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Ricettazione assegni smarriti: quando è reato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di ricettazione a carico di un soggetto trovato in possesso di assegni postali denunciati come smarriti. La sentenza chiarisce che l’appropriazione di un assegno smarrito costituisce furto, non un illecito depenalizzato. Di conseguenza, chi riceve tali assegni, consapevole della loro provenienza illecita, risponde del delitto di ricettazione. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, ribadendo la consolidata giurisprudenza in materia di ricettazione assegni smarriti.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegni Smarriti: La Cassazione Conferma il Reato

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema tanto comune quanto delicato: la ricettazione assegni smarriti. La decisione ribadisce un principio fondamentale: chi si appropria di un assegno smarrito commette furto, e chi successivamente lo riceve, pur sapendone l’origine illecita, è colpevole di ricettazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 del codice penale. L’accusa era di aver ricevuto tre assegni postali, denunciati come smarriti dalla legittima proprietaria, e di averli utilizzati per effettuare pagamenti.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi:
1. Mancanza del reato presupposto: Sosteneva che, essendo gli assegni solo ‘smarriti’ e non ‘rubati’, non sussistesse il delitto di furto necessario per configurare la ricettazione. L’appropriazione di cose smarrite, infatti, è un illecito depenalizzato.
2. Errata qualificazione giuridica: Chiedeva, in subordine, di derubricare il fatto in furto, evidenziando una presunta contraddizione nella decisione dei giudici d’appello.
3. Applicazione della particolare tenuità del fatto: Riteneva di aver diritto alla causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., negata a causa della sua presunta ‘condotta abituale’.
4. Esclusione della recidiva: Contestava l’aumento di pena per la recidiva, ritenendola ingiustificata.

La Questione Giuridica: Ricettazione Assegni Smarriti o Furto?

Il fulcro del ricorso riguardava la natura del reato presupposto. La difesa puntava sul fatto che la denuncia fosse di ‘smarrimento’ e non di ‘furto’. Secondo questa tesi, mancando un delitto a monte, non poteva esistere la ricettazione. Questa argomentazione mette in discussione la linea di confine tra l’appropriazione di un bene smarrito (non più reato) e il furto, con tutte le conseguenze sulla configurabilità della ricettazione assegni smarriti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le argomentazioni della difesa e confermando la condanna. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire principi giuridici consolidati e chiarire alcuni aspetti fondamentali del diritto penale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La sentenza si fonda su un’analisi rigorosa dei motivi di ricorso, offrendo chiarimenti cruciali.

La Qualificazione del Fatto: Perché l’Appropriazione di Assegni è Furto

La Corte ha smontato la tesi difensiva principale, spiegando che, secondo la sua giurisprudenza costante, l’impossessamento di beni che, come gli assegni, conservano chiari e intatti i segni di un legittimo possesso altrui, non integra l’illecito depenalizzato di appropriazione di cose smarrite, bensì il delitto di furto (art. 624 c.p.). La denuncia di ‘smarrimento’ è irrilevante per la qualificazione giuridica del fatto: chi trova un assegno e non lo restituisce, lo sottrae al legittimo proprietario.

Il Dolo nella Ricettazione e l’Onere della Prova

Stabilito che il reato presupposto è il furto, la Corte ha confermato la ricettazione. Il principio applicato è semplice: chi viene trovato in possesso di un bene di provenienza illecita e non fornisce una spiegazione attendibile della sua origine, si presume consapevole di tale provenienza. Nel caso di specie, la versione dell’imputato è stata ritenuta inattendibile, soprattutto perché la proprietaria degli assegni ne aveva denunciato lo smarrimento.

Abitualità del Comportamento e Particolare Tenuità del Fatto

La Cassazione ha respinto anche il motivo relativo all’art. 131-bis c.p. Citando una sentenza delle Sezioni Unite, ha chiarito che il ‘comportamento abituale’ che esclude la particolare tenuità non coincide con la recidiva. Si considera abituale la condotta di chi ha commesso almeno due reati della stessa indole, oltre a quello in esame. I precedenti dell’imputato giustificavano, quindi, la valutazione dei giudici di merito.

La Valutazione della Recidiva

Infine, la Corte ha ritenuto sufficiente la motivazione della Corte d’Appello sull’applicazione della recidiva. I giudici avevano correttamente valutato i numerosi precedenti penali dell’imputato (per ricettazione, furto, falso e spaccio) come indice di una spiccata e perdurante pericolosità sociale, giustificando così l’aumento di pena.

Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi in materia di reati contro il patrimonio. In primo luogo, l’appropriazione di beni come assegni o carte di credito, anche se smarriti, è qualificata come furto. In secondo luogo, chi riceve tali beni e non sa giustificarne il possesso risponde di ricettazione. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’attenta valutazione delle circostanze fattuali e della storia criminale dell’imputato, sia per la configurabilità del reato che per la determinazione della pena, distinguendo nettamente istituti come la recidiva e l’abitualità del comportamento ai fini della non punibilità.

Chi trova un assegno smarrito e se ne appropria commette un reato?
Sì. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’impossessamento di un assegno, che conserva chiari segni di appartenenza a un’altra persona, integra il delitto di furto (art. 624 c.p.) e non la fattispecie, ormai depenalizzata, di appropriazione di cose smarrite.

Perché una persona può essere condannata per ricettazione di assegni smarriti e non per furto?
Si viene condannati per ricettazione quando non si è l’autore del reato iniziale (il furto dell’assegno), ma si riceve il bene proveniente da tale delitto, essendo consapevoli della sua origine illecita. Se l’imputato non fornisce una spiegazione credibile su come sia entrato in possesso dell’assegno, si presume che lo abbia ricevuto da chi lo ha rubato.

Avere precedenti penali impedisce sempre l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto?
Non automaticamente, ma può essere decisivo. La legge (art. 131-bis c.p.) esclude l’applicazione del beneficio se il comportamento è ‘abituale’. La Cassazione ha chiarito che si considera abituale la condotta di chi ha commesso almeno due reati della stessa indole oltre a quello per cui si procede. Pertanto, i precedenti specifici possono portare il giudice a ritenere la condotta abituale e a negare la non punibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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