Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23342 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME (cui 000sra78) nato in MAROCCO il 31/08/1971 NOME nato in MAROCCO il 13/01/1975
avverso la sentenza del 30/09/2024 della Corte d’appello di Genova Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria della Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore che ha concluso chiedendo
RITENUTO IN FATTO
Tratti a giudizio con l’imputazione di concorso in rapina ex art. 628, commi 2 e 3, cod. pen., NOME e NOME COGNOME sono stati assolti dal Tribunale di Savona per non avere commesso il fatto.
Interposto appello dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Genova, la Corte di appello di Genova ha dichiarato con ordinanza inammissibile il ricorso per difetto di specificità dei motivi.
Con sentenza di questa Corte n. 1306 del 2022, detta ordinanza, impugnata dalla Procura Generale competente, è stata annullata con rinvio alla Corte di appello di Genova per il giudizio di appello.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Genova, quale giudice del rinvio ex art 627 cod. proc. pen. ha ribaltato la decisione assolutoria e condannato i due imputati per la rapina impropria loro ascritta alla pena di anni uno, mesi nove e giorni dieci di reclusione e 412 euro di multa.
Propone ricorso la difesa dei due imputati e adduce cinque diversi motivi di impugnazione, lamentando:
violazione degli artt. 420, 420-bis e 420 -quater cod. proc. pen. essendo in atti la prova della non conoscenza del processo da parte di NOME COGNOME irreperibile sin dal decreto di citazione in giudizio in primo grado, non rilevando al fine la procura conferita al difensore di fiducia nel corso delle indagini preliminari, resa senza consentire al ricorrente una piena comprensione dell’accusa allo stesso formulata in assenza della prova della necessaria veicolazione della vocatio in ius;
violazione dell’ad 603, comma 3 bis, cod. proc. pen. perché la Corte del merito avrebbe ribaltato la sentenza di assoluzione senza procedere all’esame dei due imputati, quantomeno con riferimento al COGNOME;
violazione dell’art. 512 cod. proc. pen. perché in assenza della dimostrazione della oggettiva impossibilità di sentire la persona offesa e il teste COGNOME la Corte avrebbe comunque riformato la sentenza di assoluzione, sulla base della denuncia della detta persona offesa e delle dichiarazioni del teste rese in primo grado;
violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla tenuta argonnentativa della decisione assunta, anche alla luce dell’obbligo di motivazione rinforzata che nel caso doveva sostenere la condanna rispetto all’assoluzione decretata in primo grado e comunque in considerazione della assenza di puntuali e lineari elementi fondanti il giudizio di responsabilità, sulla base di una inadeguata valutazione di inattendibilità del teste a difesa COGNOME trascurando le imprecise e contrastanti dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME e COGNOME comunque travisate nel loro portato effettivo;
violazione di legge con riguardo alla configurazione del fatto in termini di rapina in luogo dell’ipotesi di furto rivendicata dalla difesa anche con il conforto delle conclusioni della Procura generale;
vizio di motivazione in punto di denegato riconoscimento delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La riscontrata fondatezza del primo motivo di ricorso porta all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e di quella appellata avuto riguardo alla posizione di NOME COGNOME
Per il resto, gli altri motivi di ricorso sono quantomeno manifestamente infondati, sì che va dichiarata la inammissibilità dell’impugnazione proposta nell’interesse dell’altro imputato.
Avuto riguardo alla valutazione resa in relazione alla assenza di NOME COGNOME rileva la Corte come lo stesso sia stato ritenuto irreperibile sin dalla citazione a giudiz in primo grado.
2.1. Emerge, ancora, che il citato ricorrente, nella immediatezza della vicenda a giudizio, e, dunque, nei primi frangenti della relativa attività di indagine ebbe a nominare il difensore di fiducia che, senza soluzione di continuità, lo ha assistito in tutti i gradi giudizio, provvedendo altresì ad eleggere domicilio presso la residenza dell’altro imputato odierno ricorrente.
Infine, emerge che la questione relativa alla non conoscenza del processo da parte di NOME COGNOME è stata sollevata solo innanzi al giudice del rinvio; aspetto, questo, va subito precisato che nel caso appare coerente alle vicende che hanno connotato la posizione processuale del ricorrente, assolto in primo grado con valutazione confermata in appello per l’originaria dichiarazione di inammissibilità dell’appello del Pubblico ministero, poi travolta, su ricorso della parte pubblica, dalla sentenza rescindente di questa Corte che ha dato luogo al giudizio di rinvio sfociato nella decisione gravata con il ribaltamento della sentenza di assoluzione appellata.
