Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13121 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13121 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 09/11/1982
avverso l’ordinanza del 18/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli, che aveva confermato la misura degli arresti domiciliari alla NOME, indagata per il reato di cui agli artt.648 e 416bis .1 cod. pen..
1.1 Al riguardo il difensore eccepisce l’erronea applicazione della legge penale in riferimento alla sussistenza dell’aggravante ex art. 416bis .1 cod. pen.: era del tutto evidente che il pagamento della ‘mesata’ costituisce l’atto attraverso cui il vincolo associativo si rinsalda, ma più complessa è la questione della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 416 -bis .1 cod. pen. nella forma dell’agevolazione, che poteva essere riconosciuta soltanto ove fossero emersi elementi oggettivi dai quali desumersi tale elemento intenzionale, ed a tal fine assumeva un rilievo dirimente la destinazione dell ‘intera somma o anche di parte
di essa; ove dagli atti emergesse che i soldi venivano corrisposti ai familiari del detenuto per soddisfare specifiche esigenze di quest’ultimo, nessun dubbio si sarebbe potuto avere circa la sussistenza della finalità agevolativa.
Ciò premesso, il difensore osserva che nel caso in esame si parlava di una somma di € 2.000,00 che sarebbe stata oggetto di destinazione alla COGNOME in un arco temporale che andava dall’arresto del marito, verificatosi nel 2022, all’esecuzione della misura avvenuta nel 2024, per cui l’importo non appariva sufficiente a poter provvedere alle proprie esigenze di vita nell’arco temporale esaminato ; inoltre, si finiva per fondare la ricorrenza dell’aggravante su una serie di circostanze inconferenti rispetto ai fatti, quasi che la prevenuta fosse imputata dell’art. 416 -bis cod. pen., attribuendo alla stessa un ruolo di gestione della cassa del clan, che avrebbe potuto giustificare una contestazione de l reato di cui all’art. 416bis cod. pen., ma non quella di aver ricevuto una modesta somma tale da prospettare la contestazione di una ricettazione aggravata ex art. 416bis .1 cod. pen.
Il difensore rileva che la stessa somma di denaro, asseritamente ricevuta dalla COGNOME, era oggetto di altro procedimento in cui gli importi erano oggetto di una contestazione di intestazione fittizia di beni, aggravata ex art. 416bis .1 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Si deve infatti ribadire che ‘i ntegra il reato di ricettazione aggravata dalla finalità di agevolazione di associazione di stampo mafioso la percezione, da parte del congiunto di un affiliato che si trovi in stato di detenzione, di un assegno settimanale versato dal sodalizio criminale, giacché tale strumento di supporto economico, con la creazione di una rete di solida mutualità fra gli affiliati, rinsalda il vincolo di solidarietà nell’ambito dell’associazione, agevolando il perseguimento dei suoi scopi illeciti ‘ (Sez.6, n. 19362 del 04/06/2020, COGNOME, Rv. 279305); ciò in quanto attraverso i provvedimenti di supporto economico ai familiari degli affiliati in carcere, si crea una rete di solida mutualità fra gli associati che ne rinsalda il vincolo di solidarietà nel clan, pur se colpiti da misure coercitive.
Ciò premesso, nel caso in esame, il Tribunale ha dettagliatamente descritto il clan di cui faceva parte il marito della ricorrente ed ha ritenuto, con motivazione esente da censure, sussistente l’aggravante in quanto la ricorrente non solo era consapevole della provenienza delittuosa del denaro, ma rivestiva ‘ un ruolo di primo piano nella fase della riscossione, individuando i soggetti di cui fidarsi per lo svolgimento di tale attività e gestendo la cassa del clan, determinando
l’ammontare delle settimane da versare per il sostentamento di liberi e detenuti’, tutte attività da cui si ricava la finalità agevolativa nella ricezione della somma; quanto alla eccezione secondo cui le somme di cui al presente procedimento sarebbero oggetto di altra contestazione, tale rilievo avrebbe dovuto essere proposto innanzi al Tribunale del riesame, comportando un accertamento di merito non esperibile nella presente sede.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di € 3.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 26/03/2025