Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11134 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11134 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
Motivazione semplificata
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MBACKE (SENEGAL) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza impugnata in questa sede, ha confermato la condanna alle pene di giustizia pronunciata dal Tribunale di Busto Arsizio in data 13 settembre 2022, nei confronti di NOME COGNOME per il reato di ricettazione di oltre 490 orologi riportanti marchi notori, tutti contraffatti.
Ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato deducendo, con il primo motivo, vizio della motivazione, perché carente, in relazione alla dedotta qualificazione del fatto quale ipotesi attenuata ex art. 648, comma 4, cod. pen.
2.1. Con il secondo motivo si deduce analogo vizio della motivazione, in ordine alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen.
2.2. Con il terzo motivo si deduce, ancora, lo stesso vizio rispetto alla richiesta riduzione della pena nel minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
1.1. La Corte territoriale ha motivato il diniego della circostanza attenuante valutando il numero degli oggetti e la loro qualità – per la riproduzione dei marchi contraffatti – , considerando anche l’aspetto della concreta commerciabilità (che, in ogni caso, pur a voler ipotizzare valori modestissimi del singolo orologio, conduce a calcolare un importo complessivo non certo minimale), così individuando già un valore non esiguo che esclude la tenuità del fatto (Sez. 2, n. 29346 del 10/06/2022, COGNOME, Rv. 283340 – 01); ha, inoltre, preso atto dei precedenti specifici, così correttamente apprezzando dati che, già da soli, ostano al riconoscimento dell’ipotesi attenuata (Sez. 6, n. 7554 del 02/02/2011, COGNOME, Rv. 249226 – 01; Sez. 2, n. 3188 del 08/01/2009, COGNOME, Rv. 242667 – 01), essendo recessivi gli altri eventuali elementi positivi allegati dal ricorrente.
1.2. Il secondo motivo è carente in punto di specificità, oltre che manifestamente infondato.
Il ricorrente censura la valutazione delle precedenti condanne per reati di ricettazione, senza allegare il certificato penale e così privando la Corte della possibilità di vagliare la censura articolata (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071 – 01); d’altro canto, la decisione impugnata ha indicato i dati da cui desumere l’abitualità della condotta e dalla stessa esposizione del ricorrente traspare la correttezza delle argomentazioni della Corte territoriale che ha considerato le due condanne per il reato di ricettazione, una di esse per come ammesso dal ricorrente successiva al fatto di reato per cui si procede, sicché la valutazione condotta è in sintonia anche con la modifica del tenore dell’art. 131 bis cod. pen. (introdotta con l’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d. Igs. 150/2022), avendo valutato la Corte territoriale sia la condotta anteriore che quella successiva alla commissione del reato, traendo indici di abitualità del comportamento da tale circostanza.
1.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha motivato le ragioni del diniego della modifica del trattamento sanzionatorio (e, dunque, non sussiste il lamentato vizio) considerando peraltro che la misura della pena base era prossima ai minimi edittali e che sono state concesse le attenuanti generiche, di tal che non vi era necessità di specifica motivazione sulla misura della pena ritenuta congrua dal giudice di merito.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/2/2024