2.2. Ciò premesso, va ribadito che a legittimare la dichiarazione di assenza è l’effettiva conoscenza del processo che, a prescindere dalla ritualità delle notifiche, deve ascriversi all’imputato avuto riguardò all’accusa che, nei suoi estremi essenziali, gli viene mossa. Il che presuppone, dunque, che detta conoscenza, per assumere rilievo, non potrà che ritenersi maturata in epoca successiva ai momenti di formalizzazione dell’ imputazione: situazione, questa, non necessariamente rappresentata dalla avvenuta veicolazione della “vocatio in ius”, potendo, ad esempio, trovare conforto anche nel mero coinvolgimento dell’imputato in iniziative cautelari che siano state in grado di cristallizzare il portato della contestazione che sarebbe stata poi mossa nei suoi confronti.
Là dove, dunque, come avvenuto nella specie, sia stata dichiarata l’assenza a norma dell’art. 420-bis cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla riscrittura operata dall’art. 23, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non potrà darsi riliev decisivo alla nomina fiduciaria del difensore se resa, come nel caso, in epoca largamente antecedente al sostanziarsi dell’accusa da muovere nei confronti dell’imputato che poi si è reso irreperibile, non potendosi automaticamente desumere dalla “negligenza informativa” di quest’ultimo la volontà di sottrarsi alla conoscenza della pendenza del
processo(Sez. 6, n.24729 del 07/03/2024,Rv. 286712;Sez. 6, Sentenza n. 44089 del 2 3/10/2024, RV287298), così come ha mostrato di ritenere, erroneamente, la Corte del merito.
Da qui, riguardo alla posizione di NOME COGNOME l ‘ annullamento decretato nei termini di cui al dispositivo che segue.
3.1 restanti motivi di ricorso, per quanto sopra rassegnato ora riferibili alla sola posizione di NOMECOGNOME sono quantomeno manifestamente infondati.
Giova ribadire, in premessa, che nell ‘ ottica propria della rinnovazione, in appello, dell ‘istruzione dibattimentale da disporre ai sensi dell ‘ art. 603, comma 3 -bis cod. proc. pen., rilevano al fine solo quelle prove dichiarative che, nella decisione di primo grado, hanno determinato o anche solo contribuito a determinare un esito liberatorio e che, pur in presenza di altre fonti probatorie di diversa natura, se espunte, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull ‘esito del giudizio di impugnazione in termini di proscioglimento o di condanna,
4.1. Non è poi ostativa al ribaltamento la circostanza che la condanna resa in appello si fondi su dichiarazioni predibattimentali che non è stato possibile assumere nel contraddittorio per fatti oggettivi.
In questo senso, le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Dine (n. 11586 del 30/09/21, dep. 2022), nel dettagliare ulteriormente le indicazioni di principio rese in materia dalla sentenza “Dasgupia ” dello stesso organo di massima espressione nomofilattica, (n. 27620 del 28/04/2016), anche alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 103 del 2017 introducendo, nel corpo dell ‘ ari 603 cod. proc. pen., il comma 3 -bis, hanno avuto modo di precisare che la riforma, in appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva, oggetto di discordante valutazione, sia divenuta impossibile (in quella occasione per il sopravvenuto decesso del dichiarante); tuttavia, la motivazione della sentenza che si fondi sulla prova non rinnovata deve essere rafforzata sulla base di elementi ulteriori, idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, che il giudice ha l ‘onere di ricercare ed eventualmente acquisire anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all ‘art. 603, comma 3, cod. proc.
In particolare, si è precisato che in siffatti casi il “rafforzamento ” delle di argomentazioni motivazionali destinato a sorreggere l ‘ overturning che porta alla condanna “deve essere particolarmente incisivo e, in primo luogo, avere ad oggetto la dichiarazione “decisiva “, resa in primo grado e non potuta replicare, attraverso un esame e una valutazione di tutti gli elementi riguardanti la credibilità del soggetto e l ‘attendibilità del suo narrato “; ciò per poi procedere ad una disamina intrinseca della stessa prova dichiarativa “per verificarne le disarmonie logiche e argomentative, nonché per
evidenziare il fondamento erroneo dei fatti e rapporti valorizzati dal primo giudice sulla base di un eventuale travisamento probatorio. Ma, soprattutto, il rafforzamento deve avvenire non solo su basi “argomentative”, bensì sulla base di ulteriori elementi che siano idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, elementi che il giudice ha l’onere di ricercare e acquisire anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. In questa opera di riqualificazione del quadro probatorio devono essere cercati e verificati gli elementi di riscontro in grado di corroborare la prova dichiarativa non “ripetibile” per ragioni oggettive, elementi di riscontro con sicura valenza confermativa, in modo da riconoscere alla dichiarazione stessa una capacità conoscitiva tale da giustificare il ribaltamento…”.
