Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22539 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22539 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 6738/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a OZIERI il 14/04/1982
avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di Sassari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sezione distaccata di Sassari della Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza con cui, in data 17/072020, il Tribunale di Sassari aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei fatti di ricettazione a lui ascritti e, con le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla recidiva, operato l’aumento per la continuazione, l’aveva condannato alla pena finale di 2 e mesi 2 di reclusione ed euro 600 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; aveva disposto la confisca dei due assegni in sequestro;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 inosservanza o erronea applicazione della legge penale per esser stata ritenuta la continuazione tra i due reati e non già affermato l’assorbimento dell’uno nell’altro: rileva, infatti, che la Corte d’appello ha respinto la doglianza difensiva sostenendo che, nel caso di specie, si sarebbe trattato di due assegni appartenenti a due diversi carnet, provento di un unico furto e ricevuti dall’imputato in un’unica occasione;
2.2 inosservanza ovvero erronea applicazione della legge penale in ordine all’aumento per la continuazione ed al giudizio di valenza: segnala che, al netto dell’erronea duplicazione del fatto e dell’aumento per la continuazione, l’effetto mitigatorio legato al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche Ł stato di fatto annullato dall’applicazione della recidiva la cui esclusione comporterebbe l’intervenuta prescrizione del reato;
2.3 mancanza e/o contraddittorietà della motivazione: rileva la inadeguatezza della
motivazione in punto di elemento psicologico, erroneamente ancorata alla circolazione dell’assegno avvenuta al di fuori delle regole che la disciplinano, atteso che gli assegni erano regolarmente intestati al COGNOME che li aveva posti in pagamento;
2.4 inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità: violazione degli artt. 516, 521 e 604 cod. proc. pen. e difetto di correlazione tra contestazione e sentenza: rileva che nella sentenza impugnata si Ł dato atto della necessità di procedere alla correzione dell’errore materiale contenuto nell’intestazione di quella di primo grado e nel decreto di citazione in appello ma che, tuttavia, la mancanza della descrizione di parte della condotta comporta la nullità della sentenza anche in punto di continuazione;
2.5 erronea applicazione della legge penale: segnala che, nel caso di specie, proprio la valutazione globale degli effetti della condotta delittuosa avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a prendere atto che nessun effettivo pregiudizio era stato cagionato alla persona offesa perchØ nessuna somma era stata incassata con l’utilizzo degli assegni.
La Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile perchØ articolato con censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, all’esito di un conforme apprezzamento delle medesime emergenze istruttorie, di due fatti di ricettazione – oggetto di due distinti procedimenti riuniti in fase dibattimentale – relativi alla ricezione di due moduli di assegni bancari risultati provento di frutto in danno di NOME COGNOME avvenuto in data 12/03/2013 e la cui provenienza delittuosa Ł, invero, incontestata; altrettanto pacifica, per altro verso, Ł la circostanza della loro negoziazione ad opera dell’odierno imputato, che ne aveva presentato, per l’incasso, uno presso la Banca Carige e l’altro presso il Monte dei Paschi di Siena.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso sono preclusi poichØ le censure ivi articolate, che non implicato la risoluzione di questioni rilevabili d’ufficio, non avevano formato oggetto di doglianza con l’atto d’appello, non essendo perciò proponibili in questa sede ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 606, comma terzo e 609, comma secondo, cod. proc. pen..
Il terzo motivo del ricorso Ł manifestamente infondato.
Trattando dell’omologo motivo d’appello, la Corte territoriale (cfr., pagg. 12-14 della sentenza impugnata) ha spiegato che si trattava di assegni bancari e non trasferibili, che non avrebbero comunque potuto circolare ‘in bianco’, risultando tuttavia, dalla ricostruzione della vicenda e, invero, dalle stessa prospettazione difensiva, che il nome del COGNOME quale beneficiario dei due titoli di pagamento era stato inserito dal Fara in assenza, come pure Ł pacifico, di ogni effettiva e legittima ‘causale’.
