Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 09/01/2023 della Corte di appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 9 gennaio 2023 con la quale la Corte di Appello di Venezia, ha confermato la sentenza emessa, in data 30 aprile 2018, con la quale il Tribunale di Rovigo, lo ha condannato alla pena di anni 2 di reclusione ed euro 550,00 di multa in relazione al reato di cui all’art. 648 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. degli artt. 191, 195, 526 cod. proc. pen. e dell’art. 6 CEDU.
Entrambi i giudici di merito avrebbero posto a fondamento delle rispettive decisioni le dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari dalla persona offesa NOME COGNOME nonostante le stesse non siano state acquisite al processo con le modalità previste dall’art. 512 cod. proc. pen.
I Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, eccepisce la violazione degli artt. 191, 512, 526 cod. proc. pen. ed inutilizzabilità della deposizione del teste NOME COGNOME.
Secondo la difesa nessuna delle parti avrebbe mai chiesto la lettura della querela sporta dal COGNOME COGNOME delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. La testimonianza de relato del NOME COGNOME sarebbe, di conseguenza, inutilizzabile ex art. 526, comma 1, cod. proc. pen. in quanto acquisita in violazione dell’art. 512 cod. proc. pen.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. conseguente alla violazione del divieto di testimonianza indiretta dei testimoni di p.g. con riferimento alle dichiarazioni rese dalla persona offesa ed acquisite con le modalità di cui agli artt. 351 e 357 cod. proc. pen.
Il ricorrente, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 648 cod. pen. conseguente al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al comma quarto.
La Corte territoriale avrebbe affermato, in modo apodittico, la rilevanza economica del bene ricettato facendo mero riferimento al prestigio del marchio Ferrari, senza visionare l’orologio in sequestro e senza considerare la presenza sul mercato di articoli a marchio Ferrari offerti a modestissimo prezzo.
Il ricorrente, con il quinto motivo di impugnazione, lamenta carenza, della motivazione in ordine alla ritenuta inattendibilità della versione prospettata dall’imputato.
La Corte territoriale avrebbe omesso di indicare i motivi che avrebbero indotto i giudici di appello a ritenere maggiormente credibile quanto affermato dalla convivente dell’imputato rispetto a quanto dichiarato dal ricorrente con conseguente carenza di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente avendo ad oggetto doglianze tra loro interconnesse, sono manifestamente infondati.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, all’udienza dibattimentale del 18 settembre 2017 la querela sporta da NOME COGNOME in data 6 dicembre 2014 ed il verbale di riconoscimento operato dalla persona offesa in data 5 gennaio 2015 sono stati acquisiti, ai sensi dell’art. 512, comma 1, cod. proc. pen. stante l’accertato decesso del COGNOME.
Le doglianze difensive sono, pertanto, manifestamente infondate stante la mancata violazione degli articoli 512 e 526 cod. proc. pen, e la conseguente utilizzabilità della querela sporta dalla persona offesa e del verbale di riconoscimento in atti.
2. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Il Collegio intende ribadire l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il divieto di testimoniare sul contenuto delle dichiarazioni acquisite dalle persone informate sui fatti che grava sugli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria in virtù del disposto dell’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. non si estende alla descrizione dei fatti avvenuti in presenza del teste di p.g. e, quindi, oggetto della sua diretta percezione nel corso dell’attività di indagine (vedi Sez. 1, n. 13734 del 25/02/2020, COGNOME, Rv. 278974 – 01; Sez. 2, n. 29172 del 08/09/2020, Cassisa, Rv. 279811 – 01, in motivazione).
In particolare, è stato affermato, con percorso argomentativo condivisibile, che i risultati dell’individuazione fotografica “ben possono formare oggetto della testimonianza indiretta del personale di polizia giudiziaria dinanzi al quale è stata compiuta la dichiarazione ricognitiva della percezione visiva” (Sez. 5, n. 5701 del 05/11/2021, Rv. 282779 – 01).
Nel caso di specie il Milo COGNOME si è limitato ad effettuare una sintesi delle attività di indagine da lui svolta nonché a riferire in ordine alle modalità ed ai risultati del riconoscimento dell’orologio in sequestro effettuato dalla persona offesa; di conseguenza, applicando gli indirizzi ermeneutici al caso di specie, la deposizione del COGNOME è utilizzabile avendo ad oggetto circostanze da lui direttamente percepite in occasione dello svolgimento di tale attività investigativa con conseguente infondatezza del motivo di ricorso.
Il quarto motivo di ricorso, con cui si censura il vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, comma secondo (attuale comma quarto) cod. pen., è aspecifico poiché non si confronta criticamente con le argomentazioni, esenti da vizi logici e giuridici, della Corte territoriale.
I giudici di appello hanno adeguatamente motivato in ordine al mancato inquadramento della condotta dell’imputato nella fattispecie di cui all’art. 648, comma quarto cod. pen., alla luce della complessiva valutazione del fatto e della gravità della condotta in esame nonché del valore “non particolarmente tenue” dell’orologio ricettato (pag. della sentenza impugnata).
La Corte territoriale, pertanto, ha fatto corretto uso del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini della configurabilità dell’ipotesi attenuata di ricettazione, non rileva esclusivamente il
valore della cosa ricettata, ma si deve avere riguardo anche agli elementi previsti dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 42866 del 20/06/2017, COGNOME, Rv. 271154 01; Sez. 2, n. 29346 del 10/06/2022, Mazza, Rv. 283340 – 01).
Il quinto motivo di ricorso è articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti.
4.1. Entrambe le sentenze hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito ad affermare l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dall’imputato in ordine alla provenienza dell’orologio rinvenuto nella sua disponibilità, a seguito di una valutazione degli elementi probatori che appare rispettosa dei canoni di logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle prove.
I giudici di appello, con motivazione sintetica ma conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno rimarcato come la falsità della versione del ricorrente sia desumibile dal fatto che la fidanzata NOME COGNOME, dopo aver portato in caserma l’orologio, ha espressamente escluso di averlo in precedenza regalato all’imputato (vedi pag. 1 della sentenza di primo grado e pag. 4 della sentenza impugnata).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
4.2. Il ricorrente, invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità, chiede a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita, senza confrontarsi con quanto motivato dalla Corte territoriale al fine di confutare le censure difensive prospettate in sede di appello e con le emergenze probatorie determinanti per la formazione del convincimento dei giudici di merito.
Va, in proposito, ricordato che non è compito del giudice di legittimità stabilire se la decisione di merito proponga o meno la migliore ricostruzione dei fatti né condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia, come nel caso di specie, compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento.
La Corte di Cassazione, che è giudice della motivazione e dell’osservanza della legge, non può, infatti, divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio,
riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l’apprezzamento della logicità della motivazione (vedi Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, COGNOME, dep. 2021, Rv. 280601 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il CopsiglIOre estensore –
La Presidente