Ricettazione assegno: la Cassazione fissa i paletti per l’ammissibilità del ricorso
Il reato di ricettazione assegno rappresenta una fattispecie complessa, i cui contorni vengono spesso definiti dalla giurisprudenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti cruciali sui limiti e le condizioni di ammissibilità del ricorso, chiarendo perché la semplice reiterazione dei motivi di appello e le censure tardive su aggravanti e attenuanti non possono trovare accoglimento in sede di legittimità. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I fatti del caso: la condanna per aver ricevuto un assegno rubato
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di ricettazione, previsto dall’art. 648 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver ricevuto un modulo di assegno bancario in bianco, risultato poi oggetto di furto. La condanna nei gradi di merito si fondava su diverse prove, tra cui il riconoscimento fotografico da parte della persona offesa, che lo aveva identificato come il soggetto coinvolto nelle trattative e il destinatario finale del titolo. A ciò si aggiungeva il carattere fittizio della società per cui l’assegno era stato apparentemente utilizzato e l’assenza di una spiegazione credibile da parte dell’imputato sulla legittima disponibilità del titolo.
I motivi del ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata valutazione delle prove: Contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla sua condanna, sostenendo che le prove non fossero sufficienti.
2. Mancata esclusione della recidiva: Lamentava che i giudici non avessero escluso l’aggravante della recidiva semplice.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si doleva del diniego delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.
La decisione della Suprema Corte: ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o meno dell’imputato, ma si ferma a un livello precedente, quello procedurale, stabilendo che i motivi presentati non avevano i requisiti per essere esaminati. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria.
Le motivazioni: un’analisi punto per punto sul caso di ricettazione assegno
La Corte ha smontato ciascun motivo di ricorso con argomentazioni precise, che costituiscono un vademecum sull’arte del ricorrere in Cassazione.
Il primo motivo: la reiterazione non è una critica valida
Il primo motivo è stato giudicato indeducibile perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti e le prove. Il suo compito è il ‘vaglio di legittimità’, cioè verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la condanna sulla base di elementi concreti. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio consolidato in materia di ricettazione assegno: chi riceve un assegno in bianco al di fuori dei normali canali di circolazione (ad esempio, direttamente dal titolare del conto) deve essere considerato consapevole della sua provenienza illecita, a meno che non fornisca una spiegazione alternativa plausibile.
Il secondo motivo: l’eccezione tardiva sulla recidiva
La contestazione sulla recidiva è stata dichiarata inammissibile per una ragione puramente procedurale. Ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile sollevare in Cassazione questioni che non siano state specificamente dedotte nei motivi di appello. Poiché l’imputato non aveva contestato l’aggravante nel precedente grado di giudizio, la sua doglianza è stata ritenuta tardiva e, quindi, inammissibile.
Il terzo motivo: il diniego delle attenuanti generiche
Anche il terzo motivo è stato respinto come manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che il giudice di merito, nel decidere se concedere o meno le attenuanti generiche, non è obbligato ad analizzare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che basi la sua decisione sugli elementi ritenuti più rilevanti. Nel caso di specie, i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato erano stati considerati un elemento decisivo e sufficiente a giustificare il diniego delle attenuanti, rendendo la motivazione della Corte d’Appello immune da censure di illogicità.
Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza ribadisce tre principi fondamentali. Primo, in un caso di ricettazione assegno, la provenienza illecita del titolo si presume quando la sua circolazione avviene in modo anomalo. Secondo, il ricorso in Cassazione deve contenere una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata, non una mera riproposizione delle difese precedenti. Terzo, le questioni procedurali, come la tempestiva contestazione delle aggravanti, sono decisive per l’ammissibilità del ricorso. Per l’imputato e il suo difensore, ciò significa che la strategia processuale deve essere costruita con attenzione fin dai primi gradi di giudizio, poiché le omissioni e le negligenze non possono essere sanate davanti alla Suprema Corte.
Perché il ricorso contro la condanna per ricettazione assegno è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi presentati erano una semplice reiterazione di quelli già respinti in appello, la contestazione sull’aggravante della recidiva non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio e il motivo sul diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto manifestamente infondato.
Cosa significa che la consapevolezza dell’origine illecita di un assegno si presume?
Significa che, secondo un orientamento consolidato, chi riceve o acquista un assegno bancario in bianco al di fuori dei canali legali e regolamentati (cioè, non dal titolare del conto o da un suo delegato) si presume essere a conoscenza del fatto che l’assegno proviene da un reato, a meno che non fornisca una spiegazione credibile e alternativa sulla sua legittima provenienza.
È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la recidiva o il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche?
No. La contestazione sulla recidiva deve essere mossa nei motivi d’appello, altrimenti non può essere presentata in Cassazione. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, sebbene la questione possa essere sollevata, il ricorso è destinato all’inammissibilità se il giudice di merito ha fornito una motivazione logica e non palesemente errata per il suo diniego, come basarsi sui precedenti penali dell’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9026 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9026 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SIDERNO il 18/01/1959
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME Rocco;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito nella parte in cui ha correttamente ritenuto provata la responsabilità dell’imputato per il reato contestato alla luce delle varie risultanze probatorie tra cui il riconoscimento fotografico, effettuato della p.o, dell’odierno ricorrente quale soggetto coinvolto nelle trattive e consegnatario del titolo risultato poi oggetto di furto, il carattere fittizio della società nei cui confronti la p.o. ave emesso le fatture per gli ordinativi di merce e, infine, l’assenza di una credibile ricostruzione alternativa da parte del ricorrente in ordine alla disponibilità del titolo (si vedano in particolare pag. 5-6 della sentenza impugnata);
considerato, inoltre, il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in tema di ricettazione, deve ritenersi sussistente la consapevolezza dell’illecita provenienza del bene in capo al soggetto che riceva o acquisti un modulo di assegno bancario in bianco al di fuori delle regole che ne disciplinano la circolazione, trattandosi di documento che, per sua natura e destinazione, è in possesso esclusivo del titolare del conto corrente o di persona dallo stesso delegata (Sez. 2, n. de/ 13/06/2019, Rv. 276428 – 01); dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che denuncia la mancata esclusione della circostanza aggravante della recidiva semplice non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si vedano pag. 4-5 della sentenza impugnata), che l’odierno ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 6 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio
affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisi o comunque rilevanti, quali, nel caso di specie, i numerosi precedenti penali anche specifici da cui risulta essere gravato il ricorrente, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
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