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Ricettazione assegno: dolo e pena secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18409/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per ricettazione assegno. La Corte ha confermato che il versamento su conto proprio non esclude il dolo e che il danno corrisponde al valore facciale del titolo, escludendo l’attenuante del danno di speciale tenuità.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegno: La Prova del Dolo e il Valore del Danno

Il reato di ricettazione assegno è una fattispecie complessa, dove la prova della consapevolezza della provenienza illecita del titolo (il dolo) rappresenta spesso il fulcro del processo. Con la recente sentenza n. 18409 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su questo tema, confermando principi consolidati e chiarendo aspetti cruciali relativi alla valutazione del danno e all’applicazione delle attenuanti. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

Il Fatto: la condanna per ricettazione di un assegno bancario

Il caso ha origine dalla condanna di un’imputata, confermata in primo grado e in appello, alla pena di due anni e tre mesi di reclusione e tremila euro di multa per il reato di ricettazione di un assegno bancario. L’imputata aveva ricevuto un assegno di provenienza illecita, di importo considerevole (oltre trentaduemila euro), e lo aveva versato sul proprio conto corrente.

Contro la sentenza della Corte di Appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il difensore dell’imputata ha articolato il ricorso su più punti, sostenendo principalmente:

* Violazione di legge per carenza di prova: Secondo la difesa, non era stata provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la consapevolezza della provenienza delittuosa dell’assegno. Il fatto che l’imputata avesse versato il titolo sul proprio conto corrente personale sarebbe, a suo dire, un elemento a favore della sua buona fede.
* Errata applicazione delle norme penali: Venivano contestate l’automatica applicazione della recidiva, il bilanciamento delle circostanze e, soprattutto, il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale prevista per i casi di danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 648, quarto comma, cod. pen.).
* Vizio di motivazione: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente risposto ai rilievi difensivi presentati.

La Decisione della Cassazione sulla Ricettazione Assegno

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo basato su motivi non consentiti in sede di legittimità, generici e, in parte, reiterativi di argomenti già esaminati e respinti dai giudici di merito.

La Prova del Dolo nella Ricettazione

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la prova del dolo nella ricettazione assegno può essere desunta anche da elementi indiretti. Nel caso di specie, la mancanza di una qualsiasi giustificazione plausibile riguardo alla provenienza e al possesso di un assegno non trasferibile di così elevato importo è stata considerata un elemento idoneo a dimostrare la consapevolezza dell’origine illecita del titolo. Il versamento sul proprio conto corrente, lungi dall’escludere il dolo, non è stato ritenuto un elemento sufficiente a superare il quadro indiziario a carico dell’imputata.

L’Attenuante del Danno e la Recidiva

Un punto centrale della sentenza riguarda la valutazione del danno. La difesa sosteneva che il danno dovesse essere considerato di speciale tenuità, ma la Corte ha specificato che, in caso di ricettazione di assegni già compilati, il danno non è il semplice valore cartaceo del modulo, bensì l’importo economico rappresentato dal titolo stesso. Trattandosi di una somma superiore a 32.000 euro, era impossibile applicare l’attenuante.

Anche la recidiva è stata correttamente riconosciuta, data la “reiterazione allarmante di condotte delittuose contro il patrimonio” e la presenza di precedenti specifici per truffa, che evidenziavano una continuità nel percorso criminale e una maggiore pericolosità sociale.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso poiché le argomentazioni della difesa si limitavano a riproporre una diversa lettura dei fatti, non consentita in sede di legittimità, senza individuare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata. La Corte di Appello, secondo gli Ermellini, aveva fornito una motivazione logica e coerente, sia sulla sussistenza del dolo sia sui criteri di determinazione della pena. Inoltre, alcuni motivi, come quello sul bilanciamento delle circostanze, erano stati proposti per la prima volta in Cassazione, risultando quindi preclusi.

Le Conclusioni

Questa pronuncia consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di ricettazione assegno. Emerge con chiarezza che chi viene trovato in possesso di un bene di provenienza illecita ha l’onere di fornire una spiegazione credibile, in mancanza della quale la consapevolezza del reato può essere presunta. La sentenza chiarisce inoltre in modo definitivo che, per gli assegni, il danno patrimoniale coincide con il loro valore facciale, limitando drasticamente la possibilità di invocare l’attenuante della speciale tenuità del danno per titoli di importo significativo.

Versare un assegno di provenienza illecita sul proprio conto corrente esclude il reato di ricettazione?
No. Secondo la Corte, questa circostanza non è sufficiente a escludere la consapevolezza della provenienza delittuosa del titolo, specialmente in assenza di una giustificazione plausibile per il suo possesso.

Nel reato di ricettazione assegno, il danno patrimoniale corrisponde al valore del foglietto di carta o all’importo indicato?
Il danno patrimoniale è quello rappresentato dall’importo recato dal titolo e non il mero valore cartaceo del modulo. Questo impedisce l’applicazione dell’attenuante speciale del danno di particolare tenuità per assegni di importo elevato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché basato su motivi non consentiti in sede di legittimità, generici, e in parte reiterativi di questioni già decise o proposti per la prima volta in Cassazione, violando i requisiti di specificità richiesti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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