Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13556 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13556 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Monza il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 27/11/2023 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla recidiva ed alla attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4 cod.pen.; dichiararsi l’inammissibilità del ricorso nel resto;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in esito a giudizio abbreviato, ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, emessa il 3 ottobre 2022, che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia in relazione al reato di ricettazione di un assegno di provenienza illecita.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del delitto presupposto rispetto a quello di ricettazione.
L’assegno non era proveniente da furto ma da smarrimento occorso alla legittima proprietaria, alla quale il ricorrente non era in grado di risalire;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità, non essendo emersa la prova che l’imputato – il quale ha negato la circostanza avesse consegnato l’assegno alla persona offesa COGNOME, che lo aveva posto all’incasso e che avrebbe avuto interesse a mentire in quanto in possesso del titolo;
violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla sussistenza del dolo, avendo la Corte evidenziato soltanto una condotta colposa;
violazione di legge quanto alla ritenuta recidiva, basata solo sui precedenti penali del ricorrente;
violazione di legge in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, prima comma, n. 4 cod.pen., avendo la Corte escluso che vi fosse stato un danno per la persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato in ragione di quanto segue.
Sono manifestamente infondati i primi tre motivi inerenti al giudizio sulla responsabilità.
Deve ricordarsi il principio, ancora di recente ribadito, secondo cui, in tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo “id quod plerumque accidit”, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola AVV_NOTAIO che risulti priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609).
Le dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili dai giudici di merit quand’anche non assistite da riscontri esterni – in questo caso, peraltro, presenti,
essendo stata richiamata una deposizione testimoniale di soggetto terzo – possono anche da sole sostenere il giudizio di condanna, secondo pacifici principi da lungo tempo affermati ed oramai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, a partire da Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, secondo la quale, le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in t caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Nel caso in esame, i giudici di merito di entrambi i gradi hanno conferito attendibilità al resoconto della persona offesa, che aveva dichiarato di avere ricevuto l’assegno dall’imputato, indicando anche dei testimoni presenti.
Sono state analizzate e non ritenute credibili sul punto, con motivazione non manifestamente illogica, le dichiarazioni rese dall’imputato.
1.2. Trattandosi di un assegno postale non trasferibile certamente appartenente a persona diversa dall’imputato, che non poteva ignorare tale circostanza non essendo il beneficiario del titolo – pacificamente denunciato come smarrito dal legittimo titolare – la Corte di appello, a proposito del delitto presupposto, applicato correttamente il principio di diritto secondo cui, nell’ipotesi smarrimento di cose che, come gli assegni o le carte di credito, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno de relazione materiale fra la cosa ed il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne appropria senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e non quello di appropriazione di cose smarrite (Sez. 2, n. 46991 del 08/11/2013, COGNOME, Rv. 257432).
1.3. Una volta provato, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, che l’assegno era entrato nel possesso dell’imputato, la Corte, in assenza di giustificazioni da costui fornite, ha ritenuto integrato anche l’elemento soggettivo del reato, secondo pacifici principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità (t le tante, Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120; Sez. 2, n. 52271 del 10/11/2016, COGNOME, Rv. 268643; Sez. 1, n.13599 del 13/03/2012, Pomella, Rv. 252285).
E’ fondato il quarto motivo inerente alla recidiva.
La Corte ha basato il suo convincimento soltanto sui precedenti penali del ricorrente, circostanza pacificamente insufficiente a fronte di un articolato motivo di appello.
Deve ricordarsi che ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale sintomo d un’accentuata pericolosità sociale dell’imputato e non come mera descrizione dell’esistenza a suo carico di precedenti penali per delitto, la valutazione de giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale della loro realizzazione, ma deve esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede precedenti condanne, verificando se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influit quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”. (Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, Antignano, Rv. 284425).
Il punto della decisione merita, pertanto, un nuovo giudizio di merito.
L’ultimo motivo è inammissibile.
Oltre alla genericità con la quale era stato proposto il motivo di appello, si rilev in punto di diritto ed a fronte di un assegno portante la somma di 20.000,00 euro, che in tema di ricettazione, l’utilizzo, quale mezzo di pagamento, di un assegno bloccato a seguito di pregressa denuncia di smarrimento non integra di per sé l’ipotesi attenuata del reato, in considerazione della non negoziabilità del titolo p effetto del “blocco”, poiché, in forza della letteralità e astrattezza causale d rapporto cartolare, è l’importo scritto sull’assegno a segnare il suo valore come strumento di pagamento (Sez. 2, n. 23768 del 14/04/2021, Cittadino, Rv. 281911; Vedi, Sez. U, n. 13330 del 1989, Rv. 182220).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla recidiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e definitivo l’accertamento d responsabilità.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 13.03.2024.
Il Consigliere estensore
(‘Aria Petru ellis