LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricettazione aggravata: la mesata del clan è reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna indagata per ricettazione aggravata dall’agevolazione mafiosa. La Corte ha confermato che la percezione di una ‘mesata’ da parte di un’associazione criminale, destinata al sostentamento del familiare di un detenuto, costituisce reato. Tale supporto economico, infatti, non è un semplice aiuto, ma un atto che rinsalda il vincolo associativo e agevola il perseguimento degli scopi illeciti del clan. Il ruolo attivo della ricorrente nella gestione dei fondi è stato un elemento decisivo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricettazione Aggravata: Quando la “Mesata” del Clan Diventa Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13121 del 2025, torna a pronunciarsi su un tema delicato: la linea di confine tra il sostegno economico a un familiare detenuto e il reato di ricettazione aggravata dall’agevolazione mafiosa. La decisione chiarisce che la cosiddetta “mesata”, ovvero il sussidio periodico versato dal clan ai familiari dei suoi affiliati in carcere, non è un semplice atto di solidarietà, ma integra una condotta penalmente rilevante che rafforza l’associazione criminale stessa.

I Fatti del Caso: Dagli Arresti Domiciliari al Ricorso

Il caso riguarda una donna, congiunta di un soggetto affiliato a un clan e detenuto, sottoposta alla misura degli arresti domiciliari. L’accusa era quella di aver ricevuto una somma di denaro (€ 2.000,00) dall’organizzazione criminale nel periodo intercorrente tra l’arresto del marito e l’applicazione della sua stessa misura cautelare. La difesa ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame, che aveva confermato la misura, contestando la sussistenza dell’aggravante di agevolazione mafiosa.

La Tesi Difensiva: Una Semplice “Mesata” Familiare?

Secondo la difesa, il pagamento della “mesata” è un atto che rinsalda il vincolo associativo, ma per configurare l’aggravante della ricettazione aggravata sarebbe stata necessaria la prova di un elemento intenzionale specifico: la volontà di agevolare il clan. La difesa sosteneva che la modesta entità della somma e l’arco temporale di erogazione non fossero sufficienti a dimostrare tale finalità, ma solo a soddisfare le esigenze di vita della famiglia. Inoltre, veniva evidenziato come la stessa somma fosse oggetto di un altro procedimento per un diverso reato, quello di intestazione fittizia di beni.

La Ricettazione Aggravata secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando l’orientamento consolidato in materia.

Il Principio di Diritto

I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la percezione di un assegno periodico, versato dal sodalizio criminale al congiunto di un affiliato detenuto, integra pienamente il reato di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa. Questo perché tale strumento di supporto economico crea una rete di solida mutualità tra gli affiliati, rinsaldando il vincolo di solidarietà all’interno del clan e, di conseguenza, agevolando il perseguimento dei suoi scopi illeciti. In altre parole, assicurare il sostentamento alle famiglie dei detenuti garantisce la fedeltà e il silenzio degli affiliati, rafforzando l’intera struttura criminale.

Il Ruolo Attivo dell’Imputata

Un elemento cruciale valorizzato dalla Corte è stato il ruolo attivo della ricorrente. Il Tribunale del Riesame aveva evidenziato, con motivazione ritenuta immune da censure, come la donna non fosse una mera e passiva beneficiaria del denaro. Al contrario, essa rivestiva un “ruolo di primo piano nella fase della riscossione”, gestendo la cassa del clan, individuando i soggetti fidati per lo svolgimento delle attività e determinando l’ammontare delle somme da versare per il sostentamento di liberi e detenuti. Questo comportamento dimostra chiaramente la consapevolezza della provenienza illecita del denaro e la piena adesione alla finalità agevolativa dell’associazione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile sulla base di due motivazioni principali. In primo luogo, ha riaffermato il principio giuridico secondo cui il supporto economico sistematico ai familiari dei detenuti è intrinsecamente funzionale a rafforzare l’associazione mafiosa, integrando così l’aggravante. La motivazione del Tribunale del Riesame, che descriveva il ruolo attivo della donna nella gestione dei fondi del clan, è stata considerata logica e sufficiente a dimostrare la sussistenza della finalità agevolativa. In secondo luogo, l’eccezione relativa al fatto che le stesse somme fossero oggetto di un altro procedimento è stata giudicata una questione di merito, che avrebbe dovuto essere sollevata e provata davanti al Tribunale del Riesame e non in sede di legittimità, dove l’accertamento dei fatti è precluso.

le conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: il sistema di welfare interno alle organizzazioni mafiose non può essere considerato una forma di assistenza neutra. La “mesata” è uno strumento strategico per mantenere la coesione e l’operatività del clan. Per i familiari che ricevono tali somme, la consapevolezza della loro provenienza e del contesto in cui vengono erogate è sufficiente per configurare il grave reato di ricettazione aggravata. La decisione sottolinea inoltre che un ruolo attivo nella gestione di tali flussi di denaro costituisce una prova schiacciante della volontà di agevolare l’associazione criminale.

Ricevere denaro da un’associazione criminale per il sostentamento di un familiare detenuto è reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la percezione di un assegno periodico versato da un’associazione di stampo mafioso al congiunto di un affiliato detenuto integra il reato di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolazione mafiosa.

Cosa significa “finalità agevolativa” nel contesto di questo reato?
Significa agire con l’intenzione di facilitare l’attività dell’associazione criminale. Nel caso di specie, la Corte ha stabilito che fornire supporto economico ai familiari dei detenuti rinsalda il vincolo di solidarietà nel clan, garantisce la fedeltà degli affiliati e, quindi, agevola il perseguimento degli scopi illeciti dell’organizzazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le motivazioni presentate dalla difesa sono state ritenute infondate alla luce dei principi di diritto consolidati e perché una delle eccezioni sollevate (la pendenza di un altro procedimento per le stesse somme) era una questione di merito non proponibile per la prima volta in sede di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati