Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19121 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19121 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1.NOME NOME, nato a Treviso il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
e da
2.NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la sentenza in data 03/07/2023 della Corte di appello di Venezia, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
letta la memoria difensiva con conclusioni nell’interesse di NOME a firma dell’AVV_NOTAIO in data 27/02/2024; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, riportandosi alla memoria scritta in atti, ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; udita la discussione della difesa del ricorrente COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 03/07/2023, la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della pronuncia resa in primo grado, in esito a giudizio abbreviato incondizionato, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Treviso in data 08/06/2022, appellata da COGNOME NOME e dalla Procura della Repubblica di Treviso, riconosciuta quanto al NOME l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. (così rettificata la sentenza di primo grado) e ritenuta l’equivalenza di tale circostanza con la contestata recidiva, rideterminava la pena nei confronti del sunnominato in relazione al reato di tentata rapina in concorso nella misura di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 1.200 di multa; rigettava l’appello del COGNOME; dichiarava altresì COGNOME NOME (assolto in primo grado per non aver commesso il fatto) responsabile del reato di cui agli artt. 56, 116 e 628 cod. pen. e, previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., lo condannava alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 900 di multa.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE NOME e di COGNOME NOME, sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione, per i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3. Ricorso di NOME.
Motivo unico: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità del ricorrente, tenuto conto delle dichiarazioni del coimputato COGNOME NOME e delle sommarie informazioni testimoniali rese da COGNOME NOME. La sentenza impugnata si limita ad annotazioni critiche rispetto a quella di primo grado, finendo per replicare, anche dal punto di vista grafico, le doglianze del pubblico ministero che, a loro volta, costituivano mere enunciazioni di dissenso rispetto alle argomentazioni addotte dal primo giudice. Si propone altresì eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 603,
comma 3-bis cod. proc. pen., che, nella formulazione introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), cligs. 10 ottobre 2022, n. 150, esclude, in caso di ribaltamento in appello della sentenza di proscioglimento, dall’ambito della rinnovazione obbligatoria delle prove dichiarative decisive il caso in cui la sentenza di primo grado sia stata pronunciata all’esito del giudizio abbreviato nel quale non è stata disposta integrazione probatoria.
4. Ricorso di NOME.
Motivo unico: errata applicazione della legge penale in relazione all’art. 99, quarto comma, cod. pen., di cui si chiede l’esclusione. In primo grado la recidiva è stata tacitamente esclusa (in quanto non considerata quoad poenam); in appello, la recidiva viene ingiustificatamente ritenuta e valutata in giudizio di equivalenza con l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., con conseguenziale ingiusta ingravescenza del complessivo trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Ricorso di NOME.
2.1. In relazione alla pretesa violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata, ritiene il Collegio come il motivo sia manifestamente infondato, in quanto, nel caso in esame, il giudice di primo grado aveva completamente omesso di valutare la dichiarazione del testimone oculare. Pertanto, a ben vedere, non si tratta nemmeno di una diversa valutazione della stessa prova dichiarativa, poiché la sentenza di primo grado non ha tenuto in nessuna considerazione le dichiarazioni del teste, che aveva dichiarato di aver distintamente osservato l’azione coordinata del NOME, finalizzata a dissimulare la sottrazione posta interamente in essere dal coimputato.
2.2. La seconda questione, con la quale si lamenta violazione di legge in riferimento all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. è, del pari, inammissibile.
Come già osservato, nel caso in esame, la Corte territoriale non ha espresso una difforme valutazione dell’attendibilità del teste che, come già rilevato, non era stata in alcun modo considerata nel primo grado di giudizio. Tale peculiarità della fattispecie concreta priva, conseguentemente, di rilevanza anche la questione di legittimità costituzionale genericamente prospettata dal ricorrente.
2.2.1. In ogni caso, questa Corte ha già osservato come l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 603, comma 3 -bis, cod. proc. pen., che, nella formulazione introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), d.lgs. 10 ottobre
2022, n. 150, esclude, in caso di ribaltamento in appello della sentenza di proscioglimento, dall’ambito della rinnovazione obbligatoria delle prove dichiarative decisive il caso in cui la sentenza di primo grado sia stata pronunciata all’esito del giudizio abbreviato nel quale non è stata disposta integrazione probatoria, sia manifestamente infondata oltre che irrilevante (Sez. 5, n. 49667 del 10/11/2023, Fossatocci, Rv. 285490 – 02).
