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Ricettazione assegno: quando non si applica l’attenuante

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23742/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per ricettazione di un assegno rubato. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove, come il riconoscimento dell’imputato, spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità. Inoltre, ha confermato il principio per cui l’attenuante del danno di speciale tenuità non si applica alla ricettazione assegno, poiché il valore da considerare è il suo potenziale utilizzo, non il costo del documento cartaceo.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegno: la Cassazione Nega l’Attenuante del Danno Esiguo

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 23742/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di reati contro il patrimonio: la ricettazione assegno. Il caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del sindacato della Suprema Corte sulla valutazione delle prove e, soprattutto, i criteri per l’applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità. La decisione chiarisce perché ricevere un assegno rubato, anche se di valore apparentemente nullo, costituisca una condotta grave, non meritevole di sconti di pena legati al valore del bene.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dalla condanna di una donna per il reato di ricettazione, per aver ricevuto un assegno proveniente da un furto. La Corte di Appello di Bologna aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo provata la responsabilità dell’imputata. La difesa, non rassegnata, proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. L’incertezza e la scarsa attendibilità delle dichiarazioni con cui la persona offesa aveva riconosciuto l’imputata come colei che le aveva consegnato l’assegno.
2. Il mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale prevista per la ricettazione, legata al danno patrimoniale di particolare tenuità, dato l’esiguo valore economico del singolo assegno come documento cartaceo.

La Procura Generale presso la Corte di Cassazione chiedeva che il ricorso fosse dichiarato inammissibile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto la richiesta della Procura, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Primo Motivo di Ricorso: La Valutazione delle Prove

Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito un principio cardine del suo ruolo: essa è un giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado. Il suo compito è limitato a verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, basandosi su un riconoscimento effettuato dalla persona offesa con un alto grado di certezza (99%) e corroborato da un riscontro oggettivo: il codice fiscale fornito al momento della consegna dell’assegno corrispondeva a quello dell’imputata.

Secondo Motivo di Ricorso: La Ricettazione Assegno e l’Attenuante del Danno Esiguo

Il cuore della sentenza risiede nella disamina del secondo motivo, ritenuto manifestamente infondato. La Corte riafferma un orientamento consolidato: l’attenuante del danno di speciale tenuità non è applicabile alla ricettazione assegno o di altri documenti simili.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su una distinzione cruciale: il valore da considerare non è quello del supporto cartaceo (lo stampato dell’assegno), che è irrisorio, ma quello derivante dalla sua “potenziale utilizzabilità”. Un assegno in bianco, anche se non compilato, rappresenta un potenziale danno economico non determinabile a priori, ma certamente non esiguo. Può essere riempito con qualsiasi importo, utilizzato per truffe o per altre attività illecite. Pertanto, il danno patrimoniale non può essere qualificato come “di speciale tenuità”.

Inoltre, la Corte ricorda che, anche qualora il valore del bene ricettato fosse oggettivamente basso, questo è solo uno degli elementi da considerare. Ai fini del riconoscimento dell’attenuante, il giudice deve valutare la gravità complessiva del fatto, l’entità del profitto conseguito e la capacità a delinquere dell’agente, secondo i parametri dell’art. 133 del codice penale. Se il valore del bene non è esiguo, l’attenuante deve essere sempre esclusa. Se è esiguo, il giudice può comunque escluderla se altri elementi indicano una certa gravità della condotta.

Le Conclusioni

La sentenza n. 23742/2024 consolida due principi fondamentali. Primo, il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti. Secondo, e più importante per la pratica legale, la ricettazione assegno è un reato che, per sua natura, difficilmente può beneficiare dell’attenuante del danno di lieve entità. La pericolosità non risiede nel pezzo di carta, ma nel suo potenziale illecito. Questa decisione serve da monito: la circolazione di documenti e titoli di credito di provenienza illecita è considerata dall’ordinamento una condotta grave, a prescindere dal valore nominale o intrinseco del singolo documento.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove, come il riconoscimento di un imputato?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può effettuare una nuova valutazione delle prove o degli indizi. Il suo compito è verificare la coerenza e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito dei fatti.

Perché nel reato di ricettazione assegno non si applica l’attenuante del danno di speciale tenuità?
Perché il valore rilevante ai fini del danno non è quello del pezzo di carta, ma quello, non determinabile a priori, derivante dalla potenziale utilizzabilità dell’assegno. Poiché questo potenziale danno non può essere considerato esiguo, l’attenuante è generalmente esclusa.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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