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Ricettazione assegno falso: reato anche se depenalizzato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la ricettazione di un assegno falso. La difesa sosteneva che il reato non sussistesse, poiché il delitto presupposto (falso in scrittura privata) è stato depenalizzato. La Corte ha stabilito che la provenienza del bene da un delitto va valutata secondo la legge in vigore al momento del fatto, rendendo irrilevante la successiva depenalizzazione. Pertanto, la ricettazione di assegno falso rimane un reato.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Ricettazione di Assegno Falso: Un Reato che Sopravvive alla Depenalizzazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3920 del 2024, ha affrontato un’interessante questione giuridica, ribadendo un principio fondamentale in materia di ricettazione assegno falso. La pronuncia stabilisce che ricevere un assegno, pur sapendo che è stato falsificato, costituisce reato di ricettazione anche se il reato presupposto, ovvero il falso in scrittura privata, è stato nel frattempo depenalizzato. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica.

Il Caso in Esame: Un Ricorso contro la Condanna per Ricettazione

La vicenda nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato nei gradi di merito per il reato di ricettazione. L’oggetto del reato era un assegno bancario munito di clausola di non trasferibilità, che era stato oggetto di falsificazione. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha impugnato la sentenza di condanna davanti alla Corte di Cassazione, basando le sue argomentazioni su un unico, ma cruciale, motivo.

La Tesi Difensiva: la Depenalizzazione del Reato Presupposto

Il ricorrente sosteneva che la sua condanna fosse illegittima a causa della depenalizzazione del reato di falso in scrittura privata, operata dal Decreto Legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016. Secondo questa tesi, dal momento che la falsificazione dell’assegno non costituiva più un delitto, sarebbe venuto meno il presupposto stesso della ricettazione, ovvero la provenienza della cosa da un “delitto”. Di conseguenza, la condotta di ricevere l’assegno non avrebbe più dovuto essere considerata penalmente rilevante.

La Decisione della Cassazione sulla Ricettazione di Assegno Falso

La Suprema Corte ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso “manifestamente infondato” e, quindi, inammissibile. I giudici hanno chiarito la corretta interpretazione della legge, allineandosi alla giurisprudenza consolidata in materia.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella natura del reato di ricettazione e nel principio di successione delle leggi penali nel tempo. La Corte ha spiegato che, ai fini della configurabilità della ricettazione, l’elemento della “provenienza da delitto” dell’oggetto materiale è definito da una norma esterna alla fattispecie incriminatrice.

L’aspetto cruciale, sottolineano i giudici, è che la rilevanza penale del fatto-presupposto (in questo caso, il falso in scrittura privata) deve essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui tale fatto è stato commesso. Se, al momento della sua falsificazione, l’assegno proveniva da un fatto che la legge qualificava come delitto, la successiva abrogazione o depenalizzazione di quel reato non ha alcun effetto retroattivo sulla configurabilità della ricettazione.

In altre parole, l’eventuale abrogazione della norma che puniva il falso non cancella la natura illecita originaria del bene. Chi riceve quel bene, essendo consapevole della sua provenienza criminosa al tempo in cui fu commessa, risponde di ricettazione. La condotta di ricezione della cosa è autonoma e la sua illiceità si cristallizza nel momento in cui avviene, basandosi sulla situazione giuridica esistente all’epoca del reato presupposto.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Essa conferma che il reato di ricettazione mantiene la sua piena operatività anche quando il reato da cui proviene il bene viene depenalizzato. Questo principio serve a tutelare l’ordine economico e a sanzionare la circolazione di beni di provenienza illecita, indipendentemente dalle successive scelte del legislatore sulla punibilità del reato originario. La decisione rafforza la nozione che la valutazione della colpevolezza deve essere ancorata al contesto normativo vigente al momento della commissione del fatto. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Se ricevo un assegno che so essere stato falsificato, commetto reato anche se il falso in scrittura privata è stato depenalizzato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la rilevanza penale del fatto originario (il falso) va valutata al momento in cui è stato commesso. La successiva depenalizzazione non elimina il reato di ricettazione per chi ha ricevuto l’assegno sapendolo di provenienza illecita.

Perché la ricettazione rimane un reato in questo caso?
Perché il reato di ricettazione è autonomo. Ciò che conta è che l’oggetto materiale del reato provenga da un “delitto” secondo la legge in vigore al momento della commissione di tale delitto. L’eventuale abrogazione successiva di quella norma non influisce sulla condotta di chi, successivamente, ha ricevuto il bene illecitamente.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, confermando così la sussistenza del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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