2.2.2. In relazione al primo profilo, va detto che, anche a prescindere dalla genericità dell’evocazione di plurimi parametri (anche interposti), decisivo appare il rilievo che la discrezionalità del legislatore è senz’altro ampia nella materia processuale (Corte cost. n. 216 del 2016), ampia discrezionalità che conosce il limite della manifesta irragionevolezza (Corte cost. n. 236 del 2018), sicuramente non valicato nel caso di specie, se solo si pone mente al rilievo della relazione finale della cd. RAGIONE_SOCIALE, lì dive stigmatizzava le “aporie e i veri e propri cortocircuiti logici del meccanismo disciplinati dall’art. 603, comma 3-bis, quando opera nei casi di giudizio abbreviato”. Del resto, anche la sentenza del giudice delle leggi n. 124 del 2019, che ha ritenuto infondate le questioni sollevate contro la disposizione in esame nel testo anteriore alla novella del 2022, non ha mancato di rimarcare che l’art. 111, quinto comma, Cost., “rinvia alla legge per la puntuale disciplina dei processi fondati sulla rinuncia dell’imputato all’assunzione della prova in contraddittorio, e lascia così che sia il legislatore a provvedere secondo il suo discrezionale apprezzamento affinchè il processo mantenga caratteristiche di complessiva equità, e sia comunque assicurato, in particolare, l’obiettivo ultimo della correttezza della decisione”. A ciò si aggiunga che anche la Corte di Strasburgo ha escluso violazioni dell’art. 6 CEDU in caso di ribaltamento, non accompagnato da rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, di sentenza assolutoria pronunciata nel giudizio abbreviato, in cui gli imputati avevano rinunciato alle prove orali, beneficiando quindi della riduzione della pena irrogata (Corte EDU, Sez. 1, 25 marzo 2021, COGNOME e COGNOME vs Italia, par. 37 s.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2.3. La questione in parola è, inoltre, del tutto irrilevante.
Al riguardo mette conto di ribadire che la necessità per il giudice dell’appello di procedere alla rinnovazione dibattimentale della prova nel caso di riforma della sentenza di assoluzione concerne il solo caso in cui al ribaltamento della decisione si giunga esclusivamente sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una dichiarazione ritenuta decisiva e non anche l’ipotesi in cui si pervenga al diverso approdo decisionale in forza della rivalutazione di un compendio probatorio che ha tenuto conto di altra e decisiva prova (sommarie informazioni testimoniali rese da COGNOME NOME), del tutto inopinatamente pretermessa in primo grado.
3. Ricorso di NOME.
Il motivo è manifestamente infondato.
Il giudice di primo grado ha irrogato al COGNOME la pena di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 800 di multa, così determinata: previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 5 cod. pen. (rectius, art. 62 n. 4 cod. pen.), pena base (già considerato il tentativo), anni due, mesi sei di reclusione ed euro 1.800 di multa, ridotta per l’attenuante ad anni uno, mesi nove di reclusione ed euro 1.200 di multa, ulteriormente ridotta per il rito ad anni uno, mesi due di reclusione ed euro 800 di multa. Della recidiva non si è tenuto conto e, di fatto, la stessa è stata implicitamente esclusa.
In appello, la pena finale di anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 1.200 di multa, è stata così determinata: previo riconoscimento del giudizio di equivalenza tra attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. e recidiva ex art. 99, quarto comma, seconda parte, cod. pen., pena base anni cinque di reclusione ed euro 3.600 di multa, ridotta per il tentativo ad anni due, mesi sei di reclusione ed euro 1.800 di multa, ulteriormente ridotta per il rito ad anni uno, mesi otto di reclusione ed euro 1.200 di multa. In appello della recidiva si è tenuto conto (in accoglimento del gravame del pubblico ministero) e la stessa ha spiegato effetto sulla pena, andando ad incidere nel giudizio di bilanciamento con l’attenuante già ritenuta in primo grado.
La sentenza motiva sulle ragioni che hanno indotto i giudicanti a ritenere l’esistenza di una più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo esplicitando le ragioni della concreta significatività del nuovo episodio in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, avuto altresì riguardo ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.: in tal senso, la Corte territoriale h tratteggiato negativamente la personalità dell’imputato, attinto da numerose condanne per furto, ricettazione, resistenza a pubblico ufficiale, furto in abitazione e porto d’armi, rilevando come la pluralità di precedenti, il loro carattere specifico, la continuità nel tempo e la prossimità temporale, dimostrano eloquentemente come che le precedenti esperienze giudiziarie non abbiano sortito alcuna efficacia dissuasiva e acclarato l’accentuata crescita della sua capacità criminale (cfr., Sez. 6, n. 34670 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 267685; Sez. 3, n. 30591 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283414).
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dai ricorsi, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 12/03/2024.