Ed Ł appena il caso di ribadire che il delitto di ricettazione Ł punibile anche a titolo di dolo eventuale distinguendosi dalla contravvenzione di incauto acquisto in quanto, nel primo caso l’agente, pur rappresentandosi chiaramente la possibilità che il bene acquistato o ricevuto abbia una provenienza delittuosa, avendo colto gli elementi di allarme che lo avevano effettivamente messo in
guardia, decide ciò non di meno di riceverlo o acquistarlo, accettando consapevolmente il rischio di concretizzare una condotta delittuosa (cfr., Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246323 01); nella contravvenzione, invece, il rimprovero Ł di non aver colto quegli elementi di fatto (individuati dal legislatore nella natura del bene acquistato o ricevuto, nella qualità della persona che lo abbia offerto ovvero nella entità del prezzo) che avrebbero dovuto allarmare circa la provenienza del bene di cui si discute e che, invece, siano stati colpevolmente ignorati (cfr., Sez. 2, n. 51056 del 11/11/2016, Rv. 268945 – 01 in cui la Corte ha chiarito che, ai fini della configurabilità del reato contravvenzionale di cui all’art. 712, comma primo cod. pen., non Ł necessario che l’acquirente abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce, dovendosi invece ritenere che il reato sussista ogni qualvolta l’acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto indurre al sospetto, indipendentemente dal fatto che questo vi sia stato o meno).
Il quarto motivo Ł, a sua volta, manifestamente infondato.
Prescindendo dal rilievo secondo cui Ł stata la stessa difesa del COGNOME a sollecitare la riunione tra i due procedimenti (avendo il Tribunale omesso di riportare, nell’intestazione della sentenza, il capo di imputazione di quello che era stato riunito al procedimento piø risalente), Ł sufficiente anche in tal caso rilevare che l’eccezione Ł stata sollevata per la prima volta in questa sede dove era, pertanto, ormai preclusa (cfr., tra le tante, Sez. 4, n. 19043 del 29/03/2017, COGNOME, Rv. 269886 – 01, in cui la Corte ha ribadito che la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza integra una nullità a regime intermedio che, in quanto verificatasi in primo grado, può essere dedotta fino alla deliberazione della sentenza nel grado successivo; ne consegue che detta violazione non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità; conf., Sez. 6, n. 31436 del 12/07/2012, COGNOME, Rv. 253217 – 01).
La stessa genericità del capo di imputazione, per giurisprudenza costante, concreta una nullità che ha natura relativa e, in quanto tale, non Ł rilevabile d’ufficio e deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art. 491 cod. proc. pen. (cfr., Sez. 3, n. 19649 del 27/02/2019, S., Rv. 275749 – 01; conf., Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013, C., Rv. 257910 – 01; Sez. 5, n. 20739 del 25/03/2010, Di Bella, Rv. 247590 – 01).
Il quinto motivo del ricorso evoca infine la ‘inoffensività’ della condotta legata alla circostanza secondo cui nessuno degli assegni sarebbe stato in realtà incassato: Ł sufficiente, anche in tal caso, ribadire che il delitto si Ł consumato con la ricezione del modulo d’assegno a prescindere dalla sua successiva utilizzazione e che, anzi, in caso di ricezione di un modulo in bianco (come Ł avvenuto nel caso di specie tanto che era stato possibile apporvi il nome del COGNOME quale beneficiario) questa Corte ha chiarito che non Ł configurabile la attenuante di cui al capoverso dell’art. 648 cod. pen., poichØ il valore da considerare per la valutazione del danno non Ł quello dello stampato, ma quello, non determinabile, derivante dalla sua potenziale utilizzabilità (cfr., in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 24075 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 264115; Sez. 2, Sentenza n. 31169 del 01/06/2006, Rv. 234681, COGNOME; Sez. 2, Sentenza n. 14895 del 18/12/2019, Rv. 279194, PG in proc. NOME COGNOME).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna di esclusione di profili di colpa nell’attivare e coltivare l’impugnazione.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 09/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME