Ricettazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Un’ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare per il reato di ricettazione. La decisione sottolinea come la genericità e la mera ripetizione delle argomentazioni già esaminate nei gradi di giudizio precedenti portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Questo caso offre spunti fondamentali sull’onere dell’imputato di formulare censure specifiche e pertinenti contro la sentenza impugnata.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello per il reato di ricettazione. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver acquistato o comunque ricevuto un veicolo di provenienza furtiva. L’unico motivo di ricorso presentato alla Corte di Cassazione mirava a contestare l’elemento psicologico del reato, sostenendo la propria buona fede e l’assenza di dolo. In altre parole, l’imputato affermava di non essere a conoscenza del fatto che il veicolo fosse stato rubato.
L’inammissibilità del Ricorso per Ricettazione
La Corte Suprema ha esaminato il ricorso e lo ha rapidamente liquidato come ‘manifestamente infondato e generico’. I giudici hanno osservato che l’argomentazione difensiva non era altro che una riproposizione della stessa doglianza già avanzata nell’atto di appello. La Corte d’Appello, nella sua sentenza, aveva già fornito una risposta completa ed esauriente, spiegando dettagliatamente (nelle pagine 4 e 5 del provvedimento) le ragioni per cui la tesi della buona fede dell’imputato non poteva essere accolta.
La Cassazione ribadisce un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo scopo è controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse difese, senza confrontarsi criticamente con le specifiche ragioni addotte dal giudice precedente, è privo della specificità richiesta dalla legge e, pertanto, non può essere accolto.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su due pilastri: la genericità e la manifesta infondatezza del motivo di ricorso. Il ricorrente non ha individuato un vizio di legittimità nella sentenza d’appello, come un errore di diritto o un difetto di motivazione. Si è invece limitato a riaffermare la propria versione dei fatti, ignorando completamente l’analisi dettagliata con cui la Corte d’Appello aveva smontato la sua difesa. Questo approccio rende il ricorso non solo ripetitivo, ma anche inefficace, poiché non attacca le fondamenta logico-giuridiche della decisione precedente. La Corte ha quindi concluso che un ricorso così formulato non supera il vaglio di ammissibilità.
Conclusioni
La decisione in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, conferma che per contestare una condanna per ricettazione, non è sufficiente dichiarare genericamente la propria buona fede. È necessario fornire elementi concreti e specifici in grado di smentire le conclusioni dei giudici di merito. In secondo luogo, l’ordinanza serve da monito: un ricorso in Cassazione deve essere redatto con rigore tecnico, evidenziando specifici vizi della sentenza impugnata e non limitandosi a una sterile riproposizione delle difese precedenti. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso per ricettazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e generico. Si limitava a ripetere le stesse argomentazioni sulla buona fede già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare nuove questioni di diritto o vizi della sentenza impugnata.
Qual era l’argomento principale del ricorrente?
L’argomento principale era l’esclusione dell’elemento psicologico doloso del reato di ricettazione. Il ricorrente sosteneva di aver agito in buona fede e di non essere a conoscenza della provenienza illecita del veicolo che aveva ricevuto.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32082 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32082 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 22/08/1996
avverso la sentenza del 11/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, diretto all’esclusione dell’elemen psicologico doloso del reato di ricettazione, è manifestamente infondat generico, perché meramente ripetitivo della doglianza già formulata con l’att appello, cui la Corte ha dato adeguata risposta, evidenziando profusamente, pagina 4 e 5, le ragioni che escludono la buona fede dell’imputato nell’acquis nel ricevimento di un veicolo oggetto di furto;
ritenuto, pertanto, che il ricorso vada dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3 giugno 2025
Il Consig ere Estensore
GLYPH
Il Presidente