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Ricettazione assegni: quando il reato è consumato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione assegni. Il reato si perfeziona con la sola ricezione dei titoli rubati, anche se non incassati. Irrilevante la mancata contestazione dei motivi nel precedente grado di appello.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Assegni: Quando si Perfeziona il Reato? L’Analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22539/2025, torna a pronunciarsi sul delitto di ricettazione assegni, un tema di grande rilevanza pratica. La decisione chiarisce in modo definitivo il momento in cui il reato si considera consumato e ribadisce principi fondamentali sull’elemento psicologico e sulle regole processuali per le impugnazioni. Analizziamo insieme questo importante provvedimento.

I Fatti: la Ricezione di Due Assegni Rubati

Il caso riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per il reato di ricettazione. L’imputato aveva ricevuto due moduli di assegni bancari, appartenenti a carnet diversi ma provenienti da un unico furto. Successivamente, aveva tentato di porli all’incasso presso due differenti istituti di credito.

La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello, tra cui l’errata applicazione della legge penale sulla continuazione tra i reati, la carenza di motivazione sull’elemento psicologico e la presunta inoffensività della condotta, dato che nessuna somma era stata effettivamente riscossa.

La Decisione della Cassazione sul Tema della Ricettazione Assegni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la condanna. La decisione si fonda su argomentazioni sia di natura processuale che sostanziale, offrendo spunti di riflessione cruciali per la comprensione del reato di ricettazione.

In primo luogo, i giudici hanno evidenziato come alcune delle doglianze (relative alla continuazione e al bilanciamento delle circostanze) fossero state sollevate per la prima volta in sede di legittimità. Tale pratica è vietata dal codice di procedura penale, che impone di presentare tutti i motivi di gravame già nell’atto di appello. Questo principio serve a garantire la progressione ordinata del processo e ad evitare tattiche dilatorie.

Le Motivazioni della Corte

Entrando nel merito delle questioni sostanziali, la Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive.

Il Momento Consumativo del Reato

Un punto centrale della sentenza riguarda il momento in cui si perfeziona la ricettazione assegni. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il delitto si consuma con la semplice ricezione del bene di provenienza illecita, a prescindere dal suo successivo utilizzo. Nel caso di specie, il reato era già perfetto nel momento in cui l’imputato ha ricevuto i moduli di assegno rubati. L’aver tentato di incassarli è un’azione successiva e irrilevante ai fini della configurabilità del reato, così come lo è il fatto che nessun danno patrimoniale concreto sia stato arrecato alla vittima. La Corte ha precisato che anche la ricezione di un modulo in bianco integra il reato, poiché il valore non è nello stampato in sé, ma nella sua potenziale utilizzabilità illecita.

L’Elemento Psicologico: il Dolo Eventuale

La difesa sosteneva la mancanza di prova sulla consapevolezza della provenienza illecita degli assegni. La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando la figura del dolo eventuale. Per la configurabilità della ricettazione, non è necessaria la certezza assoluta della provenienza delittuosa del bene, ma è sufficiente che l’agente si rappresenti la concreta possibilità di tale provenienza e ne accetti il rischio. Nel caso specifico, la ricezione di assegni senza una legittima causa e la successiva apposizione del proprio nome come beneficiario sono stati considerati elementi sufficienti a integrare tale forma di dolo, rendendo la condotta penalmente rilevante.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia della Corte di Cassazione rafforza alcuni principi cardine in materia di reati contro il patrimonio e di procedura penale. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Massima Attenzione nella Ricezione di Titoli di Credito: Chiunque riceva un assegno deve prestare la massima attenzione alla sua provenienza e alla legittimità della transazione sottostante. Accettare un titolo in circostanze sospette può integrare il grave delitto di ricettazione, anche nella forma del dolo eventuale.
2. Irrilevanza del Danno Effettivo: Il reato di ricettazione si consuma con la ricezione della cosa rubata. Non è necessario che da ciò derivi un effettivo danno economico o che l’agente riesca a trarne profitto. La legge punisce la condotta di far circolare beni di provenienza illecita.
3. Strategia Processuale Completa: La sentenza sottolinea l’importanza di articolare una difesa completa sin dai primi gradi di giudizio. I motivi di appello devono essere specifici e onnicomprensivi, poiché non sarà possibile introdurre nuove censure per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

Quando si considera consumato il reato di ricettazione di un assegno?
Il reato di ricettazione si consuma nel momento stesso in cui si riceve l’assegno di provenienza illecita. Non è necessario che l’assegno venga poi utilizzato o incassato, né che si verifichi un danno economico effettivo per la vittima.

È possibile essere condannati per ricettazione anche se non si ha la certezza che l’assegno sia rubato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che per la ricettazione è sufficiente il ‘dolo eventuale’. Questo significa che è punibile anche chi, pur non avendo la certezza assoluta, si rappresenta la concreta possibilità che il bene provenga da un delitto e ne accetta il rischio, ricevendolo comunque.

Posso presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No. La sentenza ribadisce che i motivi di impugnazione non proposti con l’atto di appello non possono essere sollevati per la prima volta in Cassazione. Tutte le censure devono essere articolate nei gradi di merito, salvo quelle rilevabili d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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