4.2. Infine, sempre in linea di principio, va evidenziato come, a seguito della decisione della Corte EDU nel procedimento Maestri c. Italia del 8 luglio 2021 – che ha affermato il principio della necessità di assumere l’esame dell’imputato in caso di ribaltamento nel giudizio di appello della pronuncia assolutoria-, anche la giurisprudenza di questa Corte di cassazione si è più volte pronunciata in tal senso.
E’ stato così affermato che ) in tema di rinnovazione della prova dichiarativa, la necessità di assumere l’esame dell’imputato, in caso di riforma della sentenza assolutoria, rientra in quella, più generale, di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva: la stessa sussiste, dunque, ove, nel corso del giudizio di primo grado, l’imputato abbia reso dichiarazioni in causa propria e la valutazione probatoria da parte dei giudici dei due gradi di merito si basi sul significato di tali dichiarazioni o sul diverso apprezzamento della loro attendibilità; in coerenza, andrà di contro esclusa là dove nel corso del giudizio di primo grado sia mancata l’assunzione di quelle dichiarazioni o la valutazione probatoria da parte dei giudici dei due gradi di merito sia stata incentrata su risultanze istruttorie diverse rispetto a tale atto, non oggetto di esame alcuno (Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 2023, Rv. 284493; Sez. 6, n. 27163 del 05/05/2022, Rv. 283631; Sezione 6, n. 9436 del 21 gennaio 2025, n.m.).
5.Ciò premesso, rileva la Corte come in primo grado sia stato acquisito, ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen. il verbale di ricezione della denunzia reso dalla persona offesa, sul presupposto della irreperibilità di quest’ultima, ritenuta ex ante non prevedibile.
La decisione di assoluzione è stata resa mettendo in luce il contrasto tra il narrato della persona della persona offesa, con riguardo al coinvolgimento nel fatto di NOME, e, dall’altro lato, le dichiarazioni del teste a difesa .NOME: contrasto, questo, che, ad avvis del primo giudice, inficiava radicalmente l’intero portato della dichiarazione della persona offesa, messa in discussione, peraltro, anche da altre emergenze (in particolare, il mancato ritrovamento della bottiglia utilizzata per colpirlo, secondo la versione riferita dal denunziante).
Da qui la conclusione dell’assenza di elementi destinati a confortare adeguatamente le dichiarazioni predibattimentali della persona offesa secondo quella rigorosità di giudizio che si impone, per quanto già rimarcato, laddove queste, non assunte nel contraddittorio, costituiscano l’elemento fondante del giudizio di responsabilità.
6.Ritiene la Corte che la sentenza di appello, facendo buon governo delle indicazioni di principio sopra rassegnate, abbia affrontato, disatteso e superato tutti gli snodi essenziali dell’argomentare esposto dalla decisione appellata.
Il tutto con motivazione che risponde adeguatamente ai canoni di stringente rigorosità che si impongono nei casi, quale quello di specie, nei quali al ribaltamento della assoluzione decretata si sia pervenuti anche in forza del decisivo rilievo di dichiarazioni rese nel corso delle indagini e mai più ribadite, per fatti oggettivi, in sede dibattimentale alla luce della puntuale verifica offerta dalla pienezza del contradittorio.
Motivazione, questa, che il ricorso attinge criticamente in termini di evidente inadeguatezza.
All’esito di una attenta verifica afferente al portato intrinseco del narrato esposto con la relativa denunzia da NOME COGNOME la Corte di appello ha messo in luce momenti di riscontro del propalato della persona offesa offerti dalle dichiarazioni delle due guardie giurate intervenute subito dopo l’aggressione patita dalla persona offesa nel tentativo di recuperare, dai protagonisti del furto patito pochi momenti prima, la relativa refurtiva, nonché dalla testimonianza del carabiniere parimenti intervenuto qualche attimo dopo.
Riscontri, è vero, indiretti, perché detti testi non sono stati in grado di rifer circostanze direttamente percepite inerenti alla aggressione subita dalla persona offesa né al furto che ebbe a precederla; riportando elementi in fatto riferiti dal denunziante; ma che, ciò malgrado – per la stretta contiguità tra dati acquisiti, poi riferiti, e le vice comprese nella regiudicanda nonché per la riscontrata presenza, al momento del loro arrivo, sia dei tre imputati indicati da NOME COGNOME quali autori del furto avvenuto presso l’esercizio commerciale ove prestava la sua attività lavorativa, sia della stessa refurtiva oggetto della iniziativa illecita denunziata da quest’ultimo-, costituivano di certo momenti di assoluto rilievo nel valorizzare l’attendibilità soggettiva del dichiarante e quella del su narrato, connotato dalla rimarcata sovrapponibilità di contenuti tra quanto denunziato e quanto riferito ai detti testi e da questi ultimi riportato in sede di istrut dibattimentale.
7.1. La Corte del merito ha poi disatteso il dato, negativo, relativo al mancato reperimento della bottiglia usata per l’aggressione nei termini riferiti dal denunziante con considerazioni logiche che il ricorsó non contrasta criticamente.
Al contempo, ha argomentato con analitica puntualità le ragioni della ritenuta inattendibilità del teste a discarico evocato dalla decisione appellata e in coerenza dal
(Y2-)
ricorso dell’imputato a sostegno della affermata non credibilità del narrato della persona offesa: in particolare, alla luce di un puntuale raffronto tra il portato della relat dichiarazione dibattimentale originaria e di quella resa in esito alla rinnovazione istruttoria, ne sono stati messi in luce contrasti e incongruenze.
Il tutto con argomentare rispetto al quale il ricorso è del tutto aspecifico.
7.2. Il ricorso, infine, mira a mettere in evidenza ( punti 1, 2, 3 del motivo sub 4) asserite incongruenze inficianti il rilievo probatorio delle dichiarazioni dei testi apprezzat dalla Corte del merito a sostegno del giudizio di responsabilità: ma si tratta, all’evidenza, di aspetti comunque disattesi dalla decisione gravata con motivare non manifestamente illogico (facendo leva sul tempo trascorso tra la deposizione e i fatti riferiti), in ogni ca riguardanti circostanze affatto decisive nell’ottica della complessiva valutazione di ritenuta attendibilità della persona offesa e del suo narrato, puntualmente resa con argomentare di merito che, ad avviso di questa Corte, si sottrae a critiche utilmente prospettabili in sede di legittimità.
Gli altri motivi di impugnazione sono tutti manifestamente infondati.
8.1. Quanto alla asserita violazione dell’art. 603, comma 3 bis, cod. proc. pen. riferita alla mancata escussione dell’imputato COGNOME perché non ne sarebbe stato disposto l’esame nel corso della rinnovazione istruttoria, è agevole osservare che, nel caso, il detto imputato non è mai stato esaminato in primo grado perché si limitò ad allegare uno scritto, il cui contenuto, per quel che qui primariamente interessa, non venne mai apprezzato a sostegno della decisione appellata di assoluzione.
8.2. Pari sorte merita la censura riferita alla affermata violazione dell’art. 512 cod. proc. pen., prospettata dalla difesa con riguardo alla utilizzazione delle dichiarazioni testimoniali della persona offesa e del teste NOME COGNOME
Quanto alla prima, va messo in evidenza che la valutazione resa dalla Corte del merito non si sostanzia in altro che in una ribadita attualizzazione del giudizio di oggettiva irreperibilità già reso in primo grado isottesa alla acquisizione della denunzia ai sensi del citato art. 512, secondo indicazioni mai contestate in precedenza dalla difesa, tardivamente e genericamente prospettate in questa sede.
Quanto all’altro teste, a tacer d’altro, va rimarcato che la sentenza di primo grado non conteneva specifiche valutazioni dirette a mettere in discussione il rilievo probatorio offerto dalle relative dichiarazioni; in termini ancora più decisivi, va rimarcato che quella di appello, in ogni caso, non ne valorizza il portato nel pervenire al ribaltamento, così da rendere comunque indifferente il vizio prospettato rispetto al tenore della decisione assunta.
8.3. È di tutta evidenza, inoltre, che, una volta data per acquisita e comprovata la violenza patita dalla persona offesa nel tentativo di rientrare in possesso della merce oggetto del furto =111 pochi attimi prima in linea con il tenore della relativa denunzia,
A-44.4-0
la veste giuridica data dalla Corte del merito alla condotta ascritta al ricorrente, in concorso con gli altri imputati, in termini di rapina impropria non meriti censura alcuna.
8.4. Parimenti è a dirsi, infine, quanto alle valutazioni di merito rese nel giustificare il diniego delle attenuanti generiche, supportate da puntuali e pertinenti riferimenti
all’assenza di indici di resipiscenza mostrati dal ricorrente rispetto agli agiti illecit contestazione ma anche al giudizio negativo riferito alla personalità dell’imputato,
cristallizzato dal fatto a giudizio e daiì dènti 41:0PgtU122.
Motivazione che rende la relativa valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
9. Alla inammissibilità del ricorso seguono le pronunce di cui all’ad 616 cod. proc.
pen. definite come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, nonché la sentenza emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Savona il 21 ottobre 2020, nei confronti di NOME
e rinvia per il giudizio al Tribunale di Savona.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/04/2025.