Ricalcolo della pena: quando il giudice deve rimotivare la sentenza
La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 22018/2024, è intervenuta su un caso complesso che intreccia la coltivazione di sostanze stupefacenti e il furto di energia, offrendo chiarimenti cruciali sul ricalcolo della pena quando una delle accuse viene a cadere. La decisione sottolinea l’obbligo per il giudice di motivare in modo trasparente la determinazione della sanzione, specialmente quando cambiano gli equilibri tra circostanze aggravanti e attenuanti. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso: Dalla Coltivazione al Ricorso in Cassazione
Un individuo veniva condannato in primo grado per due reati distinti: la coltivazione di 104 piante di marijuana e il furto di energia elettrica ai danni di una società fornitrice, utilizzata per alimentare la serra. La coltivazione era tutt’altro che amatoriale: due stanze attrezzate con luci artificiali, sistemi di areazione e deumidificazione, per un totale di 159 vasi, piante alte fino a 1,80 metri e 620 grammi di sostanza già essiccata. La stima indicava una produzione potenziale di oltre 56.000 dosi.
In appello, la situazione cambiava parzialmente. I giudici dichiaravano il non doversi procedere per il reato di furto per difetto di querela. Di conseguenza, procedevano a rideterminare la pena per il solo reato di coltivazione, fissandola in 8 mesi di reclusione e 200 euro di multa. L’imputato, non soddisfatto, ricorreva in Cassazione, sollevando due questioni principali: il mancato riconoscimento del fatto come di ‘lieve entità’ e un errato ricalcolo della pena in relazione alle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricalcolo della Pena
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, giungendo a conclusioni opposte.
L’Insussistenza del Fatto di Lieve Entità
Il primo motivo è stato dichiarato manifestamente infondato. Secondo i giudici, la vastità e l’organizzazione della coltivazione erano elementi incompatibili con l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La quantità del materiale rinvenuto e la professionalità dell’allestimento indicavano un’attività destinata a una produzione ben superiore all’uso personale, escludendo quindi la possibilità di applicare la fattispecie meno grave.
Il Principio di Diritto sul Trattamento Sanzionatorio
Il secondo motivo, invece, è stato accolto. La Cassazione ha rilevato una lacuna motivazionale nella sentenza d’appello. In primo grado, le circostanze attenuanti generiche erano state giudicate equivalenti alle aggravanti legate al reato di furto (che era il reato più grave). Una volta venuto meno il furto, e con esso le relative aggravanti, la Corte d’Appello avrebbe dovuto spiegare chiaramente come avesse riconsiderato le attenuanti generiche. Il semplice fatto di aver rideterminato la pena non era sufficiente. Mancava, infatti, un passaggio logico essenziale: chiarire se le attenuanti fossero state effettivamente applicate per ridurre la pena base del reato di coltivazione, ora non più ‘bilanciate’ da alcuna aggravante. Per questo motivo, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente a questo punto, rinviando a un’altra sezione della Corte di appello per un nuovo giudizio.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Cassazione si fonda su un principio di garanzia e trasparenza del percorso logico-giuridico che porta alla determinazione della pena. Quando il quadro accusatorio muta, e in particolare quando vengono meno le circostanze aggravanti che erano state poste in bilanciamento con le attenuanti, il giudice del merito ha l’obbligo di fornire una nuova e chiara motivazione sul trattamento sanzionatorio. Non è possibile dare per scontato che le attenuanti siano state applicate; è necessario che la sentenza lo espliciti, per permettere un controllo sulla correttezza e sulla congruità della pena inflitta. In questo caso, l’assenza di tale specificazione ha costituito un vizio di motivazione tale da giustificare l’annullamento della sentenza sul punto.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: la pena deve essere giusta e la sua determinazione trasparente. Quando un’accusa cade, specialmente se era la più grave e portava con sé delle aggravanti, il giudice non può limitarsi a un calcolo matematico, ma deve riconsiderare l’intera posizione dell’imputato alla luce del nuovo quadro. La sentenza insegna che ogni elemento che concorre alla determinazione della pena, come le circostanze attenuanti, deve essere oggetto di una valutazione esplicita e motivata, garantendo così il diritto dell’imputato a una decisione comprensibile e controllabile in ogni sua parte.
