Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 766 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 766 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOMECOGNOME nato a Cosenza il 6.2.1972, contro la sentenza della Corte d’r,ppello di Catanzaro del 28.3.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza con cui, in data 2/2/2022, il Tribunale di Cosenza aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di ricettazione e, con le circostanze attenuanti generiche, l’aveva condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia che deduce:
2.1 violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta configurabilità del delitto di ricettazione: rileva che le conclusioni cui son pervenute le due sentenze di merito non sono sorrette dalla prova del delitto ascritto al ricorrente che il giudice di primo grado ha ritenuto di poter rinvenire nelle dichiarazioni del Trovato il cui esame, in realtà, avrebbe dovuto essere immediatamente interrotto; segnala, ancora, come il Tribunale, prima, e la Corte d’appello, poi, non abbiano valutato l’esistenza del ragionevole dubbio sulla responsabilità dell’odierno ricorrente, tenuto conto della provenienza degli assegni dal Trovato, con cui l’imputato aveva un consolidato rapporto di fiducia tale da fondare la convinzione della liceità della loro provenienza; aggiunge che il materiale acquistato dal Trovato era stato ricevuto da costui con conseguente insussistenza di alcun profitto patrimoniale;
2.2 mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla prova del fatto al di là di ogni ragionevole dubbio: segnala il carattere confuso della ricostruzione operata dal giudice di prime cure che avrebbe imposto la assoluzione del ricorrente ai sensi dell’art. 530 comma 2, cod. proc. pen., in presenza di un dubbio non irragionevole circa la convinzione del Fiore sulla lecita provenienza del titolo;
2.3 inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si debba tener conto nell’applicazione della legge penale quanto al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ovvero della ipotesi attenuata di cui al quarto comma dell’art. 648 cod. pen.: segnala il difetto assoluto di motivazione in merito alla richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. che era invece a suo avviso giustificata dalla peculiarità della vicenda tale da poterla ricondurre nella fattispecie attenuata prevista dalla norma;
2.4 inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si debba tener conto nell’applicazione della legge penale con riguardo alla rideterminazione della pena in termini più favorevoli: ricondotto il
fatto nella ipotesi attenuata, la pena avrebbe potuto e dovuto essere rivisitata in termini più miti;
la Procura Generale ha trasmesso le proprie conclusioni insistendo per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché l’imputato non ha commesso il fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato con censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, all’esito di un conforme apprezzamento delle medesime emergenze istruttorie, del delitto di ricettazione “… perché … acquistava o comunque riceveva da persona rimasta ignota, nella piena consapevolezza della provenienza illecita, l’assegno bancario … della Banca Nuova filiale di Grotteria compendio di furto ai danni dell’intestatario … denunciato 8.4.2013 alla Stazione dei Carabinieri di Gioiosa NOME“.
Dalla lettura delle due sentenze di merito risulta che il giorno 25.11.2014 tale NOME COGNOME, su incarico del COGNOME, si era recato a versare un assegno di 5.000 euro tratto su un conto corrente della Banca Nuova; il giorno successivo la banca trattaria aveva elevato il protesto in quanto l’assegno, unitamente ad altri dello stesso carnet, era risultato oggetto di denuncia di smarrimento in data 8.4.2013 ed era munito di una firma di traenza falsa, apposta a nome di NOME COGNOME, deceduta nel mese di luglio del 2013 ed il cui conto corrente era stato chiuso in quel periodo.
Il Tribunale, come la Corte d’appello, non hanno considerato attendibile la versione difensiva fornita dal COGNOME il quale aveva riferito di aver ricevuto l’assegno da NOME COGNOME insieme ad altri due assegni postdatati, consegnati in pagamento di una fornitura di pellet e legna d’opera; i giudici di merito hanno spiegato che, pur in presenza di elementi testimoniali (le dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME) che avevano dato conto ed attestato l’esistenza di rapporti tra il COGNOME ed il Trovato, nessuna documentazione (fatture e/o documenti di trasporto) il ricorrente era stato in grado di produrre a riscontro dell transazione per la quale avrebbe ricevuto tre assegni del non irrilevante e complessivo importo di euro 15.000 che il Trovato aveva a sua volta negato di avergli consegnato.
3.1 Tanto premesso, rileva il collegio che i primi due motivi del ricorso, con cui la difesa denunzia la violazione del principio del superamento di ogni ragionevole dubbio sulla responsabilità, sono manifestamente infondati.
E’ in primo luogo appena il caso di richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (cfr., Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108 01; Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245 – 01).
Nel caso di specie, se è vero che il Trovato non poteva certamente ammettere la disponibilità degli assegni provento di furto, per di più, secondo il ricorrente, consegnati in pagamento di merce, è pur vero che la prova del possesso dei titoli in capo al COGNOME è circostanza del tutto pacifica in quanto ammessa dallo stesso odierno ricorrente.
La difesa, infatti, insiste sul profilo della consapevolezza della loro provenienza delittuosa che, tuttavia, i giudici di merito hanno congruamente e linearmente desunto da una serie di elementi di cui hanno dato conto e che, peraltro, non sono a loro volta controversi: a partire, per l’appunto, dalla inesistenza di ogni documentazione a supporto della ricezione di assegni postdatati per 15.000 euro e che, nonostante si trattasse di assegni di importo tale da non poter essere trasferiti, risultavano emessi a nome di persona diversa da colui che, secondo il Fiore, li avrebbe consegnati in pagamento (cfr., per la rilevanza, ai fini della prova della consapevolezza della sua provenienza illecita, della ricezione dell’assegno in violazione delle regole che ne disciplinano la circolazione, Sez. 2 , n. 34522 del 13/06/2019, COGNOME, Rv. 276428 – 01; conf., tra le non massimate, Sez. 7, n. 28774 del 4/6/2024, COGNOME; Sez. 2, n. 40341 del 7/6/2023, COGNOME; Sez. 2, n. 34918 del 24/5/2023, COGNOME).
3.2 Il terzo motivo è manifestamente infondato avendo la Corte congruamente motivato, in punto di diritto, sull’impossibilità di ricondurre l’episodio nell’ambito della ipotesi attenuata di cui al comma 4 dell’art. 648 cod. pen. valorizzando, a tal fine, sia l’importo dell’assegno, certamente non modesto e sicuramente non irrilevante, tale da precludere ogni ulteriore valutazione ai fini del riconoscimento del fatto “lieve” (cfr., sul punto, Sez. U, n. 35535 del 12/7/2007, Rv. 296614).
Dalla suindicata incensurabile valutazione operata dai giudici di merito consegue, ineluttabilmente, l’impossibilità, per Is pena edittale prevista per il
· GLYPH delitto in esame, di invocare l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen..
3.4 Manifestamente infondato è infine il quarto motivo di ricorso, atteso che la pena inflitta al ricorrente corrisponde al minimo edittale su cui è stata applicata la riduzione massima per le pur riconosciute circostanze attenuanti generiche.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo ragioni che consentano di escludere profili di colpevolezza nell’attivare l’impugnazione.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21.11.2024