Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43283 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43283 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ARNÒ NOME, nata a Messina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2024 della Corte d’appello di Milano dato avviso alle parti;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore di NOME, il quale ha ulteriormente argomentato in ordine all’ammissibilità e alla fondatezza del ricorso e ha chiesto che lo stesso venga riassegnato alla sezione competente; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione, sotto i profili dell violazione «delle regole di valutazione della prova previste dall’articolo 192 c.p.p.» e «del principio processuale di cui all’art. 533, co. 1 c.p.p., relativ all’accertamento della colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”», con riguardo all’affermazione di responsabilità della ricorrente per il reato di ricettazione di un assegno a lei attribuito, non è consentito in questa sede di legittimità perché la ricorrente, pur avendo espresso delle censure riconducibili alle categorie del vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen, in realtà, non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea – con la quale, per di più,
neppure si confronta compiutamente, sicché il motivo risulta anche generico – in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio, evocando così null’altro che una lettura alternativa dello stesso materiale, dovendosi, invece, ribadire sul punto la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre: Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260-01);
che, nel caso di specie, la Corte d’appello di Milano, contrariamente a quanto lamentato nel ricorso, con motivazione esente da ogni vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ha compiutamente esplicato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, le pagine da 3 a 5 della sentenza impugnata) in ordine: a) all’acquisto o ricezione, da parte dell’imputata, dell’assegno di provenienza furtiva (e non meramente falsificato) di cui all’imputazione, assegno che era stato incassato dalla Amò; b) all’assenza di giustificazioni, sempre da parte dell’imputata, a tale riguardo, facendo così applicazione del consolidato orientamento della Corte di cassazione – tra le moltissime: Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120-01; Sez. 2, n. 53017 del 22/11/2016, Alotta, Rv. 268713-01 – secondo cui la prova dell’elemento soggettivo della ricettazione può essere raggiunta anche dall’omessa o non attendibile indicazione, da parte del soggetto che ne abbia il possesso, della provenienza della cosa ricevuta, ciò che costituisce prova della conoscenza dell’illiceità della stessa provenienza, senza che, come è stato pure chiarito, ciò costituisca una deroga ai principi in materia di onere della prova né un vulnus alle guarentigie difensive;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.