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Ricettazione Assegno Smarrito: la Cassazione decide

Un soggetto condannato per ricettazione di un assegno smarrito ricorre in Cassazione. Sostiene che, avendo inserito il proprio nome come beneficiario, non potesse configurarsi il reato. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che ricevere un assegno smarrito, anche se in bianco e poi compilato a proprio nome, integra il delitto di ricettazione. I motivi del ricorso sono stati giudicati infondati o proceduralmente inammissibili.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegno Smarrito: Quando Scatta il Reato?

La questione della ricettazione di un assegno smarrito è un tema delicato che interseca la buona fede con la responsabilità penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, confermando una condanna e definendo i contorni del reato. L’analisi del caso offre spunti importanti per comprendere come la legge valuta il possesso e l’utilizzo di un titolo di credito smarrito, anche se compilato a proprio nome.

I Fatti del Caso: Dall’Assegno Smarrito alla Condanna

Il caso ha origine dalla denuncia di smarrimento di quattro assegni in bianco da parte della persona offesa. Successivamente, uno di questi assegni viene posto all’incasso da un soggetto, il quale vi aveva apposto il proprio nome come beneficiario. A seguito delle indagini, quest’ultimo viene processato e condannato sia in primo grado che in appello per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale.

I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Imputato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, cercando di smontare l’impianto accusatorio.

La Tesi della Mancata Ricettazione

Il ricorrente sosteneva che la presenza del suo nome sull’assegno come beneficiario e primo giratario dovesse escludere la configurabilità del reato. A suo dire, non si poteva parlare di ricettazione, ma al massimo di un’altra fattispecie meno grave. In sostanza, contestava che l’origine delittuosa dell’assegno (il furto o l’appropriazione indebita dello stesso) fosse stata provata.

Le Questioni Procedurali

Oltre al merito, la difesa ha sollevato questioni procedurali, come il presunto travisamento delle prove e un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. Ha inoltre lamentato la mancata dichiarazione di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione e il rigetto di una perizia grafologica ritenuta decisiva.

La Decisione della Cassazione sulla Ricettazione Assegno Smarrito

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le argomentazioni della difesa e confermando la condanna. Vediamo i punti chiave della decisione.

L’Origine Delittuosa dell’Assegno Smarrito

La Corte ha ribadito un principio consolidato: chi si impossessa di un assegno smarrito commette furto (o appropriazione indebita a seconda dei contesti). Di conseguenza, l’assegno acquisisce la natura di ‘cosa proveniente da delitto’, che è il presupposto fondamentale per il reato di ricettazione. Chi riceve tale assegno, essendo consapevole della sua provenienza illecita, commette ricettazione.

L’Irrilevanza del Nome del Beneficiario

I giudici hanno definito ‘priva di fondamento logico-probatorio’ la tesi difensiva secondo cui l’aver apposto il proprio nome sull’assegno escluderebbe il reato. Essendo gli assegni stati smarriti in bianco, era del tutto plausibile che il ricorrente li avesse compilati con le proprie generalità proprio per tentare di incassarli. Questo atto, anziché escludere il dolo, ne rappresenta una possibile modalità di consumazione.

Il Calcolo della Prescrizione in Caso di Recidiva

Anche il motivo sulla prescrizione è stato giudicato infondato. La Corte d’Appello aveva correttamente calcolato il termine massimo, tenendo conto sia dell’aumento previsto per la recidiva aggravata (ex art. 99, comma quarto, c.p.) sia dell’ulteriore aumento di due terzi previsto dall’art. 161 c.p., posticipando la data di estinzione del reato al 2029.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha sottolineato come i motivi del ricorso fossero in gran parte generici, ripetitivi di doglianze già respinte in appello o mirassero a una rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello, secondo gli Ermellini, aveva fornito una motivazione ‘esaustiva e conforme alle risultanze processuali’, fondata su una pluralità di elementi che dimostravano la responsabilità penale dell’imputato. La richiesta di una perizia grafologica, inoltre, è stata ritenuta inammissibile perché presentata per la prima volta in Cassazione, violando il principio devolutivo dell’appello.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di ricettazione di un assegno smarrito. La decisione chiarisce che la provenienza delittuosa di un assegno smarrito è in re ipsa, e chi lo riceve e lo utilizza è tenuto a dimostrare la propria buona fede, un onere probatorio particolarmente difficile da assolvere. La compilazione dell’assegno con il proprio nome non è un elemento scriminante, ma può, al contrario, essere visto come parte dell’azione criminale. Infine, viene confermata la rigorosa applicazione delle norme sulla prescrizione in presenza di recidiva qualificata.

Ricevere un assegno smarrito in bianco e compilarlo con il proprio nome è reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, chi si impossessa di un assegno smarrito commette un delitto (come il furto). Di conseguenza, chi riceve tale assegno, consapevole della sua provenienza illecita, e lo compila con il proprio nome per incassarlo, commette il reato di ricettazione.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati, generici, ripetitivi di questioni già decise in appello o miravano a una nuova valutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di legittimità. Inoltre, una delle richieste (la perizia grafologica) non era stata presentata nei precedenti gradi di giudizio.

La recidiva influisce sul termine di prescrizione del reato?
Sì, in modo significativo. In presenza di recidiva aggravata, come nel caso di specie (art. 99, comma quarto, c.p.), il termine di prescrizione viene aumentato. La Corte ha confermato che il calcolo deve tenere conto sia dell’aumento previsto dall’art. 157 c.p. sia di quello ulteriore previsto dall’art. 161 c.p., posticipando notevolmente l’estinzione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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