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Ricettazione assegno: la prova della consapevolezza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per ricettazione assegno, accogliendo il ricorso di un imputato. La Corte ha stabilito che per la configurabilità del reato non è sufficiente il mero possesso del titolo, ma è indispensabile dimostrare la consapevolezza dell’imputato circa la sua provenienza illecita. La corte d’appello aveva omesso di verificare questo elemento soggettivo fondamentale.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegno: La Prova della Consapevolezza è Essenziale per la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 27252/2025, riafferma un principio cruciale in materia di ricettazione assegno: per poter condannare un imputato, non basta provare che fosse in possesso di un titolo di provenienza illecita, ma è necessario dimostrare in modo inequivocabile la sua consapevolezza riguardo a tale origine. Il caso analizzato offre un chiaro esempio di come la mancata verifica di questo elemento soggettivo possa portare all’annullamento di una condanna.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Venezia, che aveva parzialmente riformato una decisione del Tribunale di Treviso. L’imputato era stato inizialmente accusato di truffa e ricettazione. In appello, il reato di truffa è stato dichiarato prescritto, ma la condanna per la ricettazione di un assegno bancario, risultato essere provento di contraffazione, è stata confermata, seppur con una rideterminazione della pena a due anni e due mesi di reclusione e 600 euro di multa.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato era entrato in possesso di un assegno contraffatto. Tuttavia, la difesa ha deciso di portare il caso fino all’ultimo grado di giudizio, contestando la validità della condanna.

Il Ricorso in Cassazione: La Contestazione sulla Consapevolezza nella Ricettazione Assegno

Il motivo principale del ricorso presentato alla Corte di Cassazione si fondava su due pilastri: la violazione di legge e il vizio di motivazione per travisamento delle risultanze probatorie.

In sostanza, la difesa sosteneva che la Corte di Appello avesse condannato l’imputato in modo automatico, basandosi sul semplice fatto che egli avesse la disponibilità dell’assegno. Secondo il ricorrente, i giudici di secondo grado avevano omesso un passaggio logico e giuridico fondamentale: verificare se l’imputato:

1. Fosse concretamente consapevole della provenienza illecita del titolo;
2. Lo avesse effettivamente ricevuto, acquistato o ottenuto in qualche modo, presupposto materiale del reato di ricettazione.

L’argomentazione difensiva puntava a evidenziare come la motivazione della sentenza d’appello fosse carente proprio sull’accertamento dell’elemento psicologico del reato, ovvero il dolo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato. Pur nella sua concisa statuizione, la Corte ha implicitamente accolto le censure mosse dalla difesa. Dichiarare il ricorso “fondato” significa che i giudici di legittimità hanno riconosciuto la validità delle argomentazioni dell’imputato.

La decisione sottolinea che, per integrare il delitto di ricettazione, non è sufficiente la mera detenzione di un bene di origine delittuosa. È onere dell’accusa provare, e compito del giudice accertare con adeguata motivazione, la sussistenza dell’elemento soggettivo. Questo consiste nella piena consapevolezza, da parte dell’agente, che il bene ricevuto proviene da un reato. In assenza di tale prova, la condanna è illegittima. La Corte d’appello non aveva adeguatamente motivato su questo punto cruciale, basando la sua decisione su un’ipotesi non supportata da prove concrete circa la conoscenza dello stato illecito dell’assegno da parte dell’imputato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale nel diritto penale: la responsabilità penale è personale e richiede un’accurata dimostrazione non solo del fatto materiale (l’aver ricevuto l’assegno), ma anche dell’atteggiamento psicologico (la consapevolezza della sua origine illecita).

Le implicazioni sono significative:

* Onere della Prova: L’accusa deve fornire elementi concreti da cui desumere la conoscenza della provenienza delittuosa del bene, senza potersi basare su semplici congetture.
* Obbligo di Motivazione: I giudici di merito devono esplicitare nel dettaglio il percorso logico-giuridico attraverso cui hanno accertato la sussistenza del dolo di ricettazione.

In conclusione, una condanna per ricettazione assegno non può fondarsi su automatismi, ma deve essere il risultato di un rigoroso accertamento che includa, senza ombra di dubbio, la prova della malafede dell’imputato.

Cosa è necessario per essere condannati per ricettazione di un assegno?
Non è sufficiente il solo possesso dell’assegno di provenienza illecita. La sentenza stabilisce che è indispensabile che l’accusa provi la piena consapevolezza dell’imputato circa l’origine illegale del titolo.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La Corte ha annullato la condanna perché la Corte di Appello non aveva verificato né motivato adeguatamente sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, ovvero se l’imputato fosse consapevole che l’assegno era frutto di contraffazione.

Cosa significa che il ricorso è stato ritenuto ‘fondato’?
Significa che la Corte di Cassazione ha ritenuto corrette e valide le argomentazioni presentate dalla difesa dell’imputato. Di conseguenza, ha annullato la decisione del giudice precedente che si basava su una motivazione ritenuta viziata o contraria alla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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