Perché la coltivazione di oltre 100 piante di cannabis non è stata considerata un’ipotesi di ‘lieve entità’?
Secondo la Corte, l’ipotesi di lieve entità è stata esclusa sia per la notevole quantità di materiale rinvenuto (piante, terriccio e 620 grammi di marijuana essiccata), incompatibile con l’uso personale, sia per l’organizzazione di tipo professionale dell’attività, che includeva una serra attrezzata con luci, sistemi di areazione, climatizzazione e deumidificazione.
Cosa accade alla pena se viene a mancare il reato più grave che conteneva aggravanti?
Quando viene meno il reato più grave con le relative aggravanti, che erano state bilanciate in equivalenza con le attenuanti generiche, il giudice deve procedere a un nuovo calcolo della pena per il reato residuo. In tale operazione, deve esplicitare nella motivazione se e come ha applicato le circostanze attenuanti generiche, che non sono più neutralizzate da alcuna aggravante.
Cosa significa ‘annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio’?
Significa che la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello solo per la parte che riguarda la determinazione della pena. La dichiarazione di colpevolezza per il reato di coltivazione è diventata definitiva e irrevocabile. Il caso torna a una diversa sezione della Corte di Appello, che dovrà unicamente procedere a un nuovo e motivato calcolo della sanzione, tenendo conto dei principi stabiliti dalla Cassazione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22018 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22018 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 11/05/2023 della Corte di appello di Palermo, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; considerato che l’AVV_NOTAIO, pur avendo chiesto la trattazione orale, non
è comparso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 11 maggio 2023 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza in data 18 dicembre 2019 del Tribunale di Palermo, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per il reato di furto RAGIONE_SOCIALE per difetto di querela e ha rideterminato la pena per la coltivazione di 104 piante di marijuana in mesi 8 di reclusione ed euro 200 di multa.
Il ricorrente eccepisce con il primo motivo la violazione di legge e il vizio di motivazione per l’omessa qualificazione dei fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e con il secondo motivo la mancata riduzione della pena per le generiche dopo che erano venute meno le aggravanti del reato di furto messe in bilanciamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato in merito all’accertamento di responsabilità. La Corte territoriale ha escluso il fatto di lieve entità sia per quantità di materiale rinvenuto, incompatibile con l’uso personale, sia per l’organizzazione allestista, indicativa di un’attività professionale. In una prima stanza, c’erano 104 vasi colmi di terra, di cui la metà contenenti piante di cannabis di circa 1.70 metri mentre la restante parte conteneva fusti già sfrondati e terriccio; in una seconda stanza c’erano 55 vasi colmi di terriccio, tre dei quali contenenti un pezzo di fusto di pianta tagliata, mentre i restanti 52 contenenti piante di cannabis con un’altezza media di 1,80 metri; all’interno del bagno c’era della marijuana già essiccata, pari a 620 grammi. Dalle piante era presumibile ricavare 56.397,20 dosi medie singole. La serra, alimentata con la corrente rubata all’RAGIONE_SOCIALE, era attrezzata con luci artificiali, strumenti di areazione, climatizzazione deumidificazione.
E’ fondato invece il secondo motivo relativo al trattamento sanzionatorio. Il primo Giudice aveva applicato le generiche in misura equivalente alle aggravanti collegate al furto. Venuto meno questo, che era il reato più grave, la Corte territoriale ha rideterminato la pena per il reato dell’art. 73, comma 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990, ma non ha dato evidenza nel calcolo se abbia o meno applicato le circostanze attenuanti generiche.
S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo limitatamente al solo trattamento sanzionatorio. Ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen. l’accertamento di responsabilità peliale deve considerarsi irrevocabile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo. DH.:ara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso, il 3 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente