Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9715 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9715 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ADRANO il 11/10/1981
avverso la sentenza del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta provenienza illecita dell’assegno oggetto del reato di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente, non risulta formulato in termini consentiti in questa sede per un duplice ordine di ragioni: in primis, emerge come esso non sia connotato dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’ art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc pen., poiché fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quell già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano in particolare le pagg. 3-6 della impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base del decisum, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso; in secundis, deve sottolinearsi come tale motivo di ricorso, prospettando doglianze in punto di fatto, risulta anche teso a prospettare una alternativa ricostruzione della vicenda fattuale mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, mentre esula dai poteri di questa Corte quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione (per tutte: Sez U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944), avendo l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo del decisum un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizion processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074); Corte di Cassazione – copia non ufficiale che, nel caso de quo, a fronte dell’assunto della difesa, secondo cui non possa ritenersi sussistente, innanzitutto sotto il profilo materiale, il reato attribu ricorrente, non essendo ravvisabili a monte gli elementi costitutivi della fattispeci di cui all’art. 624, quale reato presupposto della vicenda criminosa in esame, chiarito preliminarmente che «Il presupposto del delitto della ricettazione non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale, poiché la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso» (ex plurimis, Sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277334 – 01), deve sottolinearsi che i giudici di appello hanno fatto corretta applicazione del principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui : «Nell’ipotesi di smarrimento di cose che, come gli assegni, le carte di credito o le carte PostePay, conservino chiari ed intatti i segni esteriori di legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione materiale fra la cosa ed i
suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo sul bene smarrito, con la conseguenza che colui che se ne impossessa senza provvedere alla sua restituzione commette il reato di furto e che l’ulteriore circolazione d bene mediante il trasferimento a terzi comporta l’integrazione del reato di ricettazione da parte dei successivi possessori» (cfr. Sez. 2, n. 4132 del 18/10/2019, dep. 2020, NOME COGNOME, Rv. 278225 – 01);
che, dunque, nel caso de quo, i giudici di merito, stabilita la provenienza illecita del bene e il fumus del reato di furto presupposto – avendo accertato come l’assegno fosse stato smarrito dal Marino, il quale aveva provveduto ad apposita denuncia, non essendo stato in grado il ricorrente di fornire alcuna indicazione sull’identità del soggetto da cui aveva ricevuto il titolo di credito da lui rimesso circolazione e non essendo state ritenute credibili, anche perché in contrasto con altre risultanze processuali, le sue dichiarazioni circa le modalità di rinvenimento nel possesso di tale titolo, contrariamente a quanto lamentato nel ricorso – in linea con l’orientamento consolidato di questa Corte (ex plurimis, Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Rv. 270120-01; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713-01), con motivazione esente da ogni vizio censurabile in questa sede, hanno congruamente esplicato le ragioni di fatto e di diritto in virtù delle qual deve ritenersi che il contegno dell’odierno ricorrente abbia pienamente integrato i presupposti tanto oggettivi quanto soggettivi del reato ex ar . 648 cod. pen., con superamento di ogni altra obiezione e richiesta;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende/
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.