LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricerche archeologiche: condanna anche senza reperti

Due individui, assolti in primo grado, sono stati condannati in appello per ricerche archeologiche non autorizzate. La Corte di Cassazione ha confermato la loro colpevolezza, ritenendo sufficienti le prove indiziarie come l’abbigliamento corrispondente a quello ripreso in video e l’inverosimiglianza del loro alibi. Tuttavia, la sentenza è stata annullata riguardo alla pena, poiché l’irrogazione del massimo della pena detentiva non era stata adeguatamente motivata dal giudice d’appello.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricerche Archeologiche Illecite: Condanna Valida Anche Senza il Ritrovamento di Reperti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati contro il patrimonio culturale: per la condanna per ricerche archeologiche non autorizzate non è necessario il ritrovamento di reperti o di strumenti specifici come i metal detector. La colpevolezza può essere affermata sulla base di un quadro indiziario solido e coerente, che renda inverosimile qualsiasi spiegazione alternativa fornita dagli imputati.

I Fatti: Dalla Pesca alle Ricerche Archeologiche Non Autorizzate

Il caso riguarda due persone sorprese di notte nei pressi di un’importante area archeologica. Inizialmente assolti in primo grado, sono stati successivamente condannati dalla Corte d’Appello. Gli imputati si erano difesi sostenendo di trovarsi in zona per pescare rane e anguille e di aver utilizzato pale e picconi, trovati nella loro auto, solo per cercare lombrichi da usare come esca. La loro permanenza prolungata nel luogo era stata giustificata, a loro dire, dalla foratura di tutte e quattro le gomme del veicolo.

La Corte d’Appello, riformando la prima sentenza, ha ritenuto tale versione dei fatti del tutto inverosimile. Diversi elementi hanno portato alla condanna: l’abbigliamento indossato dagli imputati al momento del controllo era identico a quello di due dei quattro individui ripresi dalle telecamere di sorveglianza mentre scavavano nell’area archeologica poche ore prima; la loro auto era stata avvistata nella stessa zona anche nei giorni precedenti; infine, la scusa della pesca appariva pretestuosa, data la distanza e le difficoltà del viaggio dal loro luogo di residenza e l’assenza di corsi d’acqua significativi nelle vicinanze.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Colpevolezza

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi degli imputati per quanto riguarda l’affermazione di responsabilità, confermando la solidità del ragionamento della Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato come la condanna si fondi su una serie di indizi gravi, precisi e concordanti che, letti nel loro complesso, non lasciano spazio a un ragionevole dubbio.

Il reato di ricerche archeologiche non autorizzate, previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), è un reato di condotta. Ciò significa che per la sua configurazione è sufficiente compiere l’attività di ricerca senza la prescritta concessione, a prescindere dal fatto che vengano o meno ritrovati reperti archeologici. La mancanza di un metal detector o di reperti nella disponibilità degli imputati al momento del controllo è stata quindi ritenuta irrilevante, poiché tali oggetti avrebbero potuto essere in possesso degli altri complici non identificati.

Il Vizio di Motivazione sulla Pena: Perché la Sentenza è Stata Annullata Parzialmente

Sebbene la colpevolezza sia stata definitivamente accertata, la Cassazione ha accolto il motivo di ricorso relativo alla determinazione della pena. La Corte d’Appello aveva condannato entrambi gli imputati a un anno di arresto, ovvero il massimo della pena previsto dalla legge per questo reato.

Tuttavia, nella sentenza non era stata fornita alcuna motivazione specifica per giustificare la scelta di applicare la sanzione nella sua misura più severa. Questa omissione costituisce un vizio di “manifesta illogicità e contraddittorietà”, soprattutto considerando che la stessa Corte aveva dato atto dell’assenza di precedenti penali a carico degli imputati. L’obbligo di motivazione impone al giudice di spiegare le ragioni per cui ritiene equa una determinata pena, graduandola in base alla gravità del fatto e alla personalità del reo. L’applicazione automatica del massimo edittale, senza alcuna spiegazione, viola questo principio fondamentale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, rafforza la tutela del patrimonio archeologico, chiarendo che anche la sola attività di scavo clandestino, provata tramite indizi, è sufficiente per una condanna. Non è necessario attendere che il danno (la sottrazione di reperti) si concretizzi.

In secondo luogo, ribadisce un principio di garanzia essenziale nel diritto penale: ogni decisione sulla pena deve essere adeguatamente motivata. La severità della sanzione non può essere arbitraria, ma deve essere il risultato di un’attenta valutazione di tutte le circostanze del caso. Per questo motivo, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello, che dovrà unicamente rideterminare la pena in modo congruo e motivato.

Per essere condannati per ricerche archeologiche non autorizzate è necessario trovare dei reperti?
No. La sentenza chiarisce che il reato consiste nel mero atto di condurre ricerche senza l’autorizzazione richiesta. La scoperta di oggetti archeologici non è un elemento necessario per la configurazione del reato.

È possibile essere condannati sulla base di soli indizi, come l’abbigliamento ripreso da una telecamera?
Sì. La Corte ha confermato che una condanna può basarsi su un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti. In questo caso, l’abbigliamento corrispondente, unito alla presenza degli imputati sul luogo, al ritrovamento di attrezzi da scavo nella loro auto e all’inverosimiglianza del loro alibi, è stato ritenuto prova sufficiente.

Perché la Cassazione ha annullato la condanna pur confermando la colpevolezza?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza non nella sua interezza, ma solo per quanto riguarda la quantificazione della pena. La Corte d’Appello aveva imposto il massimo della pena detentiva possibile (un anno di arresto) senza fornire una motivazione adeguata, il che costituisce un vizio di motivazione. Il caso è stato rinviato al giudice di secondo grado al solo fine di rideterminare una pena congrua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati