Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23127 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23127 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 12/11/1972
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato COGNOME che, in difesa di NOME COGNOME, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno che il 13/12/2024 ha confermato il giudizio di penale responsabilità espresso nei suoi confronti dal Tribunale cittadino in ordine alla ricettazione di 14 borse e borselli con marchi contraffatti e 56 supporti magnetici sprovvisti del marchio SIAE, con la conseguente condanna, riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 648, quarto comma, cod. pen., alla pena di mesi tre di reclusione ed euro 300,00 di multa.
A sostegno del ricorso, con un unico motivo di impugnazione, ha dedotto la violazione di legge ed il vizio di motivazione sotto diversi profili:
in primo luogo, censura l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alla conversione della pena detentiva inflitta nella corrispondente pena pecuniaria ai sensi della legge n. 689/1981, che si assume “pure invocata nell’atto di appello”, nonché in ordine alla ritenuta insussistenza dell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 cod pen.;
in secondo luogo, contesta, inoltre, la valutazione della Corte territoriale secondo cui il ricorrente trarrebbe il suo sostentamento dal commercio illecito, in quanto fondata su un unico precedente remoto, risalente al 2013, e la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. sulla base della mera valutazione de numero dei capi in sequestro, senza considerare l’irrilevanza del danno cagionato alle case produttrici, il modesto valore dei beni posseduti, nonché la determinazione della pena inflitta, ritenuta congrua perché mera frazione del massimo edittale;
da ultimo, contesta la ritenuta sussistenza del delitto di cui all’art. 648 cod. pen fondata anche sulla mancata esibizione di fatture di acquisto o comunque documentazione attestate la lecita provenienza dei bani, pur avendo il ricorrente ha negato la stessa ricezione dei beni sequestrati.
2. Il ricorso è solo in parte fondato.
2.1. La censura volta a contestare la ritenuta sussistenza del delitto di ricettazione è inammissibile in quanto la sentenza impugnata, senza incorrere in vizio logico alcuno, ha riconosciuto la provenienza da delitto della merce sequestrata al ricorrente sulla base di elementi di fatto dal significato inequivocabile, trattandosi di borse prive contrassegni, loghi e codici a barre, e di supporti magnetici privi di marchio SIAE, beni detenuti dal Sarr senza che questi fosse in grado di esibire fatture di acquisto o, comunque, documentazione rivelatrice di provenienza lecita. A fronte di un percorso argomentativo privo di illogicità, il ricorrente si è limitato a contestare, peraltro in te assolutamente generici, l’efficacia probatoria di tali convergenti elementi.
Al giudice di legittimità è, invece, preclusa una “rilettura” degli elementi di fatto po a fondamento della decisione, trattandosi, invece, di valutazione riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mer prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944-01),
sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non
manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a
conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore d valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv.
262965-01).
2.2. Per le stesse ragioni è manifestamente infondata la prospettazione di una diversa qualificazione giuridica del fatto, ai sensi dell’art. 712 cod. pen., incompatibi
con il carattere manifesto dell’illecita provenienza dei beni come sopra descritti, così come immune da vizi logici risulta il mancato riconoscimento della causa di esclusione della
punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., alla luce dell’elevato numero di capi oggetto ricettazione e del carattere abituale della condotta, desunto non illogicamente da una
precedente condanna per fatti analoghi e dalla mancata allegazione di attività lavorativa idonea ad individuare altre fonti del sostentamento del ricorrente.
2.3. Di contro, fondata è la censura relativa alla disattesa richiesta difensiva, ritualmente proposta in appello, di conversione della pena detentiva “nella corrispondente
sanzione pecuniaria, secondo i criteri stabiliti dalla L. 689/81″, essendo stati altre indicati i presupposti soggettivi e oggettivi che, ad avviso del ricorrente, apparivano tal
da giustificare l’accoglimento della stessa. A fronte di tutto questo, v’è il totale assolutamente ingiustificato silenzio della Corte d’appello: la sentenza impugnata va, pertanto, annullata sul punto con rinvio per il giudizio alla Corte di appello di Napoli ferma restando l’irrevocabilità dell’accertamento di responsabilità del ricorrente.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Napoli.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
L’esten sore Così deciso in Roma 1’11 marzo 2025
Il Presidente