effetto del raggiro, era stata acquistata l’autovettura;
-il medesimo veicolo, profitto del reato di truffa, era stato venduto il successivo 07/01/2016, cioŁ dopo pochissimi giorni, per l’importo di 6.000,00 euro alla società RAGIONE_SOCIALE di cui l’imputato era l’amministratore;
-detta società il giorno successivo aveva a sua volta rivenduto l’autovettura per il medesimo importo alla concessionaria “RAGIONE_SOCIALE“, società che era solita proporre annunci online per l’acquisto dei veicoli;
-il legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE aveva riferito in giudizio di essere stato contattato da Valori che aveva visto l’annuncio e che intendeva rivendere l’auto acquistata il giorno prima da NOME COGNOME;
-la società “RAGIONE_SOCIALE“, acquistata la macchina al prezzo di 6.000 euro, l’aveva poi rivenduta a quello di 9.200 euro.
Sulla base di tale ricostruzione fattuale la Corte di appello ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato per il delitto di ricettazione; Valori, ha spiegato la Corte, in ragione di suoi rapporti con COGNOME di COGNOME, sarebbe stato a conoscenza della provenienza illecita dell’autovettura perchØ solo ciò giustificherebbe il formale acquisto il 7.1.1016 di essa ad un prezzo (6.000 euro) di molto inferiore al prezzo di 10.300 euro corrisposto pochissimi giorni prima (23.12.2015) per l’acquisto della stessa autovettura da parte di NOME COGNOME.
Valori, secondo la Corte, non sarebbe stato in buona fede perchØ, diversamente, non avrebbe rivenduto l’autovettura allo stesso prezzo (6.000) il giorno successivo a quello di acquisto; l’imputato” se avesse effettivamente pagato 6000 euro” per l’acquisto e se fosse stato in buona fede, non avrebbe rivenduto allo stesso prezzo quella macchina il giorno dopo (così la sentenza impugnata).
Ha aggiunto la Corte che in atti non vi Ł nessun elemento probatorio concreto capace di dimostrare la partecipazione dell’imputato al delitto di truffa.
Dunque, secondo i Giudici di merito: a) nessun elemento dimostrativo della partecipazione dell’imputato alla truffa commessa da NOME COGNOME; b) un acquisto dell’autovettura da parte della società, di cui l’imputato era amministratore, rivelatore, in ragione delle modalità con cui fu compiuto, della consapevolezza della provenienza illecita di questa perchØ non solo posto in essere ad un prezzo irragionevole, ma, soprattutto, perchØ seguito da un immediata rivendita allo stesso prezzo della autovettura in questione; c) un diretto coinvolgimento dell’imputato nella operazione di rivendita, atteso che fu Valori a contattare il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE.
In tale contesto, il motivo di ricorso rivela la sua strutturale inammissibilità.
Secondo l’imputato, tra la società presso la quale lavorava COGNOME e quella che acquistò da questa l’autovettura (Edilizia di Paladino Saverio) vi sarebbe stato un legame, costituito dal fatto che entrambe fossero di proprietà di tale NOME COGNOME, mai indagato; in tale contesto si ipotizzano (così il ricorso a pag. 4) due possibili ricostruzioni alternative e cioŁ che: a) COGNOME possa, da una parte, avere fornito le buste paga false a COGNOME, già d’accordo con costui per riacquistare il mezzo, e, dall’altra, “non istruito” Valori della provenienza illecita del bene; b) Valori abbia utilizzato i servigi di COGNOME “quale prestanome di un sodalizio criminoso già preordinato”.
In ogni caso, si aggiunge, il ricorrente non avrebbe potuto essere condannato per ricettazione perchØ ricettatore sarebbe stata al piø la società e dunque il suo proprietario, NOME COGNOME e non l’amministratore.
Si tratta di censure che si sviluppano sul piano della ricostruzione fattuale e sono sostanzialmente volte a sovrapporre un’interpretazione alternativa ma ipotetica delle risultanze probatorie, priva di riscontri concreti e sostanzialmente volta a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti, preclusa alla Corte, piuttosto che a far emergere un vizio della motivazione rilevante ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.
Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettura orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perchØ considerati maggiormente plausibili, o perchØ assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si Ł in concreto realizzata ( Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, rv. 234148).
L’odierno ricorrente ha riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatti dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non Ł tuttavia quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
E’ possibile che nella valutazione sulla “tenuta” del ragionamento probatorio, la struttura motivazionale della sentenza di appello si saldi con quella precedente per formare un unico corpo argomentativo, atteso che le due decisioni di merito possono concordare nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 44418 dell6/07/2013, Argentieri, rv. 2574595; Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez. l, n. 8868 dell’8/8/2000, COGNOME, rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, COGNOME, rv. 209145).
Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorchØ i giudici di secondo grado, come nel caso in esame, esaminino le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e ciò, a maggior ragione, Ł legittimo quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a
prospettare circostanze già esaminate nella decisione del primo giudice (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002, COGNOME, Rv. 221116).
Nel caso di specie, i giudici di appello, a fronte dell’annullamento disposto dalla Corte di cassazione, hanno fornito una valutazione analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell’impugnazione di appello, di talchØ la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte.
Il ricorso, sugli specifici punti indicati dalla Corte di appello, Ł obiettivamente silente e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata; nulla Ł stato chiarito sulla operazione di rivendita dell’autovettura e, soprattutto, nulla Ł stato dedotto sulla circostanza che a contattare la società RAGIONE_SOCIALE fu l’imputato: fu Valori a proporre l’acquisto di quella macchina il giorno successivo al suo acquisto per lo stesso prezzo.
La circostanza che l’operazione di acquisto e rivendita del bene sia riferibile formalmente alla società, non consente affatto di escludere il coinvolgimento dell’imputato nella ricettazione, non solo perchŁ Valori era l’amministratore di quella società, ma, soprattutto, perchØ il ricorrente di fatto operò in prima persona nella operazione di rivendita del mezzo acquistato solo il giorno precedente.
Un ragionamento probatorio, quello della Corte di appello, corretto e in nulla violativo della presunzione di innocenza; in tal senso il secondo motivo Ł assorbito.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 aprile 2025.