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Ricettazione assegno smarrito: la Cassazione conferma

Un soggetto viene condannato per il reato di ricettazione per essere stato trovato in possesso di un assegno smarrito. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato, confermando un principio consolidato: l’appropriazione di un assegno smarrito, che conserva chiari segni di appartenenza altrui, integra il reato di furto. Di conseguenza, la successiva circolazione o il possesso del titolo da parte di terzi configura il delitto di ricettazione assegno smarrito. La Corte ha ritenuto il ricorso un mero tentativo di rivalutazione dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegno Smarrito: Quando Trovare un Titolo Diventa Reato

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema tanto comune quanto delicato: la ricettazione assegno smarrito. Con una recente ordinanza, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: chi si impossessa di un assegno smarrito e non lo restituisce commette furto, e chi lo riceve successivamente risponde di ricettazione. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere i confini tra un semplice ritrovamento e una condotta penalmente rilevante.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato trovato in possesso di un assegno che il legittimo proprietario aveva precedentemente denunciato come smarrito. Nei gradi di merito, i giudici avevano ritenuto provata la provenienza illecita del titolo e, di conseguenza, la responsabilità penale del possessore, il quale non era stato in grado di fornire una spiegazione credibile e lecita su come fosse entrato in possesso dell’assegno.

Contro la sentenza di condanna, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su un argomento principale: a suo dire, lo smarrimento di un bene non poteva configurare il “reato presupposto” necessario per il delitto di ricettazione, contestando quindi l’origine illecita del titolo.

Le Questioni Giuridiche Affrontate: il reato presupposto nella ricettazione assegno smarrito

Il ricorso sollevava due questioni principali. La prima, di carattere procedurale, riguardava l’ammissibilità stessa del ricorso. La Corte ha infatti rilevato come le argomentazioni della difesa fossero una mera riproposizione di quelle già presentate e respinte in appello, senza un reale confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata. Questo tipo di ricorso, definito “apparente”, è inammissibile in Cassazione, poiché questa Corte non può riesaminare i fatti del processo, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

La seconda questione, di natura sostanziale, è il cuore della decisione. È possibile configurare la ricettazione assegno smarrito? Per rispondere, la Corte ha dovuto prima qualificare giuridicamente l’atto di chi trova un assegno e se ne appropria. Secondo l’orientamento consolidato, beni come assegni, carte di credito o documenti personali, anche se smarriti, mantengono chiari ed evidenti i segni di un “legittimo possesso altrui”. Lo smarrimento non fa venir meno il legame giuridico tra il proprietario e il bene. Di conseguenza, chi trova un tale oggetto e non provvede alla sua restituzione, commette il reato di furto (art. 624 c.p.).

Il Principio Affermato dalla Corte sulla Ricettazione

Una volta stabilito che l’appropriazione di un assegno smarrito costituisce furto, la strada per configurare la ricettazione è spianata. Il furto diventa il “reato presupposto” richiesto dalla norma sulla ricettazione. Pertanto, chiunque, successivamente al furto, acquisti, riceva o comunque entri in possesso di tale assegno al fine di trarne profitto, commette il delitto di ricettazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su una duplice argomentazione. In primo luogo, ha censurato il profilo procedurale del ricorso, evidenziando come fosse fondato su doglianze di fatto, volte a ottenere una “rilettura” degli elementi probatori già valutati dai giudici di merito. Tale operazione è preclusa in sede di legittimità, dove il sindacato della Corte è limitato alla verifica della logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata.

Nel merito, la Corte ha ribadito la sua giurisprudenza costante in materia. Ha chiarito che “colui che se ne impossessa senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e che l’ulteriore circolazione del bene mediante il trasferimento a terzi comporta l’integrazione del reato di ricettazione da parte dei successivi possessori“. I giudici hanno sottolineato come l’imputato non avesse fornito alcuna spiegazione plausibile sull’origine del possesso dell’assegno, un onere che grava su chi viene trovato in possesso di un bene di provenienza sospetta. La mancanza di una giustificazione credibile, unita alla natura del bene (un assegno bancario), è stata considerata un elemento sufficiente a desumere la consapevolezza della sua provenienza delittuosa.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio di diritto: lo smarrimento di un assegno non ne rende lecito l’impossessamento. Chi lo trova ha il dovere di restituirlo; se non lo fa, commette furto. Di conseguenza, chiunque entri in possesso di quell’assegno in un momento successivo può essere chiamato a rispondere del più grave reato di ricettazione. La decisione serve da monito: il possesso ingiustificato di beni che appartengono chiaramente ad altri, anche se rinvenuti casualmente, può avere conseguenze penali significative. La mancanza di una spiegazione attendibile sulla provenienza del bene è un fattore che i giudici valutano con estremo rigore.

Chi trova un assegno smarrito e non lo restituisce commette un reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’assegno, anche se smarrito, conserva chiari segni di appartenenza a un’altra persona. Impossessarsene senza provvedere alla restituzione integra il reato di furto.

È possibile essere condannati per ricettazione di un assegno smarrito?
Sì. Poiché l’appropriazione di un assegno smarrito è qualificata come furto (reato presupposto), la successiva ricezione o il possesso di tale assegno da parte di un’altra persona, consapevole della sua origine illecita, configura il reato di ricettazione.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per un duplice motivo: in primo luogo, era una mera riproposizione delle argomentazioni già respinte in appello, senza un reale confronto critico con la sentenza; in secondo luogo, tendeva a una nuova valutazione dei fatti, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione, la quale giudica solo sulla corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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